Il peperoncino fa bene al cuore e al cervello
Ne esistono più di 3000 varietà,e costituisce la variante piccante del peperone. E alcune di queste varietà vengono coltivate solo a scopo ornamentale. Si usa dire che le spezie “scaldano il cuore”,perché con la loro sferzata di sapori e aromi confortano,tonificano e mettono di buon umore. Ma il peperoncino,re delle spezie mediterranee,il cuore,e anche il cervello,addirittura li protegge. Lo rivela una ricerca italiana pubblicata su Journal of the American College of Cardiology,secondo la quale le persone che consumano abitualmente peperoncino hanno un rischio di mortalità,per tutte le cause,ridotto del 23% rispetto a chi non lo consuma e una riduzione della mortalità per ictus o infarto di oltre il 60%. Lo studio è stato condotto dal dipartimento di epidemiologia e prevenzione dell'IRCCS Neuromed di Pozzilli (Isernia),in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità,l'Università dell'Insubria e il Cardiocentro Mediterranea di Napoli.
Una spezia poco studiata
“Il nostro gruppo di ricerca studia da molti anni gli effetti della dieta mediterranea sulla salute,analizzando gruppi di alimenti “standard” di questo regime alimentare per i quali sono disponibili molti dati di letteratura scientifica” ci racconta una delle autrici dello studio,Licia Iacoviello,direttrice del Centro di Ricerca in Epidemiologia & Medicina preventiva dell'Università dell'Insubria di Varese e del dipartimento di Epidemiologia & Prevenzione dell'IRCCS Neuromed di Pozzilli. E aggiunge : “Ma ci sono alcuni cibi che,pur essendo consumati dalle popolazioni che si alimentano con la dieta mediterranea,non sono convenzionalmente inclusi e studiati tra quelli di questa dieta e il nostro gruppo ha voluto aprire una linea di ricerca anche su tali alimenti,tra cui il peperoncino”.
Quel tesoro di “capsaicina”
L'attenzione degli scienziati per il peperoncino si concentra su una sostanza contenuta nella spezia,la capsaicina : “In studi sperimentali la capsaicina ha mostrato diversi effetti benefici per la salute”,spiega la Iacoviello. “Per esempio,agisce come un vasodilatatore e un antiinfiammatorio. Abbiamo quindi pensato di studiare questi effetti sulla popolazione,sfruttando la nostra ampia banca dati del Progetto Moli-sani : uno studio di popolazione che tra il 2005 e il 2010 aveva “arruolato”,selezionandone a caso dai registri comunali,un gruppo di circa 25.000 persone (dai 35 anni in su) residenti nella regione del Molise. Obbiettivo : valutare i fattori di rischio/protezione delle malattie cardiovascolari e dei tumori,in relazione al patrimonio genetico e agli stili di vita. Il Progetto Moli-sani ha prodotto una vasta banca di dati con informazioni sullo stato di salute/malattia,l'uso di farmaci,le abitudini alimentari,e una banca biologica contenente campioni di sangue,urine e DNA di tutti i partecipanti”.
Più spezie...e meno sale
Lo studio sul peperoncino ha dunque osservato,per 8 anni,lo stato di salute di 22.811 individui della coorte di popolazione del Progetto Moli-sani,mettendo in relazione l'evoluzione della loro salute con le loro abitudini di consumo di questa spezia. “Abbiamo potuto associare il consumo di peperoncino nella dieta quotidiana con la mortalità nel tempo : sia quella totale per tutte le cause sia quella per cause specifiche,come quelle cardiovascolari e tumorali”continua la scienziata. Altri studi epidemiologici condotti in Asia e in Nord America avevano già messo in evidenza il ruolo protettivo del peperoncino,ma quello di cui ci parla la scienziata è il primo studio condotto su una popolazione mediterranea. “L'effetto protettivo più importante che abbiamo rilevato è quello nei confronti dell'ictus cerebrale,con una riduzione della mortalità di oltre il 60%”. Per spiegarlo,c'è un'ipotesi legata al consumo di sale,significativo fattore di rischio per l'ictus :”Oltre al ruolo diretto della capsaicina,il possibile,meccanismo alla base dell'effetto protettivo,sappiamo che chi usa più spezie di solito consuma meno sale e quindi va meno incontro al rischio di ipertensione e di ictus cerebrale,che è correlato alla pressione sanguigna elevata”spiega ancora la scienziata.
