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Masaniello,il pescivendolo di Napoli che sfidò il viceré spagnolo



Quattrocento anni fa nasceva a Napoli Tommaso Aniello,detto Masaniello,protagonista della più importante rivolta popolare del Meridione nel XVII secolo. Napoli era una delle più popolose città europee ( con 500.000 abitanti) e sede dei viceré spagnoli,che la dominavano dal 1503. Nel 1647 il viceré era il duca d'Arcos. In questa società fortemente polarizzata tra la ristretta classe nobiliare ( con 125 principi,128 duchi,185 marchesi e 62 conti) e la massa dei popolani,quasi tutti poverissimi,vide la luce il 29 giugno 1620 “Tommaso Aniello di Cecco d'Amalfi e Antonia Gargano”,come recita il registro dei battesimi. I due si erano sposati formalmente solo il 28 febbraio,quando evidentemente la donna era già incinta e al quinto mese. Di Masaniello,come venne chiamato,non sappiamo nulla,tranne che era un pescivendolo in Piazza Mercato a Napoli. Possiamo solo ipotizzare che si dedicasse al contrabbando. L'unica cosa sicura è che egli condivideva con centinaia di migliaia di altri napoletani condizioni di vita poverissime,appena sopra alla sopravvivenza.

Il ruolo della moglie

Nell'estate del 1647 la moglie di Masaniello,Bernardina,era stata arrestata per un piccolo fatto di contrabbando. La donna aveva acquistato della farina fuori città e cercato di portarla a casa in un sacchetto che voleva far passare per un neonato,tenendoselo stretto al seno,per non dover pagare le tasse all'ingresso della città. Il tentativo era stato scoperto senza difficoltà dai gabellieri,ossia i guardiani delle porte incaricati di riscuotere il pedaggio,che,come si esprime un autore del tempo : non rispettavano le donne neppure nelle parti del corpo soggette alla vergogna”,ossia approfittavano della loro posizione di potere per mettere loro le mani addosso. Bernardina fu arrestata e portata in prigione,dove rimase poco più di 1 settimana. Masaniello tentò inutilmente di intenerire il responsabile della gabella,Girolamo Letizia,che fu inflessibile nel pretendere la multa di 100 scudi (cioè l'equivalente di 5 anni di lavoro per un manovale dell'epoca). Masaniello dovette vendere tutti i mobili di casa e chiedere prestiti agli amici per raccogliere tutta la somma e liberare la moglie. La tradizione vuole che abbia giurato di vendicarsi : in effetti il 6 giugno dello stesso 1647 il casotto del nuovo dazio,una baracca in Piazza Mercato,venne distrutta da un incendio di cui più tardi lo stesso Masaniello si vantò. Ma non bastava. Fu incaricato dai frati del convento del Carmine di organizzare nel corso della festa della Madonna bruna (la cui ricorrenza cade il 16 luglio),l'attacco al castello”,una costruzione posticcia al centro della Piazza Mercato per rievocare i veri assalti dei pirati arabi. Così Masaniello aveva raccolto un buon numero di “scugnizzi” che dovevano interpretare gli arabi. Il Sabato,quello stesso 6 giugno,durante la processione,questi giovani aveva inscenato una gran cagnara insultando i nobili e chiedendo l'abolizione delle gabelle. Il giorno successivo,Domenica,gli ortolani della città e dei dintorni si rifiutarono di pagare l'odiato tributo. La rivolta era guidata dal cognato di Masaniello,Maso Carrese. Ne nacque una zuffa,nella quale Carrese rimase ucciso dal ricco mercante Andrea Naclerio.

Comincia l'insurrezione

Masaniello si mise alla testa dei suoi scugnizzi e li trascinò all'attacco del palazzo del viceré,al grido : Viva o re e Spagna,mora o malgoverno”. Era un'insurrezione popolare contro i poteri locali che si appellava al sovrano,senza mettere in discussione il sistema politico. Secondo il cardinale Filomarino,nella sua lettera al Papa,una folla tra le 50 e 60.000 persone si mise al seguito di Masaniello e raggiunse il palazzo,sede del potere spagnolo in città,espugnandolo facilmente. Il duca d'Arcos cedette immediatamente e,rifugiandosi nel Maschio Angioino,fece sapere tramite il cardinale che revocava le gabelle sulla frutta,causa scatenante della rivolta. Tutti i tentativi della guarnigione di fermare la rivolta fallirono : la popolazione intera si sollevò e nella notte tra Domenica 7 e Lunedì 8 vennero date alle fiamme le case dei nobili e dei mercanti più ricchi. Tra le abitazioni distrutte c'era anche quella di Girolamo Letizia,il responsabile dell'arresto della moglie di Masaniello. Subito dopo furono bruciati i registri delle imposte e infine liberati dalle prigioni tutti i carcerati per evasione o contrabbando.

