Modelli microbici : la genetica virale e batterica
In questa panoramica verrà presa in esame la genetica dei virus e dei batteri. Si ricordi che i batteri sono procarioti,organismi caratterizzati da cellule organizzate molto più semplicemente rispetto alle cellule eucariotiche,come quelle vegetali e animali. I virus sono ancora più piccoli e semplici,perché sono privi delle strutture e della maggior parte del macchinario metabolico presente nelle cellule. Gran parte dei virus sono infatti poco più di un aggregato di acidi nucleici e proteine- cioè geni rivestiti da un involucro proteico. Inizieremo con questi organismi,i più semplici tra tutti i sistemi genetici.
La genetica dei virus
La parola virus deriva dall'antico latino che significa : veleno. I microbiologi furono in grado di osservare indirettamente i virus molto prima di riuscire a vederli realmente. La storia della scoperta dei virus comincia nel 1883 con Adolf Mayer,uno scienziato tedesco che stava cercando la causa della malattia chiamata mosaico del tabacco. Questa malattia arresta la crescita delle piante di tabacco e dà alle loro foglie una colorazione a chiazze,ovvero a mosaico. Mayer scoprì che la malattia era contagiosa quando si rese conto che poteva essere trasmessa da una pianta all'altra spruzzando su piante sane la linfa estratta da foglie malate. Cominciò quindi a cercare un qualche microrganismo della linfa infetta ma non ne trovò alcuno. Mayer concluse che la malattia era causata da un batterio insolitamente piccolo che non poteva essere osservato al microscopio. Questa ipotesi venne sottoposta a verifica un decennio più tardi dal russo Dimitri Ivanowsky,il quale fece passare la linfa ottenuta dalle foglie di tabacco infette attraverso un filtro in grado di catturarne i batteri : anche dopo la filtrazione la linfa poteva ancora causare la malattia del tabacco. Ivanowsky rimase fedele all'ipotesi che fossero i batteri a causare la malattia del mosaico del tabacco. Egli ipotizzò che,forse,i batteri patogeni erano così piccoli da poter passare attraverso il filtro o che invece questi producessero una tossina filtrabile,direttamente responsabile della malattia. Quest'ultima possibilità fu esclusa quando il botanico olandese Martinus Beijerinck scoprì che l'agente infettivo contenuto nella linfa infetta poteva riprodursi. Beijerinck spruzzò piante sane con la linfa filtrata,una volta che queste ebbero sviluppato la malattia del mosaico,usò la loro linfa per infettare altre piante,ripetendo questo processo attraverso una serie di infezioni. L'agente patogeno doveva essersi riprodotto,dato che la sua capacità di provocare la malattia non veniva diluita dopo diversi trasferimenti da pianta a pianta. In realtà l'agente patogeno era in grado di riprodursi solamente all'interno dell'ospite infettato. Diversamente dai batteri,il misterioso agente della malattia del mosaico non poteva essere coltivato su terreni di coltura in provetta o su piastre Petri e,oltre a ciò,non veniva inattivato dall'alcol,che è generalmente letale per i batteri. Beijerinck immaginò una particella in grado di riprodursi,assai più semplice dei batteri. I suoi sospetti furono confermati nel 1935 quando lo scienziato americano Wendell Stanley cristallizzò la particella infettiva,oggi nota come virus del mosaico del tabacco (TMV). In seguito,il TMV e altri virus sono stati realmente osservati con l'aiuto del microscopio elettronico.
Un virus è un genoma racchiuso in un involucro protettivo
I virus più piccoli hanno un diametro di soli 20 mn- inferiore a quello di un ribosoma. Milioni di essi potrebbero comodamente stare su di una capocchia di spillo. Perfino il virus più grande può essere a malapena risolto con l'ausilio di un microscopio ottico. La scoperta di Stanley,che i virus potevano essere cristallizzati,rappresentò una novità eccitante e sorprendente,perché neanche le più semplici tra le cellule possono aggregarsi in un cristallo regolare. Ma se i virus non sono cellule,allora che cosa sono? Sono particelle infettive costituite da acidi nucleici racchiusi in un involucro proteico con la presenza,in alcuni casi,di un rivestimento membranoso. Esaminiamo adesso la struttura dei virus più dettagliatamente ; daremo poi uno sguardo alla replicazione virale.
I genomi virali
Siamo abituati a pensare che i geni siano costituiti da DNA a doppio filamento- la doppia elica convenzionale – ma i virus spesso si sottraggono a questa convenzione. I loro genomi possono consistere di DNA a doppio o a singolo filamento,come pure di RNA a doppio o a singolo filamento,a seconda del tipo specifico di virus. Un virus viene chiamato virus a DNA o virus a RNA,in base al tipo di acido nucleico che costituisce il suo genoma. In entrambi i casi, il genoma è di solito organizzato in una singola molecola lineare o circolare di acido nucleico. I virus più piccoli hanno soltanto quattro geni,mentre i più grandi ne hanno diverse centinaia.
I capsidi e gli involucri
Il guscio proteico che racchiude il genoma virale è chiamato capside. A seconda del tipo di virus,il capside può avere forma a bastoncello (più precisamente,ad elica),poliedrica o più complessa. I capsidi sono costituiti da un gran numero di subunità proteiche chiamate capsomeri ma normalmente il numero di specie proteiche diverse è piccolo. Il virus del mosaico del tabacco,ad esempio, possiede un capside rigido,a bastoncello,costituito da più di un migliaio di molecole di un solo tipo di proteina. Gli adenovirus,che infettano le vie respiratorie degli animali,possiedono 252 molecole proteiche identiche disposte a formare un capside poliedrico con 20 facce triangolari- cioè un icosaedro. Alcuni virus possiedono strutture accessorie che li aiutano ad infettare i loro ospiti. I virus dell'influenza e molti altri virus trovati negli animali possiedono involucri virali,membrane che mascherano i loro capsidi. Questi involucri derivano dalla membrana della cellula ospite,ma oltre ai fosfolipidi e alle proteine originarie dell'ospite,essi contengono alcune proteine e glicoproteine di origine virale ( le glicoproteine sono proteine con carboidrati legati covalentemente ). Alcuni virus presentano all'interno dei loro capsididelle molecole enzimatiche di origine virale. I capsidi più complessi si trovano fra i virus che infettano i batteri. I virus batterici sono detti batteriofagi,o semplicemente fagi. Tra i primi fagi che sono stati studiati ve ne sono 7 che infettano il batterio Escherichia coli. Questi 7 fagi furono chiamati tipo 1 (T1), tipo 2 (T2),e così via,nell'ordine della loro scoperta. Per una coincidenza,i 3 fagi T-pari,T2,T4 e T6,risultarono avere una struttura molto simile. I loro capsidi presentano una testa icosaedrica (a 20 facce) allungata che racchiude il loro DNA. Legata alla testa è presente un'appendice proteica provvista di fibre che i fagi utilizzano per attaccarsi al batterio.
I virus possono riprodursi soltanto all'interno di una cellula ospite : uno sguardo panoramico
I virus sono parassiti intracellulari obbligati che possono riprodursi solamente all'interno di una cellula ospite. Un virus isolato non è in grado di replicarsi, ne di fare qualsiasi altra cosa,se non infettare una cellula ospite appropriata. I virus sono privi di enzimi per il metabolismo e non hanno i ribosomi né altri mezzi per la riproduzione delle proprie proteine. I virus isolati non sono quindi nient'altro che un insieme di geni che passano da una cellula ospite all'altra. Ogni tipo di virus può infettare e parassitare una gamma limitata di cellule ospiti (host range). Questa specificità di ospite dipende dall'evoluzione dei sistemi di riconoscimento da parte del virus. I virus identificano le loro cellule ospite tramite un meccanismo di adattamento tipo “chiave-serratura” tra le proteine sul rivestimento del virus e specifiche molecole recettrici presenti sulla superficie della cellula. (I recettori si sono inizialmente evoluti perché presumibilmente svolgevano funzioni utili per l'organismo). Alcuni virus possono infettare una vasta gamma di ospiti di varie specie. Il virus dell'influenza suina,ad esempio,può infettare sia il maiale sia l'uomo ; il virus della rabbia può infettare parecchie specie di mammiferi tra cui il procione,la moffetta,il cane e l'uomo. In altri casi la gamma degli ospiti è talmente ristretta che i virus possono infettare una sola specie. Ad esempio esistono alcuni fagi che possono parassitare esclusivamente sull'Escherichia coli. I virus degli eucarioti sono generalmente tessuto specifici. I virus del raffreddore umano infettano soltanto le cellule che rivestono le alte vie respiratorie e non attaccano gli altri tessuti ; il virus dell'AIDS si lega a specifici recettori di alcuni tipi di globuli bianchi del sangue. Un'infezione virale inizia quando il genoma di un virus penetra all'interno di una cellula ospite. Il meccanismo con il quale l'acido nucleico entra nella cellula varia a seconda del tipo di virus. Ad esempio,i fagi T-pari utilizzano il loro elaborato apparato della coda per iniettare il DNA nel batterio. Una volta all'interno,il genoma virale può prendere il controllo del suo ospite e riprogrammare la cellula per copiare i geni virali e per riprodurre le proteine del virus. La maggior parte dei virus a DNA utilizza la DNA polimerasi della cellula ospite per sintetizzare nuovi genomi sugli stampi forniti dal DNA virale. Al contrario,i virus a RNA contengono generalmente enzimi propri,capaci di utilizzare l'RNA come stampo,per iniziare la replicazione dei loro genomi all'interno dell'ospite. (Le cellule non possiedono enzimi nativi per svolgere questo processo). Descriveremo in maggior dettaglio la replicazione dei virus a DNA e a RNA più avanti. Indipendentemente dal tipo di genoma virale,il parassita dirotta le risorse del suo ospite per la produzione dei virus. L'ospite fornisce i nucleotidi per la sintesi dell'acido nucleico e utilizza i propri enzimi,i ribosomi,tRNA,amminoacidi,ATP e altri componenti per produrre le proteine virali codificate da geni virali. Una volta avvenuta la riproduzione delle molecole dell'acido nucleico virale e dei capsomeri il loro assemblaggio in nuovi virus è spesso un processo spontaneo di auto assemblaggio. L'RNA e i capsomeri del TMV,infatti,possono essere separati in laboratorio e riassemblati per formare dei virus completi semplicemente mescolando di nuovo insieme i componenti. Il tipo più semplice di ciclo riproduttivo virale si completa quando centinaia o migliaia di virus si liberano dalla cellula ospite infettata : in questo processo la cellula è spesso distrutta. Alcuni dei sintomi delle infezioni virali umane,come il raffreddore e l'influenza,sono infatti il risultato del danno e della morte cellulare e della risposta dell'organismo a questa distruzione. La progenie virale che si origina dalla cellula ha il potenziale di infettare altre cellule diffondendo così l'infezione virale. Esistono molte varianti del ciclo riproduttivo virale semplificato che abbiamo tracciato in questa panoramica. Ne vedremo alcuni esempi quando approfondiremo la conoscenza di alcuni virus batterici ( i fagi),dei virus delle piante e dei virus animali.
