I vulcani tremano,brontolano,esplodono,si squarciano…. L'immaginazione popolare,impotente di fronte a un fenomeno che non è in grado di comprendere,chiama in causa forze trascendentali e poteri soprannaturali. Non a caso le leggende nate intorno ai vulcani hanno storie e protagonisti simili in tutto il mondo.
“Nello spazio di un giorno e di una terribile notte,l'isola di Atlantide si inabissò sul mare e scomparve”.
E' ormai evidente che la leggenda di Atlantide è nata in seguito a un'attività vulcanica straordinariamente distruttiva. Il filosofo greco Platone racconta in Crizia e nel Timeo l'improvvisa scomparsa di un intero continente e di tutti i suoi abitanti: gli atlanti. Progrediti e molto raffinati,gli atlanti amavano le opere d'arte,costruivano sontuosi palazzi,caldeggiavano (cioè sostenevano con molto calore) la giustizia sociale…. La loro civiltà marinara era potente e prospera quanto quella terrestre dei faraoni d'Egitto. Ma all'improvviso tutto precipitò… Le ricerche degli archeologi e geologi hanno via via dimostrato che,qualora Atlantide sia realmente esistita,avrebbe potuto essere collocata solo a Santorino,nel mar Egeo. Là infatti,verso il 1620 a. C.,accadde il cataclisma vulcanico più disastroso degli ultimi 3 millenni. Una formidabile serie di esplosioni vulcaniche,alcune violentissime,aprirono un enorme cratere al centro dell'isola. Un colossale maremoto,con un'onda d'urto alta 30 m,provocata dal violento impatto delle nubi ardenti con le acque del mare,inondò le coste di Creta e del Mediterraneo orientale. Santorino fu sommersa da 30 m di pietra pomici e in Turchia caddero decine di centimetri di cenere. La civiltà colpita da questa catastrofe era quella minoica,con Cnosso come capitale.
L'eruzione di Santorino ispira altre leggende
Nel diluvio di Deucalione,Poseidone,dio del Mare,per vendicarsi di Zeus inonda tutta la costa mediterranea dalla Licia alla Sicilia. Il racconto si ispira probabilmente al gigantesco maremoto provocato dall'eruzione di Santorino. In un altro racconto,quando gli Argonauti si apprestano all'ormeggio nella rada cretese,Talo,un gigante di bronzo,”lancia contro di loro grossi blocchi di pietra”; ma Medea riesce ad avere ragione del mostro “il cui sangue prende a colare come piombo fuso e che poi cade con tremendo fracasso”. Vittoriosi,gli Argonauti lasciano l'isola. In quel momento “un velo pauroso oscura il mare”. I blocchi rocciosi,il piombo fuso,il velo che oscura il mare non potrebbero essere le bombe vulcaniche,le colate di lava,i fenomeni sismici e le cadute di cenere di Santorino? Nel maggio 1967,l'archeologo greco Marinatos scopre a Thera (l'isola principale dell'arcipelago di Santorino),la città minoica di Akrotiri,sepolta sotto diversi metri di pomici depositatisi durante il violento cataclisma nel 1620 a. C. Vengono dissepolte strade,case decorate di affreschi,murali raffiguranti una baia,probabilmente una parte già distrutta e affondata nel mare della caldera di Santorino. Nel 197 a. C un piccolo vulcano è nato nel cuore sventrato dell'arcipelago: Kameni,la “terra bruciata”.
Le viscere dei vulcani sono le dimore degli dèi….
Per gli antichi greci,le attività dell'Etna sono opera di Efesto,il dio del Fuoco,che con potenti colpi di martello sull'incudine,forgia sotto la montagna le armi degli dèi. Per i romani questo stesso dio è Vulcano,che preferisce come dimora le viscere di Hiera (l'attuale isola di Vulcano nell'arcipelago delle Eolie). Proprio da Vulcano nascerà,alla fine del Medioevo,il nome delle montagna di fuoco che gli antichi “etna” o “hiera”. Efesto non è solo nella sua fucina sotterranea: lavora insieme ai Ciclopi,giganti il cui unico occhio richiama in senso allegorico la forma del cratere rosseggiante dell'Etna. Nelle fornaci etnee ogni volta che questi battono il ferro per forgiare lo scettro di Zeus,il fuoco scaturisce dal vulcano.
