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L'alchimia dei Cocktail


 

Un chimico e un barman spiegano qual'è il segreto del “drink perfetto”,conducendoci in un viaggio tra arte gastronomica,storia,scienza e tecnologia. Estate,tempo di cocktail. Spritz,Negroni,Daiquiri,Manhattan,Gin Tonic,Mai Tai,Pink Lady,Sex on the Beach. Qualcuno preferirà un drink tradizionale. Qualcuno vorrà concedersi qualcuno di più sofisticato,creato su misura da un barman d'eccellenza. Qualcuno vorrà cimentarsi da sé. Qual'è,allora,il segreto del cocktail perfetto? Quali ingredienti e processi sono in grado di trasformare un semplice miscuglio in una bevanda al top? “Pensate come uno scienziato e i vostri drink saranno di gran lunga migliori”,dice Dave Arnold,nel suo Libro Liquid Intelligence,la scienza del cocktail perfetto (Readrink),uno dei testi più completi sull'argomento. Ma creare un buon cocktail è anche un'arte,per cui abbiamo chiesto a un chimico esperto di cucina e a un barman tra i più quotati al mondo,di svelarci i segreti che si nascondono in un bicchiere. Alcol e Bollicine Per certi aspetti,un cocktail è come una ricetta di cucina. “Le ricette,però,prevedono una trasformazione degli ingredienti,attraverso reazioni chimiche che avvengono durante la preparazione”,spiega Dario Bressanini,Chimico all'Università dell'Insubria e autore di svariati libri sull'argomento. “Durante la cottura,le molecole si trasformano e si creano sapori e odori nuovi,che non c'erano prima. I cocktail sono invece miscele di componenti che,salvo eccezioni,non reagiscono; ma danno vita a sensazioni che si devono amalgamare nel nostro palato. Ci sono sempre una parte alcolica,una olfattiva,una di gusto,una termica e una tattile come l'effervescenza dell'anidride carbonica . Tutte queste componenti influiscono sulla nostra esperienza”. Vediamole a una a una,a cominciare dall'alcol. Estrarre l'aroma Oltre a regalarci un piacevole (se non si esagera) stato di ebrezza,l'alcol ha anche l'effetto di dare una sensazione di calore. “L'alcol è la stoffa di un cocktail”,commenta Dario Comini,fondatore del Cocktail-bar Nottingham di Milano,e autore di libri tra cui:”I cocktail di Nottingham Forest”. “Se il grado alcolico è basso,di solito si aumenta la dolcezza,per dare sostanza al drink”. L'alcol ha anche un altro effetto: “Aiuta ad estrarre le sostanze aromatiche volatili dagli altri ingredienti”,spiega Bressanini. “Per esempio,in un Mojito,l'alcol può aiutarci a percepire l'aroma di menta”. Bisogna distinguere,tra l'altro,tra profumo e aroma: “Il primo si percepisce solo con il naso,il secondo è retronasale e più persistente”,precisa Comini. L'aroma,in pratica,si trova a metà strada tra l'olfatto e il gusto,ed è essenziale in una degustazione. Estrarlo da fiori,frutta,erba e altro e d'importanza fondamentale per chi,come Comini,non realizza cocktail di massa,ma su misura,come abiti per un sarto. Nel suo bar,per ottenere questo scopo,ci sono macchine sofisticate-a base di vuoto o ultrasuoni- e ingredienti preziosi,come fiori dell'Amazzonia e spezie dell'Africa e dell'Asia. La complessità dell'amaro Gli zuccheri sono presenti in ogni drink. E sono i più facili e immediati da apprezzare,perché forniscono energia all'organismo e sono gratificanti per il cervello. I più importanti sono: saccarosio,glucosio e fruttosio. A bassa temperatura,di solito si percepiscono meno,così come il grado alcolico. Ma c'è un'eccezione,il fruttosio,che si percepisce molto bene anche a 0°C,e un buon barman deve tenerne conto. “Di solito,le persone che hanno meno esperienza