I fagi si riproducono mediante un ciclo litico o un ciclo lisogeno
Tra tutti i virus,i fagi sono quelli conosciuti in maggior dettaglio,sebbene alcuni di essi siano tra i più complessi. La ricerca sui fagi condusse alla scoperta che i virus provvisti di DNA a doppio filamento possono riprodursi mediante 2 meccanismi alternativi : il ciclo litico e il ciclo lisogeno.
Il ciclo litico
Il ciclo riproduttivo di un fago che culmina con la morte della cellula ospite è conosciuto come ciclo litico. Il termine si riferisce all'ultimo stadio dell'infezione,durante il quale il batterio va incontro a lisi (si rompe,aprendosi), rilasciando i fagi che erano stati prodotti al suo interno. Ciascuno di questi fagi può quindi infettare una cellula sana e,attraverso pochi cicli litici successivi, determinare la distruzione di un'intera colonia batterica nel giro di qualche ora. I fagi che si riproducono soltanto attraverso il ciclo litico sono detti fagi virulenti. Dopo aver studiato la descrizione del ciclo litico ci si potrebbe chiedere : come mai i fagi non hanno già sterminato tutti i batteri? I batteri non sono,in realtà,privi di difese : la selezione naturale favorisce batteri mutanti con siti recettoriali che non sono più riconosciuti da un particolare tipo di fago. E quando il DNA fagico penetra con successo in un batterio,vari enzimi cellulari possono degradarlo. Gli enzimi noti come endonucleasi di restrizione, ad esempio,riconoscono e tagliano il DNA estraneo alla cellula,compreso il DNA di certi fagi. Il DNA proprio della cellula batterica è modificato chimicamente in modo da prevenire l'attacco degli enzimi di restrizione. Tuttavia, proprio come favorisce i batteri che possiedono enzimi di restrizione efficaci,la selezione naturale favorisce anche quei fagi mutanti che sono resistenti a questi enzimi. I rapporti che esistono tra ospite e parassita sono, quindi,in costante evoluzione. C'è ancora un'importante ragione per la quale i batteri sono stati risparmiati dall'estinzione dovuta all'attività dei fagi. Molti di questi,infatti,possono controllare le proprie tendenze distruttive e,invece di lisare le cellule ospite,coesistere con esse in quello che viene chiamato ciclo lisogeno.
Il ciclo lisogeno
Contrariamente al ciclo litico,che uccide la cellula ospite,il ciclo lisogeno porta alla replicazione del genoma virale non accompagnata dalla distruzione dell'ospite. I fagi capaci di riprodursi con entrambe le modalità all'interno di un batterio sono detti fagi temperati. Per confrontare questi cicli virali alternativi, prenderemo in esame il fago temperato chiamato lambda,indicato con la lettera greca λ. Questo fago assomiglia al T4,ma la sua coda possiede una sola breve fibra. L'infezione di una cellula di Escherichia coli da parte di questo fago inizia quando il fago stesso si lega alla superficie della cellula e vi inietta il suo DNA. All'interno dell'ospite,la molecola di DNA di questo fago diviene circolare. Quello che avviene in seguito dipende dalla modalità riproduttiva : il ciclo litico o lisogeno. Durante il ciclo litico,i geni virali trasformano immediatamente la cellula in una fabbrica che produce “il fago y” e la cellula va rapidamente incontro a lisi,rilasciando i suoi prodotti virali. Il genoma virale si comporta in modo diverso durante il ciclo lisogeno. La molecola di DNA di y viene incorporata per ricombinazione genetica (crossing over) in un sito specifico del cromosoma della cellula ospite e prende il nome di profago. Un gene del profago codifica una proteina che reprime la maggior parte degli altri geni del profago. (Questa è la proteina repressore che Nancy Hopkins studiò quando era una studentessa). Il genoma del fago all'interno del batterio è quindi prevalentemente silente. Come si riproduce allora il fago? Ogni volta che la cellula di Escherichia coli si prepara alla divisione,replica, assieme al proprio DNA,anche il DNA del fago e ne trasmette le copie alle cellule figlie. Una singola cellula infettata può rapidamente dare origine ad una vasta popolazione batterica che porta il virus sotto forma di profago. Questo meccanismo consente ai virus di propagarsi senza eliminare le cellule ospiti dalle quali dipendono. Il termine lisogeno implica la capacità dei profagi di produrre fagi attivi che possono lisare la propria cellula ospite. Questo succede occasionalmente quando il genoma y esce dal cromosoma batterico. Una volta libero nella cellula,il genoma y inizia un ciclo litico. E' generalmente un segnale ambientale,come le radiazioni o la presenza di sostanze chimiche,che indirizza il virus dal ciclo lisogeno verso quello litico. Durante il ciclo lisogeno,oltre al gene della proteina repressore possono essere espressi alcuni altri geni del profago,e questi possono alterare il fenotipo del batterio ospite. Questo può avere importanti conseguenze in campo medico ; ad esempio,i batteri che causano alcune malattie dell'uomo come la difterite,il botulismo e la scarlattina sarebbero innocui se non per la presenza di alcuni geni profagici che inducono nel batterio la produzione di tossine.
I virus animali differiscono tra loro per le modalità di infezione e di replicazione
Tutti hanno sofferto di un'infezione virale : la varicella,l'influenza e il comune raffreddore. Come tutti i virus,anche i virus che causano malattie nell'uomo e negli altri animali possono riprodursi ( o replicarsi) soltanto all'interno delle cellule ospiti.
I cicli riproduttivi dei virus animali
Tra i virus animali sono presenti molte varianti allo schema fondamentale dell'infezione e della riproduzione virale. Una variabile chiave è rappresentata dal tipo di acido nucleico che funge da materiale genetico del virus . Un'altra variabile è la presenza o l'assenza dell'involucro membranoso. Invece di prendere in considerazione tutti i meccanismi di infezione virale,rivolgeremo il nostro studio ai ruoli svolti nei virus dagli involucri virali e dal genoma a RNA.
Involucri virali.
Alcuni virus animali possiedono una membrana esterna,o involucro virale,che facilita la penetrazione del parassita all'interno della cellula ospite . Questa membrana è costituita generalmente da un doppio strato lipidico,come le membrane cellulari,in cui le glicoproteine protrudono sulla superficie esterna. Le appendici glicoproteiche si legano a specifiche molecole recettrici poste sulla superficie della cellula. L'involucro virale si fonde quindi con la membrana citoplasmatica dell'ospite,determinando il passaggio del capside e del genoma virale all'interno della cellula. Dopo la rimozione del capside da parte degli enzimi cellulari,il genoma virale può replicarsi e dirigere la sintesi delle proteine del virus,comprese le proteine per il nuovo involucro virale. Queste glicoproteine di membrana sono prodotte dal reticolo endoplasmatico della cellula ospite e,nella maggior parte dei casi,trasportate sulla membrana citoplasmatica,dove sono raggruppate in zone che vengono utilizzate come siti di uscita per la progenie virale. Con un meccanismo molto simile all'esocitosi,i nuovi virus gemmano dalla superficie cellulare a livello di questi siti,venendo avvolti dalla membrana al momento della fuoriuscita. In altre parole,l'involucro virale deriva dalla membrana della cellula ospite,sebbene alcune molecole di questa membrana siano specificate dai geni virali. I virus avvolti dall'involucro sono adesso liberi di diffondere l'infezione ad altre cellule. Questo ciclo riproduttivo,al contrario del ciclo litico dei fagi,non uccide necessariamente la cellula ospite. Alcuni virus possiedono involucri che non derivano dalla membrana citoplasmatica. Gli herpesvirus,per esempio,possiedono involucri che derivano dalla membrana nucleare dell'ospite. Gli herpesvirus hanno genomi a doppia elica di DNA e si riproducono nel nucleo cellulare utilizzando una combinazione di enzimi virali e cellulari per replicare e trascrivere il proprio DNA. All'interno del nucleo,il DNA degli herpesvirus può integrarsi nel genoma cellulare come provirus,in modo simile ai profagi batterici. Una volta acquistate,le infezioni dell'herpes (compresi l'herpes orale genitale ) tendono a ripresentarsi episodicamente durante la vita di una persona. Nell'intervallo tra questi episodi,il virus resta apparentemente latente all'interno dei nuclei cellulari dell'ospite. Lo stress fisico o emotivo può,di volta in volta,comportare il distacco del provirus di herpes dal genoma dell'ospite e attivare la produzione virale,con la conseguente formazione delle vescicole caratteristiche delle infezioni attive.
L'RNA come materiale genetico dei virus
Sebbene alcuni fagi e molti virus delle piante siano virus a RNA,la maggior parte dei genomi a RNA si trova tra i virus che infettano gli animali. I virus a RNA vengono classificati a seconda del tipo di filamento di RNA che possiedono e dalle modalità di azione di questo all'interno della cellula ospite. Si noti che esistono 3 tipi di genomi a singolo filamento di RNA (le classi IV-VI),sono i Picornavirus : Poliovirus ; rhinovirus (virus del raffreddore comune; virus enterici,cioè intestinali) ; nella classe VI troviamo i Retrovirus :
(virus tumorali a RNA come la leucemia,o l'HIV,virus dell'AIDS). Il genoma dei virus della classe IV può agire direttamente come mRNA ed essere quindi tradotto in una proteina virale subito dopo l'infezione. Il genoma di RNA viene trascritto in un filamento complementare di RNA,che può essere a sua volta utilizzato sia come mRNA sia come stampo per la sintesi di ulteriori copie di RNA genomico. Come tutti i virus che hanno bisogno di sintetizzare mRNA seguendo un meccanismo di copia RNA,questi impiegano un enzima virale che è racchiuso all'interno del capside assieme al genoma. I virus a RNA con il ciclo riproduttivo più complesso sono i retrovirus. Retro,che significa in senso inverso,si riferisce alla direzione opposta nella quale fluisce l'informazione genetica in questi virus. I retrovirus possiedono un enzima caratteristico, chiamato trascrittasi inversa,che può trascrivere DNA da uno stampo di RNA,determinando così un flusso dell'informazione dall'RNA al DNA. Il DNA di nuova formazione si integra quindi come un provirus in un cromosoma nel nucleo di una cellula animale. L'RNA polimerasi dell'ospite trascrive il DNA virale in molecole di RNA che possono svolgere la funzione sia di mRNA per la sintesi delle proteine virali,sia di nuovi genomi per nuove particelle virali rilasciate dalla cellula. Un retrovirus di particolare importanza è l'HIV ( virus dell'immunodeficienza umana,human immunodeficiency virus),il virus che causa l'AIDS (sindrome dell'immunodeficienza acquisita,acquired immunodeficiency sindrome).