A quali dosi va consumato?
Quanto peperoncino dovremmo mangiare,ogni giorno,per proteggere il nostro sistema cardiovascolare? “Più che di quantità è meglio parlare di frequenza”risponde la ricercatrice. “Abbiamo visto che il consumo regolare di peperoncino,almeno 4 volte alla settimana- in dosi comunque moderate perché la dieta mediterranea si caratterizza per la moderazione delle porzioni-permette di ottenere il massimo della protezione” conclude l'esperta.
Come possiamo consumarlo?
Essiccato L'essiccazione (al sole,con essiccatore o in forno) è il metodo più semplice e più antico per conservare il peperoncino,che poi può essere lasciato intero,ridotto in fiocchi o in polvere. Si conserva in barattoli di vetro ben chiusi,riposti in un luogo fresco e al riparo dalla luce.
In conserva Sott'olio,per cucinare o per insaporire salse al posto del prodotto fresco,o sottaceto usato sopratutto in piatti freddi o come contorno. Ci sono anche i peperoncini tondi ripieni di formaggio,di tonno,di olive,capperi o acciughe,o ripieni di tofu in versione vegana. Tutte le conserve,una volta aperte,vanno riposte in frigorifero e consumate entro breve tempo.
Nell'olio piccante L'olio di oliva al peperoncino si può preparare anche in casa macerando nell'olio,preferibilmente extravergine,i peperoncini secchi che in questo modo si conservano a lungo. Il suo consumo è molto diffuso in Italia.
Per spegnere il bruciore….non serve l'acqua
Se la piccantezza del peperoncino diventa un bruciore insopportabile per la nostra bocca,non serve a niente cercare di spegnerlo con l'acqua perché la sostanza che rende il peperoncino piccante,la capsaicina,non è solubile in acqua. Lo è,però,negli zuccheri e nei grassi. Meglio allora mangiare un po' di zucchero o un cucchiaio di miele,oppure un pezzetto di formaggio o bere un sorso di latte intero : i latticini,oltre ai grassi,contengono anche la caseina,una proteina che si lega alla capsaicina e la neutralizza. Consigliato anche il pane perché masticarlo esercita un'azione meccanica sul palato che rimuove i residui di capsaicina. Il bruciore scatenato dal peperoncino non è dovuto a un aumento di temperatura della bocca come spesso può sembrare,bensì alla stimolazione dei recettori nervosi del dolore : anche mettere in bocca del ghiaccio aiuta a lenirlo perché diseccita questi recettori.
Il lungo viaggio del peperoncino dal Sud America alla Calabria
Civiltà precolombiane Reperti archeologici in Messico e in Perù testimoniano che il peperoncino era diffuso già 9000 anni fa nelle civiltà precolombiane. Per gli Aztechi,i Maya e gli Inca era una pianta sacra,usata anche come moneta di scambio.
Colombo lo porta in Europa Il navigatore genovese assaggia la spezia nel 1493 a Hispaniola,la moderna Haiti,dove veniva chiamata axi.
Un nuovo nome E' il poeta satirico di Pistoia Niccolò Forteguerri,vissuto fra il 1674 e il 1735,a chiamarlo per la prima volta “peperone”,dal piemontese pevrum e dal ligure-lombardo-emiliano pevron. Il termine peperoncino comparirà più tardi come diminutivo di peperone.
Re della cucina povera Snobbato per alcuni secoli dagli aristocratici,il peperoncino si diffonde presso i ceti meno abbienti,sopratutto i contadini del Sud : dava sapore a cibi che non ne avevano e aiutava a conservare gli alimenti,come la carne,nei climi più caldi.
Spezia futurista L'alta società impara ad apprezzarlo con i Futuristi. L'8 marzo 1931 Filippo Tommaso Marinetti inaugura a Torino la Taverna Santopalato con un menù che comprende un antipasto fatto con peperoncini verdi al cui interno si nascondevano biglietti contenenti frasi di propaganda futurista.
Diffuso in tutto il mondo Oggi è una spezia apprezzata ovunque : cinesi e indiani ne sono i maggiori produttori e consumatori. In Europa ne consumano di più gli ungheresi. In Italia è molto usato nella cucina del Sud e sopratutto in Calabria.
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