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Analisi del Vaiolo

Veronica Goretti

Veronica Goretti & Mauro Goretti

 Anche se siamo ormai nel terso Millennio, e, alcune malattie contagiose e mortali per l'uomo sembrano essere debellate, è doveroso

scrivere ancora su quel famoso virus che in passato ha fatto milioni di morti in tutto il mondo: il Vaiolo, come ho scritto sembra essere
stato debellato nel mondo occidentale, ma purtroppo è ancora vivo nei paesi in fase di sviluppo, con questo articolo vedremo la sua
storia.

Il virus del vaiolo (in latino scientifico: Variola virus, in inglese: Smallpox virus) era l'agente responsabile del vaiolo umano, ormai scomparso in natura; era una specie di virus a DNA della famiglia dei Poxviridae, sottofamiglia Chordopoxvirinae, genere Orthopoxvirus.

Morfologia.


Il virus misurava 260 per 150 nanometri e conteneva una molecola di DNA a doppio filamento in grado di codificare potenzialmente circa 200 proteine differenti: il suo genoma virale era uno dei più grandi, e ciò rende difficile crearne una copia sintetica in laboratorio.
Possedeva due membrane virali: quella esterna, di struttura tubolare, presente solo nel virus all'esterno della cellula, proveniva dalla cellula stessa, mentre quella interna era propria del virus e veniva classificata "a simmetria complessa". Il capside aveva una forma a manubrio, con ai lati degli ammassi di proteine, detti "corpi laterali", di cui si ignora la funzione. All'interno del capside c'era il DNA virale, composto da circa 186000 paia di basi e una decina circa di enzimi coinvolti nella trascrizione del DNA.

Biologia.



Caratteristica unica dei Poxviridae è quella di riprodursi nel citoplasma delle cellule infettate. La replicazione del DNA e la sua trascrizione avvengono grazie agli stessi enzimi virali. Alla fine della replicazione del DNA e della formazione delle sue proteine, il virus del vaiolo si autoassemblava e passava nell'apparato di Golgi dove acquisiva la membrana virale; quindi usciva all'esterno della cellula infettata. Il virus sintetizzava anche altre proteine che erano in grado di sopprimere il sistema immunitario dell'ospite. La morte della cellula avveniva per riduzione della trascrizione delle normali proteine cellulari, in quanto il meccanismo deputato alla loro sintesi veniva modificato dal virus per produrre le proprie[4][5]. La moltiplicazione virale continuava finché la cellula ospite non veniva lisata rilasciando nuove particelle di virus infettante pronte ad entrare nelle cellule circostanti.

Immunologia.


Le relazioni antigeniche tra gli Orthopoxvirus (a cui apparteneva il virus del vaiolo, e a cui appartengono il virus Vaccinia e quello del vaiolo bovino) si determinano per mezzo di estratti di cellule infette dal Variola virus. Nel virus del vaiolo potevano essere identificati una ventina di antigeni in grado di fornire linee di precipitazione con sieri antivirali. Gli Orthopoxvirus sono molto simili antigenicamente e con la reazione di precipitazione evidenzia che differiscono l'uno dall'altro in genere per non più di un antigene. Gli estratti di cellule infette dal virus responsabile dei casi di Variola minor erano indistinguibili da quelli estratte da cellule infettate con Variola maior sia dal punto di vista immunologico che da quello sierologico. Nel nucleo del Variola virus, come di tutti gli altri Poxviridae, c'era inoltre un antigene in comune (antigene Nucleo-Proteico, NP). Oltre agli antigeni strutturali descritti poco sopra, nei soggetti affetti da vaiolo venivano prodotti emoagglutinine e antigeni solubili.

Vaccinazione.

Tentativi di prevenzione del Variola maior con l'inoculazione di materiale proveniente da lesioni di ammalati di Variola minor in persone suscettibili (variolizzazione) sorsero in modo indipendente in diverse regioni dell'Asia e dell'Africa e furono diffuse nell'Europa occidentale nel XVII secolo. La pratica della variolizzazione presentava tuttavia numerosi e gravi inconvenienti e fu soppiantata alla fine del XVIII secolo dalla vaccinazione, consistente nell'inoculazione di materiale proveniente da lesioni del vaiolo bovino, il cui virus era in grado di determinare immunità anche per il vaiolo umano. Attorno al 1950 fu sviluppata una tecnica per produrre un vaccino liofilizzato stabile al calore, conservabile pertanto a lungo termine senza refrigerazione; tale vaccino era basato su Vaccinia virus, un Orthopoxvirus di origine sconosciuta.

Eridicazione del vaiolo.


Negli anni cinquanta le epidemie di vaiolo erano ormai scomparse dalla maggior parte dei paesi e nel 1958 l'Assemblea Mondiale della Sanità avviò un programma per l'eradicazione globale da attuarsi nei successivi 10 anni mediante una copertura vaccinale dell'80% in tutti i paesi. L'obiettivo veniva ritenuto possibile per diversi fattori peculiari del vaiolo: la facilità della diagnosi della patologia clinica, la mancanza di infezioni subcliniche, l'assenza di trasmissione durante i prodromi e la mancanza di un serbatoio animale. La tecnica della vaccinazione era inoltre migliorata anche per l'ideazione dell'ago biforcato, che semplificava l'iniezione e permetteva la riduzione del volume di vaccino necessario. L'obiettivo si rivelò tuttavia difficile da raggiungere in molti paesi sottosviluppati per cui ancora nel 1966 il vaiolo era endemico in 33 paesi in via di sviluppo. Si attuò pertanto, in questi paesi, la cosiddetta strategia "aggressive case-finding" consistente nell'intervenire solo in caso di vaiolo vaccinando tutti coloro che erano stati a contatto con l'ammalato. L'ultimo caso di vaiolo grave (Variola maior) fu identificato nel Bangladesh alla fine del 1975; l'ultimo caso di alastrim si verificò in Somalia nel 1977. Infine, nel 1980 l'Assemblea Mondiale della Sanità dichiarò che il vaiolo era stato eradicato dalla Terra. L'OMS ha dichiarato che il costo dell'eradicazione è stato di soli 112 milioni di dollari.
Nel 1976 l'Organizzazione Mondiale della Sanità chiese ai laboratori in possesso di ceppi di virus vaioloso che lo distruggessero o consegnassero le loro scorte a uno dei seguenti due centri: il Centers for Disease Control negli Stati Uniti o il Laboratorio di Ricerche Virologiche e Biotecnologiche in Unione Sovietica. La maggior parte dei laboratori hanno rispettato la decisione, ma si teme che qualche ceppo del pericoloso virus sia ancora disponibile e possa essere utilizzato come arma biologica.

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