Le cause delle malattie virali negli animali e la loro prevenzione
Il legame che intercorre tra l'infezione virale e i sintomi che essa produce è spesso oscuro. Alcuni virus possono danneggiare o uccidere le cellule, provocando il rilascio di enzimi idrolitici dai lisosomi ; alcuni inducono le cellule infettate a produrre tossine responsabili dei sintomi della malattia ; altri ancora possiedono componenti tossici propri,come le proteine dell'involucro. L'entità del danno che un virus può causare dipende in parte dalla capacità del tessuto infettato di rigenerarsi attraverso la divisione cellulare. In genere,ci riprendiamo completamente da un raffreddore in quanto l'epitelio delle vie respiratorie che è stato infettato dal virus può ripararsi efficacemente. Il poliovirus invece attacca le cellule nervose che non si dividono e che quindi non possono essere sostituite : i danni che il poliovirus causa a queste cellule sono dunque,sfortunatamente,permanenti. Molti dei sintomi temporanei associati all'infezione virale,come febbre,dolore e infiammazione,sono in realtà la conseguenza dei tentativi fatti dall'organismo stesso per difendersi dall'infezione. Come si vedrà,il sistema immunitario è una componente complessa e di importanza cruciale dei meccanismi di difesa dell'organismo. Il sistema immunitario è anche la base su cui si è sviluppata l'arma più potente per combattere le infezioni virali- il vaccino. I vaccini sono varianti innocue di microrganismi patogeni o derivati di questi,che stimolano il sistema immunitario a produrre le difese contro il vero agente patogeno. Il termine “vaccino” deriva da vacca,cioè mucca ; il primo vaccino,contro il vaiolo,era costituito,infatti,dal virus del vaiolo bovino. Alla fine del '700,Edward Jenner, un medico inglese,si rese conto che in un allevamento di campagna le mungitrici che avevano contratto il vaiolo bovino (una malattia non grave che generalmente colpisce le mucche) erano resistenti a successive infezioni di vaiolo umano. Nel suo famoso esperimento del 1796,Jenner graffiò un ragazzo dell'allevamento con un ago bagnato con il fluido estratto da una ferita di una mungitrice affetta da vaiolo bovino. Quando il ragazzo venne successivamente a contatto con il vaiolo umano,resistette alla malattia. I virus del vaiolo bovino e umano sono così simili che il sistema immunitario non può distinguerli. La vaccinazione con il virus del vaiolo bovino prepara il sistema immunitario a reagire vigorosamente quando si verifica un'esposizione al virus del vaiolo umano. Il vaiolo,che un tempo era un flagello devastante in molte parti del mondo,è stato completamente estirpato grazie alla vaccinazione. Sono stati sviluppati vaccini efficaci anche contro molte altre malattie virali,tra cui la poliomielite,la rosolia,il morbillo,la parotite e l'epatite B. Sebbene i vaccini possono prevenire certe malattie virali,la tecnologia medica può fare poco, attualmente,per curare la maggior parte delle infezioni virali una volta che queste si sono instaurate. Gli antibiotici che ci aiutano a guarire dalle infezioni batteriche sono privi di efficacia contro i virus. Gli antibiotici uccidono i batteri inibendo i loro enzimi o interferendo con i loro specifici processi metabolici, ma i virus hanno pochi enzimi propri,spesso nessuno. Sono stati comunque messi a punto alcuni farmaci antivirali che agiscono prevalentemente interferendo con la sintesi dell'acido nucleico virale. Uno di questi è l'AZT, che inibisce la riproduzione dell'HIV andando a interferire con l'azione della trascrittasi inversa. Un altro è l'aciclovir,che inibisce la sintesi del DNA degli herpesvirus.
I virus emergenti
L'HIV,il virus dell'AIDS,sembra aver fatto la sua comparsa all'inizio degli anni '80. Nel 1993,alcune dozzine di persone sono morte nel sudovest degli Stati Uniti per un'infezione di hantavirus,quella che i media descrissero inizialmente come una “nuova” malattia. Il mortale virus Ebola minaccia periodicamente i popoli dell'Africa centrale sin dalla sua comparsa nel 1976. Il virus Ebola è solo uno dei diversi virus scoperti recentemente che causano la febbre emorragica, una sindrome spesso letale,caratterizzata da febbre,vomito,copiosi sanguinamenti e collasso del sistema circolatorio. Altri nuovi e pericolosi virus causano encefaliti,cioè infiammazioni del cervello ; ne è un esempio il virus Nipah che nel 1999 ha ucciso 105 persone in Malesia,distruggendo anche l'industria suina locale. E ogni anni i nuovi ceppi di virus influenzale sono responsabili di milioni di assenze dal lavoro o dalla scuola,e possono persino provocare la morte. Da dove e come si originano questi “virus emergenti” ? Tre processi contribuiscono alla comparsa delle malattie virali. Le mutazioni dei virus già esistenti sono,innanzitutto,una fonte primaria di nuove malattie virali. I virus a RNA tendono a mutare ad una velocità particolarmente elevata perché la replicazione del loro acido nucleico non coinvolge i passaggi di correzione tipici della replicazione del DNA. Alcune mutazioni permettono ai virus esistenti di evolversi in nuove varietà genetiche,che possono causare l'insorgenza della malattia in soggetti che erano immuni al virus originario. Le nuove epidemie di influenza sono provocate da virus che sono geneticamente così diversi dai virus precedenti,che la gente non ha difese immunitarie contro di essi. Un'altra fonte di nuove malattie virali è la diffusione dei virus esistenti da una specie all'altra. Gli scienziati stimano che circa ¾ delle nuove malattie dell'uomo si siano originate da altri animali. L'hantavirus,ad esempio,è comune nei roditori,sopratutto nei topi. La popolazione murina nel sudovest degli Stati Uniti ebbe un drastico incremento nel 1993,poiché un clima insolitamente umido aveva determinato un aumento delle fonti alimentari dei roditori. Gli esseri umani acquisivano l'hantavirus quando inalavano polveri contenti tracce di urina e feci di topi infetti. Infine,la disseminazione di una malattia virale che si origina da una popolazione ristretta e isolata può condurre a epidemie particolarmente diffuse. L'AIDS,per esempio,è rimasto misconosciuto per decenni fino a quando non ha cominciato a diffondersi nel mondo. In questo caso,i fattori tecnologici e sociali,tra cui la facilità con cui si compiono viaggi intercontinentali,la tecnologia delle trasfusioni di sangue,la promiscuità sessuale e l'abuso di droghe iniettabili,hanno permesso ad una rara malattia dell'uomo di diventare un flagello mondiale. I virus emergenti quindi generalmente non sono nuovi,ma sono in realtà virus già esistenti che hanno espanso il loro territorio d'azione attraverso l'evoluzione,la diffusione a nuove specie ospiti o una più ampia disseminazione nella normale specie ospite. I cambiamenti ambientali possono aumentare il movimento dei virus che sta alla base delle malattie emergenti. Ad esempio,nuove strade che attraversano regioni remote possono permettere ai virus di diffondersi nell'ambito di popolazioni che erano precedentemente isolate. Un altro problema è rappresentato dalla distruzione delle foreste,al fine di espandere le aree coltivabili,un'alterazione ambientale che porta gli esseri umani a contatto con altri animali che possono ospitare virus in grado di infettare l'uomo.
I virus e il cancro
Dal 1911,quando Peyton Rous scoprì un virus che causava il cancro nei polli, gli scienziati si sono resi conto che i virus possono provocare il cancro negli animali. Sappiamo che questi virus tumorali comprendono alcuni retrovirus, papovavirus,adenovirus e herpesvirus. Ci sono valide prove a supporto del fatto che i virus siano la causa di certe forme di cancro nell'uomo. Il virus che causa l'epatite B sembra anche essere responsabile dell'insorgere del cancro del fegato in soggetti affetti da epatite croniche. Il virus di Epstein-Barr, l'herpesvirus che causa la mononucleosi,è stato collegato a diversi tipi di cancro particolarmente diffusi in alcune regioni dell'Africa,in particolare al linfoma di Burkitt. I virus del papilloma (appartenenti al gruppo dei papovavirus ) sono stati associati al cancro del collo dell'utero. Un retrovirus chiamato HTLV-1 causa un tipo di leucemia negli adulti. Tutti i virus tumorali trasformano le cellule normali in cellule cancerose attraverso l'integrazione dell'acido nucleico virale nel DNA della cellula ospite. Gli scienziati hanno identificato un certo numero di geni virali direttamente coinvolti nell'induzione delle caratteristiche tumorali delle cellule. Molti di questi geni,chiamati oncogeni,non sono esclusivi dei virus o delle cellule tumorali ; particolari versioni di questi geni,chiamate proto-oncogeni,sono state trovate anche nelle cellule normali. I proto-oncogeni codificano generalmente proteine coinvolte nel ciclo cellulare, fra cui fattori di crescita e proteine coinvolte nell'attività dei fattori di crescita (per esempio i recettori dei fattori di crescita). In alcuni casi,il virus tumorale non possiede oncogeni e trasforma la cellula semplicemente attivando o aumentando l'espressione di uno o più proto-oncogeni cellulari. Qualunque sia il meccanismo mediante il quale un particolare virus provoca il cancro,ci sono prove del fatto che deve avvenire più di un cambiamento nel genoma cellulare per trasformare una cellula in uno stato pienamente canceroso. E' probabile che la maggior parte dei virus tumorali causi il cancro solo in combinazione con altri eventi mutageni,tra cui l'esposizione a mutageni o la presenza di errori nella replicazione o nella riparazione del DNA.
I virus delle piante rappresentano seri problemi per l'agricoltura
I virus delle piante possono bloccare la crescita della pianta e diminuire perciò la resa dei raccolti. La maggior parte dei virus delle piante scoperti fino a oggi sono virus a RNA. Molti di essi,tra i quali il virus del mosaico del tabacco hanno capsidi a forma di bastoncello con le proteine disposte a spirale. Ci sono due vie principali attraverso le quali una malattia virale si può diffondere tra le piante. La prima è la trasmissione orizzontale,nella quale una pianta viene infettata da una fonte esterna del virus. Poiché il virus deve attraversare lo strato cellulare protettivo esterno (l'epidermide ),la pianta diventa più suscettibile alle infezioni virali se è stata danneggiata dal vento,dal congelamento,da azioni meccaniche o da insetti. Gli insetti rappresentano una duplice minaccia, perché spesso agiscono anche da portatori dei virus,trasmettendo la malattia da pianta a pianta. Agricoltori e giardinieri possono trasmettere inavvertitamente i virus delle piante tramite le cesoie per la potatura ed altri attrezzi. L'altra via dell'infezione virale è la trasmissione verticale,nella quale una pianta eredita un'infezione virale dal genitore. La trasmissione verticale può avvenire nella propagazione asessuata (ad esempio per margotta) o nella riproduzione sessuata attraverso semi infetti. Una volta che il virus è entrato in una cellula vegetale ed ha cominciato a riprodursi,le particelle virali possono diffondersi in tutta la pianta passando attraverso i plasmodesmi,le connessioni citoplasmatiche che penetrano attraverso le pareti situate tra cellule vegetali adiacenti. Gli agronomi non hanno ancora trovato terapie per la cura della maggior parte delle malattie virali delle piante,quindi i loro sforzi si sono maggiormente concentrati sulla riduzione dell'incidenza e della trasmissione di tali malattie e sulla selezione di varietà genetiche di piante da raccolto in grado di resistere a certi virus.