Nettunisti & Plutonisti
Il Settecento è un momento decisivo per la vulcanologia. Gli scienziati del secolo dei Lumi viaggiano per l'Europa,raccolgono campioni di lava,paragonano i vari vulcani e ne scoprono di nuovi. Le osservazioni,pur lente e talvolta contraddittorie,consentono alla scienza dei vulcani di affrancarsi dai pregiudizi degli antichi. Due teorie contrapposte dividono gli studiosi che si scontrano in una lotta aspra senza mezze misure.
“Un cannone di immense proporzioni,la cui apertura misura sovente più di mezza lega: questa vasta bocca da fuoco vomita torrenti di fumo e di fiamme,fiumi di bitume,di zolfo e di metallo fuso,nubi di cenere e pietre...Vi si trovano piriti che fermentano ogni volta che sono esposte all'aria o all'umidità...A questo si aggiunge l'azione del fuoco,che provoca un'esplosione proporzionale alla quantità di materia infiammata...Ecco la descrizione di un vulcano visto da un fisico”. Georges Louis Leclerc (1707-1788),conte di Buffon,scienziato e uomo d'affari riassume così l'immagine che,nel XVIII secolo,si ha di un vulcano.
Acqua & fuoco: per Buffon,una miscela esplosiva
Buffon aggiunge che “i fuochi sotterranei possono agire con violenza soltanto quando sono abbastanza vicini al mare,tanto da subire uno shock a contatto con un così grande volume d'acqua”. In questo modo spiega le lunghe fasi di quiete che separano le attività dell'Etna. Ai tempi di Omero il vulcano era relativamente calmo,perché il Mediterraneo si era ritirato dalle coste siciliane. Se a partire dal secolo di Pindaro dà segnali di risveglio di attività,è perché lo stretto di Gibilterra si è aperto,consentendo al mare di inondare il piede dell'Etna e di rifornirlo di acqua. Buffon propone di innalzare speciali sbarramenti per impedire il contatto tra il mare e i vulcani. Secondo la sua opinione,i focolai di attività vulcanica non hanno affatto la loro sede nelle profondità terrestri,in vicinanza al fuoco centrale; sono invece superficiali,molto prossimi alla sommità,così che i grandi venti possono continuare ad alimentarne la combustione. Cita l'esempio del vulcano di Ternate,nelle Molucche,il quale,”è più attivo e più furioso nel periodo degli equinozi...perché allora vi dominano certi venti che contribuiscono a far avvampare la materia espulsa da quel focolaio”. L'abate de la Caille (1713-1762) sostiene che all'isola di Bourbon ( La Riunione) il vulcano diventa più ardente nel periodo dei cicloni. I primi archivi che menzionano attività vulcaniche sul Piton de la Fournaise di La Riunione (in un tempo lontano chiamata Bourbon) le fanno risalire al 1644. Da allora si sono registrate oltre 170 eruzioni. Alcuni vulcanologi ritengono che i risvegli sono più frequenti durante le stagioni delle piogge.