Non finisce qui

La rivolta avrebbe potuto spegnersi qui : i popolani avevano raggiunto il loro obiettivo immediato (la revoca delle gabelle) e si erano presi le loro vendette. Ma a questo punto entrò in scena un fattore nuovo. Masaniello era in contatto (forse per averlo incontrato in prigione) con l'anziano giurista don Giulio Genoino (al tempo della rivolta già ottantenne),che da tempo cullava il sogno di un cambiamento radicale nella struttura sociale della società. Genoino aveva trovato lo strumento giusto: i privilegi concessi dall'imperatore Carlo V a Napoli,che prevedevano la stessa rappresentanza per la nobiltà e per il popolo,la facoltà per i popolani di difendersi anche a mano armata,la ripartizione del debito pubblico in parti uguali tra le due classi e il divieto di introdurre gabelle gravose senza il consenso del Papa. Perciò in questa circostanza Genoino spinse Masaniello ad appellarsi all'autorità del più grande imperatore spagnolo e pretendere che fossero applicati alla situazione presente. I nobili capirono subito che la richiesta era devastante per loro e risposero inviando copie false o documenti sbagliati,facendo conto sull'ignoranza della plebe. Ma questa volta dietro la massa dei poveracci c'era qualcuno che non solo sapeva leggere ma aveva anche una solida preparazione giuridica : Genoino. Alla fine i nobili cedettero. Durante queste schermaglie il duca di Maddaloni,Diomede Carafa,incaricato delle trattative,venne affrontato da Masaniello che afferrò le briglie del suo cavallo impedendogli di fuggire : il duca fu imprigionato e il pescivendolo a furor di popolo venne nominato Capitano Generale del Popolo di Napoli.  Tutto il potere nelle sue mani

Da quel momento Masaniello si trovò ad accentrare nelle sue mani tutti i poteri e per qualche giorno fu “Re in questa città”,come scrisse il cardinale Filomarino,impegnato in Piazza Mercato a emanare bandi e amministrare la giustizia in modo spiccio ma sotto gli occhi di tutti. Al suo fianco,Genoino appariva se non come la mente occulta del movimento,certamente colui che correggeva le spinte più estremiste. Ma quando il quadro politico stava cambiando rapidamente : i nobili erano stati sconfitti,ma il viceré non aveva nessuna intenzione di cedere. Si aprì così una delicata trattativa tra il duca d'Arcos e don Giulio Genoino,con la mediazione del cardinale Filomarino. Il frutto di questo lavoro arrivò il 13 luglio,quando il viceré giurò solennemente che non solo le gabelle venivano revocate in tutto il vicereame,ma il commercio dei generi alimentari era liberalizzato. Al popolo veniva riconosciuto il diritto di prendere le armi per difendere i propri diritti.

Masaniello dà segni di follia

Per Masaniello invece le cose si misero male. I nobili avevano tentato di ucciderlo il 10 luglio,ma i sicari lo avevano mancato,sparandogli nella Basilica del Carmine. La folla si era scatenata e,saputo il nome del mandante,il duca Carafa,si era vendicata sul fratello,Giuseppe Carafa,decapitandolo senza indugio. La testa era stata portata a Masaniello,che però cominciava a dar segni di follia. La leggenda vuole che fosse stato avvelenato con la reserpina,un potente allucinogeno,e che mentre lui ordinava sommarie condanne a morte per liberarsi dei nemici,tutti lo abbandonassero. Il viceré organizzò un secondo attentato il 16 luglio. Masaniello si rifugiò nella chiesa del Carmine,dove cercò di spogliarsi nudo chiedendo la remissione dei suoi peccati. I frati lo accompagnarono nel convento attiguo : grondava sudore in modo anomalo. Si chiuse in una loggia che dava sul mare,ma fu chiamato dal corridoio : ingenuamente Masaniello andò ad aprire e ricevette 4 archibugiate in pieno petto,ciascuna con 10 pallettoni. Tra i sicari c'era il fornaio Carlo Catania di Bracigliano,che gli tagliò la testa. Fu esposta in una gabbia alle mura delle Fosse del grano. Il corpo venne buttato in un fosso.

In più… Bernardina,la moglie,che aveva contribuito all'origine della rivolta,fu risparmiata perché era incinta. Ridotta alla povertà,per sopravvivere fu però costretta a prostituirsi. Morì di peste durante l'epidemia del 1656. La madre e la sorella invece fuggirono a Gaeta e qui furono uccise.





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