Viroidi e prioni sono agenti infettivi perfino più semplici dei virus
Per quanto i virus siano piccoli e semplici,esiste un'altra classe di patogeni ancora più piccoli,i viroidi . Questi sono minuscole molecole di RNA circolare “nudo” che infettano le piante. Lunghi solo qualche centinaio di nucleotidi,i viroidi non codificano proteine ma possono replicarsi nelle cellule vegetali ospiti,utilizzando gli enzimi della cellula. In qualche modo queste molecole di RNA possono sconvolgere il metabolismo di una cellula vegetale e rallentare la crescita dell'intera pianta. Una malattia da viroide ha ucciso più di 10 milioni di palme da cocco nelle Filippine. I viroidi sembrano determinare errori nei sistemi di regolazione che controllano la crescita della pianta,e i sintomi che sono tipicamente associati alle malattie da viroidi sono lo sviluppo anormale e la crescita rallentata. Un'importante lezione ricavata dallo studio dei viroidi è che una semplice molecola può essere un agente infettivo responsabile della diffusione di una malattia. I viroidi in realtà sono acidi nucleici,la cui capacità di replicazione è ben nota. Più difficile da spiegare è il caso di proteine infettive chiamate prioni. I prioni sembrano causare diverse malattie degenerative cerebrali,tra cui lo scrapie delle pecore,il “morbo della mucca pazza” che ha flagellato l'industria bovina europea negli ultimi anni e la malattia di Creutzfeldt- Jakob nell'uomo. Come può una proteina,non in grado di replicarsi,essere un patogeno trasmissibile? Secondo l'ipotesi più accreditata,un prione è una forma impropriamente strutturata (misfolded) di una proteina normalmente presente nelle cellule cerebrali. Quando il prione entra in una cellula che contiene la forma normale della proteina,questo converte la proteina normale nella versione prionica. In questo modi,i prioni possono ripetutamente indurre una reazione a catena che porta all'aumento del loro numero. Lo scienziato americano Stanley Prusiner ha sostenuto per lungo tempo l'ipotesi del prione e,nel 1997,è stato premiato con il Nobel per la sua ricerca nel campo. Oggigiorno molteplici prove supportano il ruolo patogeno dei prioni nelle malattie animali.
I virus potrebbero essersi evoluti da altri elementi genetici mobili
I virus si collocano al limite tra vita e non vita. Dobbiamo pensare a questi come alle molecole più complesse presenti in natura o come alle più semplici forme di vita? In entrambi i casi,dobbiamo adattare in qualche modo le nostre usuali definizioni. Un virus isolato è biologicamente inerte,incapace di replicare i propri geni o di produrre ATP. Eppure esso possiede un programma genetico scritto nel linguaggio universale della vita. Sebbene i virus siano parassiti intracellulari obbligati che non possono riprodursi autonomamente,è difficile negare la loro connessione evolutiva col mondo vivente. Come si sono originati i virus? Poiché per la loro propagazione i virus dipendono dalle cellule,è ragionevole assumere che essi non siano i discendenti dei prototipi precellulari della vita,ma che si siano evoluti dopo la comparsa delle prime cellule. La maggior parte dei biologi molecolari sostiene l'ipotesi secondo la quale i virus si sarebbero originati da frammenti di acidi nucleici cellulari che potevano spostarsi da una cellula all'altra. Coerente con quest'idea,è l'osservazione che il genoma virale è più simile al genoma della cellula ospite che ai genomi di virus che infettano altri ospiti. In effetti,alcuni geni virali sono sostanzialmente identici ai geni dell'ospite,come ad esempio nel caso degli oncogeni. Forse i primi virus erano dei pezzettini di acido nucleico “nudo”, simili ai viroidi vegetali,che passavano da una cellula all'altra attraverso la superficie danneggiata delle cellule. L'evoluzione di geni codificanti le proteine del capside,può aver facilitato l'infezione di cellule sane. I candidati più probabili come possibile fonte di genomi virali sono due tipi di elementi genetici cellulari,i plasmidi e i trasposoni. I plasmidi sono piccole molecole di DNA circolare distinte dai cromosomi che si trovano nei batteri e anche nei lieviti,organismi eucariotici unicellulari. I plasmidi,come la maggior parte dei virus,possono replicarsi in modo indipendente dal resto del genoma cellulare e vengono occasionalmente trasferiti da cellula a cellula. I trasposoni sono segmenti di DNA che si muovono da un sito all'altro nel genoma di una cellula. Plasmidi,trasposoni e virus condividono quindi un'importante caratteristica : sono elementi genetici mobili . E' la relazione evolutiva tra i virus e i genomi delle loro cellule ospite,che rende i virus dei modelli così utili in biologia molecolare. Studiando il controllo della replicazione virale,i ricercatori hanno acquisito una maggiore conoscenza dei meccanismi che regolano la replicazione del DNA e l'espressione genica nelle cellule (la trascrizione e la traduzione ). I batteri,per motivi diversi,sono modelli microbici altrettanto validi nella ricerca genetica. A differenza dei virus,i batteri sono cellule vere ma, in quanto procarioti,offrono ai ricercatori l'opportunità di studiare la genetica molecolare su organismi più semplici.
Il Dizionario :
Reticolo endoplasmatico : è un sistema di endomembrane tipico delle cellule eucariote. Questi compartimenti di membrana assumono varie forme,tra cui : a cisterna,a sacchi appiattiti,tubuli e vescicole,sono molto mobili e dinamici modificando la loro forma ed estensione durante le fasi del ciclo cellulare.
Citoplasma : è la porzione della cellula delimitata dalla membrana plasmatica e comprendente tutti i costituenti protoplasmatici (organuli cellulari, matrice citoplasmatica e citoscheletro) tranne il nucleo. All'interno sono disciolte molecole di metaboliti più piccoli : le macromolecole.
Cellule eucariote : sono dotate di nucleo cellulare all'interno del quale è presente il DNA.
Cellule procariote : sono prive di nucleo,e hanno il DNA libero nel citoplasma.
Mitocondri : sono organelli cellulari presenti negli organismi eucarioti. Al loro interno avviene la respirazione cellulare in grado di produrre grandi quantità di energia sotto forma di molecole di Adenosina Trifosfato (ATP).
Il Covid al tempo del Rinascimento: Raffaello ucciso da una polmonite acuta e dai salassi
Febbre alta e difficoltà respiratoria prolungate nel tempo, 15 giorni tondi tondi, una polmonite acuta a tutti gli effetti. E come estrema cura, ultimo tentativo, il salasso, pratica medioevale che ha indebolito ancora di più il paziente fino a farlo morire. Certo, intubarlo non si poteva. Correva infatti l’anno 1520, giorno 6 aprile, venerdì santo, e a spirare era il Divin pittore, ovvero Raffaello Sanzio. Niente malaria, dunque, né tifo, né sifilide - anche se nel suo libro “Le vite” il Vasari annota che la morte è causata secondo il biografo da “eccessi amorosi” - ma appunto una polmonite aggravata da un errore medico: potrebbe sembrare un episodio di cronaca legato a Covid-19, e invece è l’ultima ricostruzione della misteriosa morte di Raffaello, elaborata a 500 anni di distanza dagli esperti dell’Università di Milano-Bicocca.
LE TESTIMONIANZE
La loro analisi, basata su testimonianze dirette e indirette dell’epoca, è pubblicata su Internal and Emergency Medicine, la rivista della Società italiana di medicina interna (Simi). Per cercare una soluzione al giallo della morte di Raffaello, i ricercatori hanno confrontato le informazioni contenute ne’ “Le vite” appunto del Vasari con testimonianze di personaggi storici coevi del pittore e presenti a Roma in quel periodo, come quella di Alfonso Paolucci, ambasciatore del duca di Ferrara Alfonso I d’Este o alcuni documenti riscoperti nell’Ottocento dallo storico dell’arte Giuseppe Campori. «Il decorso della malattia unito ad altri sintomi indurrebbe a pensare a una forma di polmonite», spiega Michele Augusto Riva, ricercatore di Storia della medicina dell’Università di Milano-Bicocca. «Non possiamo affermarlo con sicurezza né possiamo ipotizzare se sia stata di origine batterica o virale come l’attuale Covid-19, ma tra le varie cause è quella che più corrisponde a quanto ci viene raccontato: un decorso acuto ma non immediato, la mancanza di perdita di coscienza, assenza di sintomi gastroenterici e febbre continua».
Ecco come si spiega l’aver escluso gli altri morbi. La sifilide è una malattia dal decorso molto lungo «mentre i testimoni ci raccontano di una malattia sviluppatasi all’improvviso, che porta alla febbre e alla morte sopraggiunta dopo 8-10 giorni. Per quanto la sifilide fosse molto diffusa nel ‘500, i sintomi descritti sullo stato di salute di Raffaello non vanno in quella direzione» continua il professore. Esclusi anche malaria e tifo. «La malaria ha come sintomi febbri intermittenti - osserva il ricercatore di Milano-Bicocca - mentre quella di Raffaello fu continua. Inoltre, in quegli anni non vengono segnalate epidemie di tifo, malattia che, soprattutto per le condizioni igienico-sanitarie di quei tempi, aveva un alto tasso di contagiosità». Non solo. «La sua malattia stata di natura infettiva - prosegue la sua diagnosi medico-storica Michele Riva - ha causato la comparsa di una febbre, ma non stata invalidante: Raffaello riesce a fare testamento, a individuare gli eredi, dare gli ultimi ordini, vigile e cosciente».
LA PRATICA
A peggiorare però il quadro clinico ci sarebbe stato anche un errore medico: la pratica del salasso. «Secondo la teoria degli umori, derivata dalla tradizione medica ippocratica-galenica e allora in voga, si pensava che un eccesso di sangue potesse causare la febbre. Uno dei possibili rimedi era il salasso, ovvero sottrarre alla persona malata una certa quantità di sangue per riequilibrare gli umori. Cosa assolutamente sconsigliata in caso di febbre polmonare. Inoltre Vasari ci dice che il pittore nascose ai medici di essere uscito spesso nelle notti precedenti per scorribande amorose. Non conoscendo la condotta del paziente e non potendo inquadrare meglio l’origine della febbre - ipotizza Riva - i medici avrebbero sbagliato a insistere con il salasso».