Buffon,senza aver mai visto un vulcano,organizza la sua teoria basandosi sui resoconti altrui
Pierre Bouguer (1698-1758) e Charles Marie de la Condamine (1701-1774) assistono,durante la loro spedizione astronomica e geodetica in Perù,all'eruzione del Catopaxi,le cui colate di fango inghiottono 800 persone e 500 case. Il vulcano,riscaldandosi,ha fatto fondere e sciogliere il ghiaccio che lo ricopriva. I due studiosi lo classificano tra i “vulcani d'acqua”,in contrapposizione ai “vulcani di fuoco” come il Vesuvio. Per quest'ultimo Buffon confida molto negli ecclesiastici Giuseppe Maria Mecatti e Giovanni Maria Della Torre,cronisti di eruzioni e autori di notevoli trattati sul Vesuvio. Osservatore molto minuzioso,Della Torre descrive i diversi tipi di colata e suppone che il vulcano non possa avere focolai sottoterra poiché non c'è aria per alimentare la combustione: un'idea più rivoluzionaria. Sostiene anche che da dove l'aria è più impregnata di zolfo e di esalazioni roventi,gli uomini sono malvagi e viziosi… Quanto all'Etna,Buffon si ispira agli scritti romanzeschi del viaggiatore inglese Patrick Brydone,ma anche alle osservazioni del cronico Giuseppe Recupero,autore di un'interessante Storia dell'Etna. Le pietre scagliate dal primo impiegano 21 secondi per ricadere,afferma Recupero,quelle del secondo toccano il suolo dopo 9 secondi,constata Brydone. L'Etna è perciò molto più grande del Vesuvio e la sua aria più carica di elettricità: questo spiega,secondo Brydone,perché la vegetazione vi sia così abbondante e rigogliosa. L'abate Bertholon afferma invece che l'elettricità,formata da “piccolissime particelle di fuoco”,è la vera causa delle eruzioni vulcaniche. Per prevenirle perciò basterebbe piantare sul suolo grosse barre di ferro,una sorta di “paravulcani”,destinate a scaricare l'energia terrestre.
Il 10 maggio 1752,Jean -Etienne Guettard annuncia all'Accademia delle Scienze che le montagna dell'Alvernia sono “vulcani spenti”.
Tre anni prima,all'epoca della pubblicazione della prima opera sulla Terra di Buffon,si ignorava pressoché tutto dell'origine del Massiccio Centrale. Nel 1717 Guillame Rivière segnala la presenza,sulla cima di una montagna situata a 20 km a nord di Bèzier,di “una quantità di pezzi di pietra pomice che galleggiavano sull'acqua”. Circa 30 anni più tardi il chimico Gabriel Francois Venel annuncia di avere scoperto nella stessa regione,nei dintorni di Pèzenas,resti di strutture vulcaniche. Ma i vulcani della catena di Puys vengono ancora considerati soltanto come ammassi di scarti di miniera,o come giganteschi forni di fucine romane. E' Jean -Etienne Guettard (1715-1786),medico,botanico,mineralista e conservatore del Gabinetto di storia naturale del duca di Orlèans a stabilirne la vera origine. Nel 1746 Guettard traccia la prima carta geologica francese. Per completarla,nel 1751,intraprende un viaggio al centro della Francia in compagnia del botanico Malesherbes. Non ha mai visto un vulcano,ma ha già esaminato campioni di lava del Vesuvio e dell'isola di Bourbon nella collezione del duca d'Orlèans. A Moulins nota una pietra nera e porosa utilizzata negli edifici. Subito riconosce la lava. Gli abitanti gli segnalano che essa proviene da Volvic. Molto eccitati,i due scienziati si recano a Riom (quasi tutta la città è costruita con questo materiale) e alle cave di Volvic poco lontane. Le visitano,risalgono la “corrente di lava” e si inerpicano su una collina che domina il villaggio. Guettard nota che essa è costituita da materiali espulsi in occasione di eruzioni vulcaniche e che,alla sommità del cono,si trova una cavità a imbuto,un cratere. L'indomani,accompagnato da Jean Francois Ozy,uno speziale appassionato di storia naturale,intraprende l'ascensione del Puy -de-Dòme. Guettard scopre che si tratta di un vulcano: lo dimostrano i suoi strati inclinati e le sue “materie bruciate”. Dalla cima identifica i coni vulcanici che formano la catena del Puys.
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