con gli alcolici- sopratutto donne e giovani- preferiscono le bevande dolci”,nota Comini. “Ma,con l'esperienza,si impara ad apprezzare le altre componenti”. Come l'amaro,che è un gusto più complesso: “Per il dolce esiste solo un tipo di recettori in bocca,per l'amaro ce ne sono 3”,spiega Bressanini. Dal limone allo Champagne Per i bevitori più esperti,l'acidità è una componente ben più interessante della dolcezza. Ed è anche molto più complessa. “In realtà,più che all'acidità,le nostre pupille gustative sono sensibili all'asprezza”spiega Bressanini. “Infatti l'acidità si misura per mezzo del pH;ma ci sono alimenti che hanno lo stesso pH e che producono sensazioni diverse”. I barman possono procurarsi i vari tipi di acidi e mischiarli tra loro in modo creativo. L'acido citrico,che si trova nel limone,ha un gusto pulito e intenso,che svanisce rapidamente. L'acido malico delle mele sa di mela verde caramellata,ed è un po' più persistente. L'acido tartarico sa di uva aspra caramellata. L'acido lattico,che deriva dalla fermentazione,ha un gusto che ricorda quello dei crauti,del formaggio,del salame. Ed è presente anche nello Champagne. L'arte del ghiaccio perfetto Tutte queste percezioni,dalla dolcezza all'acidità,sono influenzate dalla temperatura. Dunque,anche l'equilibrio di un cocktail cambia molto al variare della temperatura. “Gran parte dei cocktail si servono a circa 0°”,dice Comini. Un buon raffreddamento,quindi,è indispensabile a tutte le preparazioni. E,per farlo,si possono usare molte tecniche. Le più sofisticate includono il ghiaccio secco ( cioè anidride carbonica CO2 solida,a -78,5°C) e l'azoto liquido ( a ben -196°C). Entrambe le sostanze hanno la capacità di raffreddare senza aggiungere acqua. “Oppure si possono usare bottiglie raffreddate a -18°C in freezer”,rivela Comini. Il metodo di raffreddamento di gran lunga più usato,però,è il ghiaccio,nelle sue varie forme: granita (come nel Frozen Margarita e nel Daiquiri),tritato (come nel Mojito),a cubetti (in quasi tutti gli altri casi) e perfino in blocchi più grandi,lunghi quanto il bicchiere (di moda per il Gin Tonic). In tutti i casi,la sua qualità può fare la differenza. Il ghiaccio in forma di cubetti,quello che abbiamo in casa,non è l'ideale. Se lo guardate,è di colore bianco: è il segno di minuscole bollicine di gas rimaste intrappolate durante il congelamento. E le bollicine possono disturbare per 2 motivi. Il primo è che,se usate uno shaker,c'è il rischio che i cubetti si frantumino,per poi sciogliersi più velocemente annacquando il drink. Il secondo è che il cloro e altri gas che potrebbero essere presenti alterino il sapore. Come fare,allora? Si può usare il ghiaccio adatto,trasparente,che si può comprare già pronto. Oppure lo si può produrre a partire da blocchi più grandi,fatti congelare in modo da non includere gas,per poi tagliarlo con coltello e martello. “La cosa più importante è tenerlo separato dagli alimenti”,suggerisce Comini,”perché il ghiaccio assorbe molto gli odori presenti nell'ambiente”. Da bere subito In alcuni casi,può essere utile andare sottozero. Come? Qui,fortunatamente,viene incontro la Fisica. Con una bevanda non alcolica,in effetti,con il solo ghiaccio non sarebbe possibile scendere sotto lo zero termico. Ma la presenza dell'alcol cambia le cose: obbliga il ghiaccio a fondere più rapidamente,e la fusione assorbe calore. Risultato: il liquido e il ghiaccio stesso si raffreddano. Per accelerare il processo,è utile agitare la bevanda con un cucchiaino. “E' lo stesso principio per cui si mette il sale sulle strade