Storia
Alcune, come la peste, sono state responsabili della morte di milioni di persone.
Malattie infettive che colpiscono una determinata popolazione in un dato momento: sono le epidemie. Le patologie sono causate da un agente patogeno (virus, batteri, miceti, protozoi, elminti e muffe) che colpisce il sistema immunitario, che serve a proteggerci proprio dagli attacchi delle malattie. Tanto più l'epidemia riesce a diffondersi oltre i confini di un'area geografica limitata, maggiori ne sono le pericolosità e la difficoltà di gestione. In questi casi si parla di pandemia (epidemia più estesa). Il primo caso noto agli studiosi è quello riportato dallo storico Tucidide circa una malattia diffusasi nella città di Atene, nel 430 avanti Cristo. Anche lui colpito e poi guarito, narra di una febbre tifoide (o tifo addominale) che ha provocato la morte di un terzo della popolazione. Tra i casi tristemente famosi è da ricordare come i più devastanti della storia, si annovera il morbo di Giustiano. Nel 541 si è diffuso nel Mediterraneo a partire dall'Etiopia e dall'Egitto,forse a causa della peste che a quel tempo ha colpito il grano e altri generi alimentari. Le stime di questa immane catastrofe, molto discusse, parlano di oltre 100 milioni di morti nell'anno in cui la peste si è diffusa. Al secondo posto, per numero di vittime, c'è la tristemente leggendaria peste nera, ribattezzata morte nera o grande morte, che ha colpito l'Europa continentale e causato il decesso di un terzo della popolazione, cioè 75 milioni di persone tra il 1347 e il 1353. Terza in classifica è l'influenza spagnola. Tra il 1918 e il 1920, durante la Prima guerra mondiale, ha ucciso oltre 50 milioni di persone nel mondo. Per numero di soggetti colpiti dall'influenza, è la più grave infezione mai registrata nella storia. La guerra di trincea, con i soldati bloccati nelle fosse e le pessime condizioni igieniche, hanno favorito il diffondersi della pandemia, al punto che l'influenza spagnola ha causato più vittime della guerra stessa.
Emergenza Ebola
Una epidemia che ha di recente colpito il mondo è quella del virus Ebola, scoppiata nel 2014 in alcune nazioni africane: Guinea, Sierra Leone e Liberia. Si tratta della più giovane epidemia scoperta dall'Oms (Organizzazione mondiale della sanità). Il primo ceppo del virus è scoppiato in Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) nel 1976. I sintomi sono febbre emorragica, diarrea, vomito, dolori muscolari. Può arrivare a provocare la morte in sole 72 ore e si manifesta tra il secondo e il ventunesimo giorno dopo l'infezione. La mortalità è del 90 per cento.
Malattia del sistema immunitario.
Da quando è stata scoperta, nel 1981, l'Aids, la sindrome di immunodeficienza causata dal virus Hiv, ha mietuto almeno 40 milioni di vittime. La malattia si è diffusa prima in Africa. All'inizio, il tasso di mortalità era del cento per cento. Oggi, i farmaci a disposizione hanno fatto scendere il dato a meno del dieci per cento. In Italia si registra una mortalità del 5,7 per cento. I test attualmente disponibili sono in grado di stabilire la cosiddetta sieropositività di un soggetto al virus Hiv. Si parla di Aids quando il paziente sieropositivo contrae una malattia grave, come la tubercolosi, mentre il proprio sistema immunitario non è più in grado di difendersi.
Perciò…? Di quanto è antica la polmonite? Di 501 anni (oltre 5 secoli)! delle molecole enzimatiche di origine virale. I capsidi più complessi si trovano fra i virus che infettano i batteri. I virus batterici sono detti batteriofagi,o semplicemente fagi. Tra i primi fagi che sono stati studiati ve ne sono 7 che infettano il batterio Escherichia coli. Questi 7 fagi furono chiamati tipo 1 (T1), tipo 2 (T2),e così via,nell'ordine della loro scoperta. Per una coincidenza,i 3 fagi T-pari,T2,T4 e T6,risultarono avere una struttura molto simile. I loro capsidi presentano una testa icosaedrica (a 20 facce) allungata che racchiude il loro DNA. Legata alla testa è presente un'appendice proteica provvista di fibre che i fagi utilizzano per attaccarsi al batterio.
I virus possono riprodursi soltanto all'interno di una cellula ospite : uno sguardo panoramico
I virus sono parassiti intracellulari obbligati che possono riprodursi solamente all'interno di una cellula ospite. Un virus isolato non è in grado di replicarsi, ne di fare qualsiasi altra cosa,se non infettare una cellula ospite appropriata. I virus sono privi di enzimi per il metabolismo e non hanno i ribosomi né altri mezzi per la riproduzione delle proprie proteine. I virus isolati non sono quindi nient'altro che un insieme di geni che passano da una cellula ospite all'altra. Ogni tipo di virus può infettare e parassitare una gamma limitata di cellule ospiti (host range). Questa specificità di ospite dipende dall'evoluzione dei sistemi di riconoscimento da parte del virus. I virus identificano le loro cellule ospite tramite un meccanismo di adattamento tipo “chiave-serratura” tra le proteine sul rivestimento del virus e specifiche molecole recettrici presenti sulla superficie della cellula. (I recettori si sono inizialmente evoluti perché presumibilmente svolgevano funzioni utili per l'organismo). Alcuni virus possono infettare una vasta gamma di ospiti di varie specie. Il virus dell'influenza suina,ad esempio,può infettare sia il maiale sia l'uomo ; il virus della rabbia può infettare parecchie specie di mammiferi tra cui il procione,la moffetta,il cane e l'uomo. In altri casi la gamma degli ospiti è talmente ristretta che i virus possono infettare una sola specie. Ad esempio esistono alcuni fagi che possono parassitare esclusivamente sull'Escherichia coli. I virus degli eucarioti sono generalmente tessuto specifici. I virus del raffreddore umano infettano soltanto le cellule che rivestono le alte vie respiratorie e non attaccano gli altri tessuti ; il virus dell'AIDS si lega a specifici recettori di alcuni tipi di globuli bianchi del sangue. Un'infezione virale inizia quando il genoma di un virus penetra all'interno di una cellula ospite. Il meccanismo con il quale l'acido nucleico entra nella cellula varia a seconda del tipo di virus. Ad esempio,i fagi T-pari utilizzano il loro elaborato apparato della coda per iniettare il DNA nel batterio. Una volta all'interno,il genoma virale può prendere il controllo del suo ospite e riprogrammare la cellula per copiare i geni virali e per riprodurre le proteine del virus. La maggior parte dei virus a DNA utilizza la DNA polimerasi della cellula ospite per sintetizzare nuovi genomi sugli stampi forniti dal DNA virale. Al contrario,i virus a RNA contengono generalmente enzimi propri,capaci di utilizzare l'RNA come stampo,per iniziare la replicazione dei loro genomi all'interno dell'ospite. (Le cellule non possiedono enzimi nativi per svolgere questo processo). Descriveremo in maggior dettaglio la replicazione dei virus a DNA e a RNA più avanti. Indipendentemente dal tipo di genoma virale,il parassita dirotta le risorse del suo ospite per la produzione dei virus. L'ospite fornisce i nucleotidi per la sintesi dell'acido nucleico e utilizza i propri enzimi,i ribosomi,tRNA,amminoacidi,ATP e altri componenti per produrre le proteine virali codificate da geni virali. Una volta avvenuta la riproduzione delle molecole dell'acido nucleico virale e dei capsomeri il loro assemblaggio in nuovi virus è spesso un processo spontaneo di auto assemblaggio. L'RNA e i capsomeri del TMV,infatti,possono essere separati in laboratorio e riassemblati per formare dei virus completi semplicemente mescolando di nuovo insieme i componenti. Il tipo più semplice di ciclo riproduttivo virale si completa quando centinaia o migliaia di virus si liberano dalla cellula ospite infettata : in questo processo la cellula è spesso distrutta. Alcuni dei sintomi delle infezioni virali umane,come il raffreddore e l'influenza,sono infatti il risultato del danno e della morte cellulare e della risposta dell'organismo a questa distruzione. La progenie virale che si origina dalla cellula ha il potenziale di infettare altre cellule diffondendo così l'infezione virale. Esistono molte varianti del ciclo riproduttivo virale semplificato che abbiamo tracciato in questa panoramica. Ne vedremo alcuni esempi quando approfondiremo la conoscenza di alcuni virus batterici ( i fagi),dei virus delle piante e dei virus animali.
I fagi si riproducono mediante un ciclo litico o un ciclo lisogeno
Tra tutti i virus,i fagi sono quelli conosciuti in maggior dettaglio,sebbene alcuni di essi siano tra i più complessi. La ricerca sui fagi condusse alla scoperta che i virus provvisti di DNA a doppio filamento possono riprodursi mediante 2 meccanismi alternativi : il ciclo litico e il ciclo lisogeno.
Il ciclo litico
Il ciclo riproduttivo di un fago che culmina con la morte della cellula ospite è conosciuto come ciclo litico. Il termine si riferisce all'ultimo stadio dell'infezione,durante il quale il batterio va incontro a lisi (si rompe,aprendosi), rilasciando i fagi che erano stati prodotti al suo interno. Ciascuno di questi fagi può quindi infettare una cellula sana e,attraverso pochi cicli litici successivi, determinare la distruzione di un'intera colonia batterica nel giro di qualche ora. I fagi che si riproducono soltanto attraverso il ciclo litico sono detti fagi virulenti. Dopo aver studiato la descrizione del ciclo litico ci si potrebbe chiedere : come mai i fagi non hanno già sterminato tutti i batteri? I batteri non sono,in realtà,privi di difese : la selezione naturale favorisce batteri mutanti con siti recettoriali che non sono più riconosciuti da un particolare tipo di fago. E quando il DNA fagico penetra con successo in un batterio,vari enzimi cellulari possono degradarlo. Gli enzimi noti come endonucleasi di restrizione, ad esempio,riconoscono e tagliano il DNA estraneo alla cellula,compreso il DNA di certi fagi. Il DNA proprio della cellula batterica è modificato chimicamente in modo da prevenire l'attacco degli enzimi di restrizione. Tuttavia, proprio come favorisce i batteri che possiedono enzimi di restrizione efficaci,la selezione naturale favorisce anche quei fagi mutanti che sono resistenti a questi enzimi. I rapporti che esistono tra ospite e parassita sono, quindi,in costante evoluzione. C'è ancora un'importante ragione per la quale i batteri sono stati risparmiati dall'estinzione dovuta all'attività dei fagi. Molti di questi,infatti,possono controllare le proprie tendenze distruttive e,invece di lisare le cellule ospite,coesistere con esse in quello che viene chiamato ciclo lisogeno.
Il ciclo lisogeno
Contrariamente al ciclo litico,che uccide la cellula ospite,il ciclo lisogeno porta alla replicazione del genoma virale non accompagnata dalla distruzione dell'ospite. I fagi capaci di riprodursi con entrambe le modalità all'interno di un batterio sono detti fagi temperati. Per confrontare questi cicli virali alternativi, prenderemo in esame il fago temperato chiamato lambda,indicato con la lettera greca λ. Questo fago assomiglia al T4,ma la sua coda possiede una sola breve fibra. L'infezione di una cellula di Escherichia coli da parte di questo fago inizia quando il fago stesso si lega alla superficie della cellula e vi inietta il suo DNA. All'interno dell'ospite,la molecola di DNA di questo fago diviene circolare. Quello che avviene in seguito dipende dalla modalità riproduttiva : il ciclo litico o lisogeno. Durante il ciclo litico,i geni virali trasformano immediatamente la cellula in una fabbrica che produce “il fago y” e la cellula va rapidamente incontro a lisi,rilasciando i suoi prodotti virali. Il genoma virale si comporta in modo diverso durante il ciclo lisogeno. La molecola di DNA di y viene incorporata per ricombinazione genetica (crossing over) in un sito specifico del cromosoma della cellula ospite e prende il nome di profago. Un gene del profago codifica una proteina che reprime la maggior parte degli altri geni del profago. (Questa è la proteina repressore che Nancy Hopkins studiò quando era una studentessa). Il genoma del fago all'interno del batterio è quindi prevalentemente silente. Come si riproduce allora il fago? Ogni volta che la cellula di Escherichia coli si prepara alla divisione,replica, assieme al proprio DNA,anche il DNA del fago e ne trasmette le copie alle cellule figlie. Una singola cellula infettata può rapidamente dare origine ad una vasta popolazione batterica che porta il virus sotto forma di profago. Questo meccanismo consente ai virus di propagarsi senza eliminare le cellule ospiti dalle quali dipendono. Il termine lisogeno implica la capacità dei profagi di produrre fagi attivi che possono lisare la propria cellula ospite. Questo succede occasionalmente quando il genoma y esce dal cromosoma batterico. Una volta libero nella cellula,il genoma y inizia un ciclo litico. E' generalmente un segnale ambientale,come le radiazioni o la presenza di sostanze chimiche,che indirizza il virus dal ciclo lisogeno verso quello litico. Durante il ciclo lisogeno,oltre al gene della proteina repressore possono essere espressi alcuni altri geni del profago,e questi possono alterare il fenotipo del batterio ospite. Questo può avere importanti conseguenze in campo medico ; ad esempio,i batteri che causano alcune malattie dell'uomo come la difterite,il botulismo e la scarlattina sarebbero innocui se non per la presenza di alcuni geni profagici che inducono nel batterio la produzione di tossine.
I virus animali differiscono tra loro per le modalità di infezione e di replicazione
Tutti hanno sofferto di un'infezione virale : la varicella,l'influenza e il comune raffreddore. Come tutti i virus,anche i virus che causano malattie nell'uomo e negli altri animali possono riprodursi ( o replicarsi) soltanto all'interno delle cellule ospiti.
I cicli riproduttivi dei virus animali
Tra i virus animali sono presenti molte varianti allo schema fondamentale dell'infezione e della riproduzione virale. Una variabile chiave è rappresentata dal tipo di acido nucleico che funge da materiale genetico del virus . Un'altra variabile è la presenza o l'assenza dell'involucro membranoso. Invece di prendere in considerazione tutti i meccanismi di infezione virale,rivolgeremo il nostro studio ai ruoli svolti nei virus dagli involucri virali e dal genoma a RNA.
Involucri virali.
Alcuni virus animali possiedono una membrana esterna,o involucro virale,che facilita la penetrazione del parassita all'interno della cellula ospite . Questa membrana è costituita generalmente da un doppio strato lipidico,come le membrane cellulari,in cui le glicoproteine protrudono sulla superficie esterna. Le appendici glicoproteiche si legano a specifiche molecole recettrici poste sulla superficie della cellula. L'involucro virale si fonde quindi con la membrana citoplasmatica dell'ospite,determinando il passaggio del capside e del genoma virale all'interno della cellula. Dopo la rimozione del capside da parte degli enzimi cellulari,il genoma virale può replicarsi e dirigere la sintesi delle proteine del virus,comprese le proteine per il nuovo involucro virale. Queste glicoproteine di membrana sono prodotte dal reticolo endoplasmatico della cellula ospite e,nella maggior parte dei casi,trasportate sulla membrana citoplasmatica,dove sono raggruppate in zone che vengono utilizzate come siti di uscita per la progenie virale. Con un meccanismo molto simile all'esocitosi,i nuovi virus gemmano dalla superficie cellulare a livello di questi siti,venendo avvolti dalla membrana al momento della fuoriuscita. In altre parole,l'involucro virale deriva dalla membrana della cellula ospite,sebbene alcune molecole di questa membrana siano specificate dai geni virali. I virus avvolti dall'involucro sono adesso liberi di diffondere l'infezione ad altre cellule. Questo ciclo riproduttivo,al contrario del ciclo litico dei fagi,non uccide necessariamente la cellula ospite. Alcuni virus possiedono involucri che non derivano dalla membrana citoplasmatica. Gli herpesvirus,per esempio,possiedono involucri che derivano dalla membrana nucleare dell'ospite. Gli herpesvirus hanno genomi a doppia elica di DNA e si riproducono nel nucleo cellulare utilizzando una combinazione di enzimi virali e cellulari per replicare e trascrivere il proprio DNA. All'interno del nucleo,il DNA degli herpesvirus può integrarsi nel genoma cellulare come provirus,in modo simile ai profagi batterici. Una volta acquistate,le infezioni dell'herpes (compresi l'herpes orale genitale ) tendono a ripresentarsi episodicamente durante la vita di una persona. Nell'intervallo tra questi episodi,il virus resta apparentemente latente all'interno dei nuclei cellulari dell'ospite. Lo stress fisico o emotivo può,di volta in volta,comportare il distacco del provirus di herpes dal genoma dell'ospite e attivare la produzione virale,con la conseguente formazione delle vescicole caratteristiche delle infezioni attive.
L'RNA come materiale genetico dei virus
Sebbene alcuni fagi e molti virus delle piante siano virus a RNA,la maggior parte dei genomi a RNA si trova tra i virus che infettano gli animali. I virus a RNA vengono classificati a seconda del tipo di filamento di RNA che possiedono e dalle modalità di azione di questo all'interno della cellula ospite. Si noti che esistono 3 tipi di genomi a singolo filamento di RNA (le classi IV-VI),sono i Picornavirus : Poliovirus ; rhinovirus (virus del raffreddore comune; virus enterici,cioè intestinali) ; nella classe VI troviamo i Retrovirus :
(virus tumorali a RNA come la leucemia,o l'HIV,virus dell'AIDS). Il genoma dei virus della classe IV può agire direttamente come mRNA ed essere quindi tradotto in una proteina virale subito dopo l'infezione. Il genoma di RNA viene trascritto in un filamento complementare di RNA,che può essere a sua volta utilizzato sia come mRNA sia come stampo per la sintesi di ulteriori copie di RNA genomico. Come tutti i virus che hanno bisogno di sintetizzare mRNA seguendo un meccanismo di copia RNA,questi impiegano un enzima virale che è racchiuso all'interno del capside assieme al genoma. I virus a RNA con il ciclo riproduttivo più complesso sono i retrovirus. Retro,che significa in senso inverso,si riferisce alla direzione opposta nella quale fluisce l'informazione genetica in questi virus. I retrovirus possiedono un enzima caratteristico, chiamato trascrittasi inversa,che può trascrivere DNA da uno stampo di RNA,determinando così un flusso dell'informazione dall'RNA al DNA. Il DNA di nuova formazione si integra quindi come un provirus in un cromosoma nel nucleo di una cellula animale. L'RNA polimerasi dell'ospite trascrive il DNA virale in molecole di RNA che possono svolgere la funzione sia di mRNA per la sintesi delle proteine virali,sia di nuovi genomi per nuove particelle virali rilasciate dalla cellula. Un retrovirus di particolare importanza è l'HIV ( virus dell'immunodeficienza umana,human immunodeficiency virus),il virus che causa l'AIDS (sindrome dell'immunodeficienza acquisita,acquired immunodeficiency sindrome).
Le cause delle malattie virali negli animali e la loro prevenzione
Il legame che intercorre tra l'infezione virale e i sintomi che essa produce è spesso oscuro. Alcuni virus possono danneggiare o uccidere le cellule, provocando il rilascio di enzimi idrolitici dai lisosomi ; alcuni inducono le cellule infettate a produrre tossine responsabili dei sintomi della malattia ; altri ancora possiedono componenti tossici propri,come le proteine dell'involucro. L'entità del danno che un virus può causare dipende in parte dalla capacità del tessuto infettato di rigenerarsi attraverso la divisione cellulare. In genere,ci riprendiamo completamente da un raffreddore in quanto l'epitelio delle vie respiratorie che è stato infettato dal virus può ripararsi efficacemente. Il poliovirus invece attacca le cellule nervose che non si dividono e che quindi non possono essere sostituite : i danni che il poliovirus causa a queste cellule sono dunque,sfortunatamente,permanenti. Molti dei sintomi temporanei associati all'infezione virale,come febbre,dolore e infiammazione,sono in realtà la conseguenza dei tentativi fatti dall'organismo stesso per difendersi dall'infezione. Come si vedrà,il sistema immunitario è una componente complessa e di importanza cruciale dei meccanismi di difesa dell'organismo. Il sistema immunitario è anche la base su cui si è sviluppata l'arma più potente per combattere le infezioni virali- il vaccino. I vaccini sono varianti innocue di microrganismi patogeni o derivati di questi,che stimolano il sistema immunitario a produrre le difese contro il vero agente patogeno. Il termine “vaccino” deriva da vacca,cioè mucca ; il primo vaccino,contro il vaiolo,era costituito,infatti,dal virus del vaiolo bovino. Alla fine del '700,Edward Jenner, un medico inglese,si rese conto che in un allevamento di campagna le mungitrici che avevano contratto il vaiolo bovino (una malattia non grave che generalmente colpisce le mucche) erano resistenti a successive infezioni di vaiolo umano. Nel suo famoso esperimento del 1796,Jenner graffiò un ragazzo dell'allevamento con un ago bagnato con il fluido estratto da una ferita di una mungitrice affetta da vaiolo bovino. Quando il ragazzo venne successivamente a contatto con il vaiolo umano,resistette alla malattia. I virus del vaiolo bovino e umano sono così simili che il sistema immunitario non può distinguerli. La vaccinazione con il virus del vaiolo bovino prepara il sistema immunitario a reagire vigorosamente quando si verifica un'esposizione al virus del vaiolo umano. Il vaiolo,che un tempo era un flagello devastante in molte parti del mondo,è stato completamente estirpato grazie alla vaccinazione. Sono stati sviluppati vaccini efficaci anche contro molte altre malattie virali,tra cui la poliomielite,la rosolia,il morbillo,la parotite e l'epatite B. Sebbene i vaccini possono prevenire certe malattie virali,la tecnologia medica può fare poco, attualmente,per curare la maggior parte delle infezioni virali una volta che queste si sono instaurate. Gli antibiotici che ci aiutano a guarire dalle infezioni batteriche sono privi di efficacia contro i virus. Gli antibiotici uccidono i batteri inibendo i loro enzimi o interferendo con i loro specifici processi metabolici, ma i virus hanno pochi enzimi propri,spesso nessuno. Sono stati comunque messi a punto alcuni farmaci antivirali che agiscono prevalentemente interferendo con la sintesi dell'acido nucleico virale. Uno di questi è l'AZT, che inibisce la riproduzione dell'HIV andando a interferire con l'azione della trascrittasi inversa. Un altro è l'aciclovir,che inibisce la sintesi del DNA degli herpesvirus.