d'inverno”,spiega Bressanini: “l'aggiunta di sale e alcol fa abbassare il punto di fusione del ghiaccio,spostando l'equilibrio a temperature inferiori”. Quando si usa il ghiaccio per raffreddare un cocktail,bisogna tenere conto di un altro fattore importante: la diluizione,cioè la presenza di acqua che alleggerisce la miscela. Un po' di diluizione va bene,ma non bisogna esagerare. Per questo un cocktail andrebbe bevuto subito. L'alternativa è usare il ghiaccio per la preparazione e poi buttarlo,servendo solo il liquido… ma,purtroppo,così il cocktail si riscalda più rapidamente,e anche questo dovrebbe essere evitato. Come un buon brodo Ci sono poi tecniche più sofisticate,come quella di chiarificazione,che mirano ad ottenere una bevanda più limpida. “La chiarificazione si usa anche in cucina,per il brodo”,spiega Bressanini. “In genere si usano albume o altre sostanze per eliminare le particelle in sospensione e renderlo più trasparente”. Senza dubbio è una raffinatezza,ma...ne vale la pena? “Oggi va di moda,e molti barman stellati la usano,anche per differenziarsi”,spiega Comini. “Però è una tecnica complessa,che ha senso solo se chi beve è in grado di apprezzarla”. Acidità,dolcezza,diluizione,profumo,aroma,grado alcolico… Ora che conosciamo i parametri fondamentali di un cocktail,torniamo alla domanda di partenza. Qual'è il segreto del mix perfetto? “Non c'è una ricetta precisa o un algoritmo per determinarlo”,conclude Comini. “Però si può dire che tutti questi elementi devono essere presenti nella maniera più equilibrata possibile. Fermando restando che ognuno ha i propri gusti,e c'è anche chi preferisce un drink più sbilanciato (magari per enfatizzare un particolare ingrediente),è questo che contraddistingue davvero un buon cocktail”. Negroni Il Negroni nacque nel 1919-1920 e si chiama così in onore del conte Camillo Negroni,che era un cliente del Caffè Casoni in via dè Tornabuoni,a Firenze. Un giorno chiese al suo barman di fiducia,Fosco Scarselli,di servirgli un Americano rafforzato. L'Americano è un grande classico,fatto con Campari e vermouth. Scarselli aggiunse il gin,e il risultato piacque al conte e agli altri clienti,che presero a imitarlo. “Il Negroni è un cocktail che rappresenta l'italianità”,dice Dario Comini. “I suoi sapori sono quelli mediterranei: l'amaro,gli aromi contenuti nel vermouth,il ginepro con cui è fatto il gin. E' un ottimo bilanciamento tra dolce e amaro,con in più la forza del gin”. Si prepara con: 3 cl di Gin,3 cl di Campari,3 cl di Vermouth rosso. Guarnire con mezza fetta d'arancia. Margarita Il Margarita deve il suo successo alla moda,e alla sua capacità di compensare un difetto della tequila. “Nella lavorazione di questo liquore”,spiega Comini,”non si riesce ad eliminare un elemento,il solfuro di idrogeno,non molto desiderabile”. Però,se si aggiunge sale e limone,il risultato cambia: “Questi 2 ingredienti reagiscono e formano citrato di sodio,che neutralizza l'aroma sgradevole della tequila”,spiega Comini. Ma c'è dell'altro. “Il Frozen Margarita (cioè la versione in forma di granita) bevuto ai Tropici è un cocktail rinfrescante che,grazie al sale,permette di integrare i sali minerali. In Italia,inizialmente non ha avuto un grande successo. Poi la moda è cambiata,perché la tequila e i suoi cocktail sono diventati popolari”. Si prepara con: 3,5 cl di Tequila,2 cl di Cointreau,1,5 cl di Succo di Limone o Lime. Servire in un bicchiere bordato con sale. Mojito Il Mojito è un cocktail pestato,in cui l'alcol aiuta a estrarre gli aromi della menta. “Negli anni '80,da noi non era molto