I virus emergenti
L'HIV,il virus dell'AIDS,sembra aver fatto la sua comparsa all'inizio degli anni '80. Nel 1993,alcune dozzine di persone sono morte nel sudovest degli Stati Uniti per un'infezione di hantavirus,quella che i media descrissero inizialmente come una “nuova” malattia. Il mortale virus Ebola minaccia periodicamente i popoli dell'Africa centrale sin dalla sua comparsa nel 1976. Il virus Ebola è solo uno dei diversi virus scoperti recentemente che causano la febbre emorragica, una sindrome spesso letale,caratterizzata da febbre,vomito,copiosi sanguinamenti e collasso del sistema circolatorio. Altri nuovi e pericolosi virus causano encefaliti,cioè infiammazioni del cervello ; ne è un esempio il virus Nipah che nel 1999 ha ucciso 105 persone in Malesia,distruggendo anche l'industria suina locale. E ogni anni i nuovi ceppi di virus influenzale sono responsabili di milioni di assenze dal lavoro o dalla scuola,e possono persino provocare la morte. Da dove e come si originano questi “virus emergenti” ? Tre processi contribuiscono alla comparsa delle malattie virali. Le mutazioni dei virus già esistenti sono,innanzitutto,una fonte primaria di nuove malattie virali. I virus a RNA tendono a mutare ad una velocità particolarmente elevata perché la replicazione del loro acido nucleico non coinvolge i passaggi di correzione tipici della replicazione del DNA. Alcune mutazioni permettono ai virus esistenti di evolversi in nuove varietà genetiche,che possono causare l'insorgenza della malattia in soggetti che erano immuni al virus originario. Le nuove epidemie di influenza sono provocate da virus che sono geneticamente così diversi dai virus precedenti,che la gente non ha difese immunitarie contro di essi. Un'altra fonte di nuove malattie virali è la diffusione dei virus esistenti da una specie all'altra. Gli scienziati stimano che circa ¾ delle nuove malattie dell'uomo si siano originate da altri animali. L'hantavirus,ad esempio,è comune nei roditori,sopratutto nei topi. La popolazione murina nel sudovest degli Stati Uniti ebbe un drastico incremento nel 1993,poiché un clima insolitamente umido aveva determinato un aumento delle fonti alimentari dei roditori. Gli esseri umani acquisivano l'hantavirus quando inalavano polveri contenti tracce di urina e feci di topi infetti. Infine,la disseminazione di una malattia virale che si origina da una popolazione ristretta e isolata può condurre a epidemie particolarmente diffuse. L'AIDS,per esempio,è rimasto misconosciuto per decenni fino a quando non ha cominciato a diffondersi nel mondo. In questo caso,i fattori tecnologici e sociali,tra cui la facilità con cui si compiono viaggi intercontinentali,la tecnologia delle trasfusioni di sangue,la promiscuità sessuale e l'abuso di droghe iniettabili,hanno permesso ad una rara malattia dell'uomo di diventare un flagello mondiale. I virus emergenti quindi generalmente non sono nuovi,ma sono in realtà virus già esistenti che hanno espanso il loro territorio d'azione attraverso l'evoluzione,la diffusione a nuove specie ospiti o una più ampia disseminazione nella normale specie ospite. I cambiamenti ambientali possono aumentare il movimento dei virus che sta alla base delle malattie emergenti. Ad esempio,nuove strade che attraversano regioni remote possono permettere ai virus di diffondersi nell'ambito di popolazioni che erano precedentemente isolate. Un altro problema è rappresentato dalla distruzione delle foreste,al fine di espandere le aree coltivabili,un'alterazione ambientale che porta gli esseri umani a contatto con altri animali che possono ospitare virus in grado di infettare l'uomo.
I virus e il cancro
Dal 1911,quando Peyton Rous scoprì un virus che causava il cancro nei polli, gli scienziati si sono resi conto che i virus possono provocare il cancro negli animali. Sappiamo che questi virus tumorali comprendono alcuni retrovirus, papovavirus,adenovirus e herpesvirus. Ci sono valide prove a supporto del fatto che i virus siano la causa di certe forme di cancro nell'uomo. Il virus che causa l'epatite B sembra anche essere responsabile dell'insorgere del cancro del fegato in soggetti affetti da epatite croniche. Il virus di Epstein-Barr, l'herpesvirus che causa la mononucleosi,è stato collegato a diversi tipi di cancro particolarmente diffusi in alcune regioni dell'Africa,in particolare al linfoma di Burkitt. I virus del papilloma (appartenenti al gruppo dei papovavirus ) sono stati associati al cancro del collo dell'utero. Un retrovirus chiamato HTLV-1 causa un tipo di leucemia negli adulti. Tutti i virus tumorali trasformano le cellule normali in cellule cancerose attraverso l'integrazione dell'acido nucleico virale nel DNA della cellula ospite. Gli scienziati hanno identificato un certo numero di geni virali direttamente coinvolti nell'induzione delle caratteristiche tumorali delle cellule. Molti di questi geni,chiamati oncogeni,non sono esclusivi dei virus o delle cellule tumorali ; particolari versioni di questi geni,chiamate proto-oncogeni,sono state trovate anche nelle cellule normali. I proto-oncogeni codificano generalmente proteine coinvolte nel ciclo cellulare, fra cui fattori di crescita e proteine coinvolte nell'attività dei fattori di crescita (per esempio i recettori dei fattori di crescita). In alcuni casi,il virus tumorale non possiede oncogeni e trasforma la cellula semplicemente attivando o aumentando l'espressione di uno o più proto-oncogeni cellulari. Qualunque sia il meccanismo mediante il quale un particolare virus provoca il cancro,ci sono prove del fatto che deve avvenire più di un cambiamento nel genoma cellulare per trasformare una cellula in uno stato pienamente canceroso. E' probabile che la maggior parte dei virus tumorali causi il cancro solo in combinazione con altri eventi mutageni,tra cui l'esposizione a mutageni o la presenza di errori nella replicazione o nella riparazione del DNA.
I virus delle piante rappresentano seri problemi per l'agricoltura
I virus delle piante possono bloccare la crescita della pianta e diminuire perciò la resa dei raccolti. La maggior parte dei virus delle piante scoperti fino a oggi sono virus a RNA. Molti di essi,tra i quali il virus del mosaico del tabacco hanno capsidi a forma di bastoncello con le proteine disposte a spirale. Ci sono due vie principali attraverso le quali una malattia virale si può diffondere tra le piante. La prima è la trasmissione orizzontale,nella quale una pianta viene infettata da una fonte esterna del virus. Poiché il virus deve attraversare lo strato cellulare protettivo esterno (l'epidermide ),la pianta diventa più suscettibile alle infezioni virali se è stata danneggiata dal vento,dal congelamento,da azioni meccaniche o da insetti. Gli insetti rappresentano una duplice minaccia, perché spesso agiscono anche da portatori dei virus,trasmettendo la malattia da pianta a pianta. Agricoltori e giardinieri possono trasmettere inavvertitamente i virus delle piante tramite le cesoie per la potatura ed altri attrezzi. L'altra via dell'infezione virale è la trasmissione verticale,nella quale una pianta eredita un'infezione virale dal genitore. La trasmissione verticale può avvenire nella propagazione asessuata (ad esempio per margotta) o nella riproduzione sessuata attraverso semi infetti. Una volta che il virus è entrato in una cellula vegetale ed ha cominciato a riprodursi,le particelle virali possono diffondersi in tutta la pianta passando attraverso i plasmodesmi,le connessioni citoplasmatiche che penetrano attraverso le pareti situate tra cellule vegetali adiacenti. Gli agronomi non hanno ancora trovato terapie per la cura della maggior parte delle malattie virali delle piante,quindi i loro sforzi si sono maggiormente concentrati sulla riduzione dell'incidenza e della trasmissione di tali malattie e sulla selezione di varietà genetiche di piante da raccolto in grado di resistere a certi virus.
Viroidi e prioni sono agenti infettivi perfino più semplici dei virus
Per quanto i virus siano piccoli e semplici,esiste un'altra classe di patogeni ancora più piccoli,i viroidi . Questi sono minuscole molecole di RNA circolare “nudo” che infettano le piante. Lunghi solo qualche centinaio di nucleotidi,i viroidi non codificano proteine ma possono replicarsi nelle cellule vegetali ospiti,utilizzando gli enzimi della cellula. In qualche modo queste molecole di RNA possono sconvolgere il metabolismo di una cellula vegetale e rallentare la crescita dell'intera pianta. Una malattia da viroide ha ucciso più di 10 milioni di palme da cocco nelle Filippine. I viroidi sembrano determinare errori nei sistemi di regolazione che controllano la crescita della pianta,e i sintomi che sono tipicamente associati alle malattie da viroidi sono lo sviluppo anormale e la crescita rallentata. Un'importante lezione ricavata dallo studio dei viroidi è che una semplice molecola può essere un agente infettivo responsabile della diffusione di una malattia. I viroidi in realtà sono acidi nucleici,la cui capacità di replicazione è ben nota. Più difficile da spiegare è il caso di proteine infettive chiamate prioni. I prioni sembrano causare diverse malattie degenerative cerebrali,tra cui lo scrapie delle pecore,il “morbo della mucca pazza” che ha flagellato l'industria bovina europea negli ultimi anni e la malattia di Creutzfeldt- Jakob nell'uomo. Come può una proteina,non in grado di replicarsi,essere un patogeno trasmissibile? Secondo l'ipotesi più accreditata,un prione è una forma impropriamente strutturata (misfolded) di una proteina normalmente presente nelle cellule cerebrali. Quando il prione entra in una cellula che contiene la forma normale della proteina,questo converte la proteina normale nella versione prionica. In questo modi,i prioni possono ripetutamente indurre una reazione a catena che porta all'aumento del loro numero. Lo scienziato americano Stanley Prusiner ha sostenuto per lungo tempo l'ipotesi del prione e,nel 1997,è stato premiato con il Nobel per la sua ricerca nel campo. Oggigiorno molteplici prove supportano il ruolo patogeno dei prioni nelle malattie animali.