diffuso”,ricorda Comini. “Poi con l'apertura delle frontiere e con l'abbassamento dei costi dei viaggi,molti sono andati a Cuba e in altri Paesi dove era conosciuto,e hanno cominciato a richiederlo anche in Italia. Così,nei primi anni '90,c'è stato un boom di richieste. Prima,a Milano,andava di moda sopratutto la Caipirinha,che è simile ma viene dal Brasile”. Il Mojito che si beve in Italia,oltretutto,è molto diverso dall'originale. “In Italia lo si preferisce con poca acqua di Seltz,e il rum si sente di più. Il vero Mojito nasce invece con molta acqua,come cocktail dissetante”. Si prepara con: 4 cl di Rum bianco cubano,3 cl di Succo di lime fresco,6 Foglie di Menta,2 cucchiaini di zucchero bianco di canna,Acqua di Seltz. Gin Tonic E' un cocktail dalle origini antiche (l'acqua tonica contiene chinino,che nell'800 veniva somministrato in India contro la malaria,e veniva mischiato con altri ingredienti per renderlo più gradevole),ma da noi si è diffuso di recente attraverso una moda importata dalla Spagna. “Tecnicamente,il bicchiere più adatto per berlo è quello tradizionale alto,il tumbler,perché così le bolle di CO2 presenti nell'acqua tonica hanno il tempo di salire e di trasportare gli aromi contenuti nel distillato”,dice Comini. “Gli italiani di ritorno da una vacanza in Spagna,però,hanno portato con sé l'abitudine di berlo in larghi calici,con molto ghiaccio. E in tal modo gli aromi si disperdono”. Si prepara con: 3 cl di Gin,9 cl di Acqua Tonica,Una fetta di Lime. Spritz E' un cocktail fresco,leggero,con un retrogusto amarognolo,che piace molto sia alle donne sia agli uomini. Non è molto alcolico,quindi se ne può bere anche più di 1 bicchiere (ma è sempre meglio usare moderazione). “Lo Spritz è nato nell'800,sotto la dominazione austriaca”,racconta Comini. I soldati austriaci trovavano troppo forte il vino italiano,e avevano preso l'abitudine di allungarlo con uno “spritzen”(cioè “spruzzo”) di acqua gassata. Poi gli italiani sostituirono l'acqua gassata con l'acqua di Seltz (ancora più gassata) e,sopratutto,aggiunsero un aperitivo tipico del Veneto,il Select. “Infine,in Lombardia si è sviluppato lo Spritz fatto con il bitter Campari”,racconta Comini,”mentre nel resto d'Italia si usa più spesso l'Aperol”. Si prepara con: 6 cl di Prosecco,4 cl di Aperol,Acqua di Seltz,Guarnire con mezza fetta d'arancia. Dal laboratorio al bar: le tecniche più avanzate Superfreddo. Per raffreddare,in molti casi l'ideale è l'azoto liquido,che in pressione atmosferica ha una temperatura di -196°C. Essendo un liquido,questo elemento si può miscelare con una bevanda,e la raffredda senza annacquarla (ma deve farlo un esperto,perché può essere molto pericoloso). Rotavapor. Per estrarre l'aroma da un ingrediente,per esempio una spezia,si può usare un rotavapor. Questo strumento consente di effettuare una distillazione sottovuoto,con 2 vantaggi: il processo avviene in assenza di ossigeno e a temperatura più bassa,migliorando il risultato. Ultrasuoni. Ci sono anche apparecchi che usano gli ultrasuoni: simili a frullatori a immersione,che però terminano a punta,si inseriscono nel liquido in cui è presente l'ingrediente con l'aroma da estrarre,e in 30 secondi completano il lavoro. Come? Generano onde di pressione,che a loro volta producono piccole bolle di gas: queste entrano nel materiale immerso e implodono (un processo detto “cavitazione”),estraendo l'aroma. Sì però...non esagerate eh,mi raccomando,se sentite che siete un po' brilli non guidate,fatevi accompagnare o prendete un Taxi.

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