I virus potrebbero essersi evoluti da altri elementi genetici mobili
I virus si collocano al limite tra vita e non vita. Dobbiamo pensare a questi come alle molecole più complesse presenti in natura o come alle più semplici forme di vita? In entrambi i casi,dobbiamo adattare in qualche modo le nostre usuali definizioni. Un virus isolato è biologicamente inerte,incapace di replicare i propri geni o di produrre ATP. Eppure esso possiede un programma genetico scritto nel linguaggio universale della vita. Sebbene i virus siano parassiti intracellulari obbligati che non possono riprodursi autonomamente,è difficile negare la loro connessione evolutiva col mondo vivente. Come si sono originati i virus? Poiché per la loro propagazione i virus dipendono dalle cellule,è ragionevole assumere che essi non siano i discendenti dei prototipi precellulari della vita,ma che si siano evoluti dopo la comparsa delle prime cellule. La maggior parte dei biologi molecolari sostiene l'ipotesi secondo la quale i virus si sarebbero originati da frammenti di acidi nucleici cellulari che potevano spostarsi da una cellula all'altra. Coerente con quest'idea,è l'osservazione che il genoma virale è più simile al genoma della cellula ospite che ai genomi di virus che infettano altri ospiti. In effetti,alcuni geni virali sono sostanzialmente identici ai geni dell'ospite,come ad esempio nel caso degli oncogeni. Forse i primi virus erano dei pezzettini di acido nucleico “nudo”, simili ai viroidi vegetali,che passavano da una cellula all'altra attraverso la superficie danneggiata delle cellule. L'evoluzione di geni codificanti le proteine del capside,può aver facilitato l'infezione di cellule sane. I candidati più probabili come possibile fonte di genomi virali sono due tipi di elementi genetici cellulari,i plasmidi e i trasposoni. I plasmidi sono piccole molecole di DNA circolare distinte dai cromosomi che si trovano nei batteri e anche nei lieviti,organismi eucariotici unicellulari. I plasmidi,come la maggior parte dei virus,possono replicarsi in modo indipendente dal resto del genoma cellulare e vengono occasionalmente trasferiti da cellula a cellula. I trasposoni sono segmenti di DNA che si muovono da un sito all'altro nel genoma di una cellula. Plasmidi,trasposoni e virus condividono quindi un'importante caratteristica : sono elementi genetici mobili . E' la relazione evolutiva tra i virus e i genomi delle loro cellule ospite,che rende i virus dei modelli così utili in biologia molecolare. Studiando il controllo della replicazione virale,i ricercatori hanno acquisito una maggiore conoscenza dei meccanismi che regolano la replicazione del DNA e l'espressione genica nelle cellule (la trascrizione e la traduzione ). I batteri,per motivi diversi,sono modelli microbici altrettanto validi nella ricerca genetica. A differenza dei virus,i batteri sono cellule vere ma, in quanto procarioti,offrono ai ricercatori l'opportunità di studiare la genetica molecolare su organismi più semplici.
Il Dizionario :
Reticolo endoplasmatico : è un sistema di endomembrane tipico delle cellule eucariote. Questi compartimenti di membrana assumono varie forme,tra cui : a cisterna,a sacchi appiattiti,tubuli e vescicole,sono molto mobili e dinamici modificando la loro forma ed estensione durante le fasi del ciclo cellulare.
Citoplasma : è la porzione della cellula delimitata dalla membrana plasmatica e comprendente tutti i costituenti protoplasmatici (organuli cellulari, matrice citoplasmatica e citoscheletro) tranne il nucleo. All'interno sono disciolte molecole di metaboliti più piccoli : le macromolecole.
Cellule eucariote : sono dotate di nucleo cellulare all'interno del quale è presente il DNA.
Cellule procariote : sono prive di nucleo,e hanno il DNA libero nel citoplasma.
Mitocondri : sono organelli cellulari presenti negli organismi eucarioti. Al loro interno avviene la respirazione cellulare in grado di produrre grandi quantità di energia sotto forma di molecole di Adenosina Trifosfato (ATP).
Il Covid al tempo del Rinascimento: Raffaello ucciso da una polmonite acuta e dai salassi
Febbre alta e difficoltà respiratoria prolungate nel tempo, 15 giorni tondi tondi, una polmonite acuta a tutti gli effetti. E come estrema cura, ultimo tentativo, il salasso, pratica medioevale che ha indebolito ancora di più il paziente fino a farlo morire. Certo, intubarlo non si poteva. Correva infatti l’anno 1520, giorno 6 aprile, venerdì santo, e a spirare era il Divin pittore, ovvero Raffaello Sanzio. Niente malaria, dunque, né tifo, né sifilide - anche se nel suo libro “Le vite” il Vasari annota che la morte è causata secondo il biografo da “eccessi amorosi” - ma appunto una polmonite aggravata da un errore medico: potrebbe sembrare un episodio di cronaca legato a Covid-19, e invece è l’ultima ricostruzione della misteriosa morte di Raffaello, elaborata a 500 anni di distanza dagli esperti dell’Università di Milano-Bicocca.
LE TESTIMONIANZE
La loro analisi, basata su testimonianze dirette e indirette dell’epoca, è pubblicata su Internal and Emergency Medicine, la rivista della Società italiana di medicina interna (Simi). Per cercare una soluzione al giallo della morte di Raffaello, i ricercatori hanno confrontato le informazioni contenute ne’ “Le vite” appunto del Vasari con testimonianze di personaggi storici coevi del pittore e presenti a Roma in quel periodo, come quella di Alfonso Paolucci, ambasciatore del duca di Ferrara Alfonso I d’Este o alcuni documenti riscoperti nell’Ottocento dallo storico dell’arte Giuseppe Campori. «Il decorso della malattia unito ad altri sintomi indurrebbe a pensare a una forma di polmonite», spiega Michele Augusto Riva, ricercatore di Storia della medicina dell’Università di Milano-Bicocca. «Non possiamo affermarlo con sicurezza né possiamo ipotizzare se sia stata di origine batterica o virale come l’attuale Covid-19, ma tra le varie cause è quella che più corrisponde a quanto ci viene raccontato: un decorso acuto ma non immediato, la mancanza di perdita di coscienza, assenza di sintomi gastroenterici e febbre continua».
Ecco come si spiega l’aver escluso gli altri morbi. La sifilide è una malattia dal decorso molto lungo «mentre i testimoni ci raccontano di una malattia sviluppatasi all’improvviso, che porta alla febbre e alla morte sopraggiunta dopo 8-10 giorni. Per quanto la sifilide fosse molto diffusa nel ‘500, i sintomi descritti sullo stato di salute di Raffaello non vanno in quella direzione» continua il professore. Esclusi anche malaria e tifo. «La malaria ha come sintomi febbri intermittenti - osserva il ricercatore di Milano-Bicocca - mentre quella di Raffaello fu continua. Inoltre, in quegli anni non vengono segnalate epidemie di tifo, malattia che, soprattutto per le condizioni igienico-sanitarie di quei tempi, aveva un alto tasso di contagiosità». Non solo. «La sua malattia stata di natura infettiva - prosegue la sua diagnosi medico-storica Michele Riva - ha causato la comparsa di una febbre, ma non stata invalidante: Raffaello riesce a fare testamento, a individuare gli eredi, dare gli ultimi ordini, vigile e cosciente».
LA PRATICA
A peggiorare però il quadro clinico ci sarebbe stato anche un errore medico: la pratica del salasso. «Secondo la teoria degli umori, derivata dalla tradizione medica ippocratica-galenica e allora in voga, si pensava che un eccesso di sangue potesse causare la febbre. Uno dei possibili rimedi era il salasso, ovvero sottrarre alla persona malata una certa quantità di sangue per riequilibrare gli umori. Cosa assolutamente sconsigliata in caso di febbre polmonare. Inoltre Vasari ci dice che il pittore nascose ai medici di essere uscito spesso nelle notti precedenti per scorribande amorose. Non conoscendo la condotta del paziente e non potendo inquadrare meglio l’origine della febbre - ipotizza Riva - i medici avrebbero sbagliato a insistere con il salasso».
Storia
Alcune, come la peste, sono state responsabili della morte di milioni di persone.
Malattie infettive che colpiscono una determinata popolazione in un dato momento: sono le epidemie. Le patologie sono causate da un agente patogeno (virus, batteri, miceti, protozoi, elminti e muffe) che colpisce il sistema immunitario, che serve a proteggerci proprio dagli attacchi delle malattie. Tanto più l'epidemia riesce a diffondersi oltre i confini di un'area geografica limitata, maggiori ne sono le pericolosità e la difficoltà di gestione. In questi casi si parla di pandemia (epidemia più estesa). Il primo caso noto agli studiosi è quello riportato dallo storico Tucidide circa una malattia diffusasi nella città di Atene, nel 430 avanti Cristo. Anche lui colpito e poi guarito, narra di una febbre tifoide (o tifo addominale) che ha provocato la morte di un terzo della popolazione. Tra i casi tristemente famosi è da ricordare come i più devastanti della storia, si annovera il morbo di Giustiano. Nel 541 si è diffuso nel Mediterraneo a partire dall'Etiopia e dall'Egitto,forse a causa della peste che a quel tempo ha colpito il grano e altri generi alimentari. Le stime di questa immane catastrofe, molto discusse, parlano di oltre 100 milioni di morti nell'anno in cui la peste si è diffusa. Al secondo posto, per numero di vittime, c'è la tristemente leggendaria peste nera, ribattezzata morte nera o grande morte, che ha colpito l'Europa continentale e causato il decesso di un terzo della popolazione, cioè 75 milioni di persone tra il 1347 e il 1353. Terza in classifica è l'influenza spagnola. Tra il 1918 e il 1920, durante la Prima guerra mondiale, ha ucciso oltre 50 milioni di persone nel mondo. Per numero di soggetti colpiti dall'influenza, è la più grave infezione mai registrata nella storia. La guerra di trincea, con i soldati bloccati nelle fosse e le pessime condizioni igieniche, hanno favorito il diffondersi della pandemia, al punto che l'influenza spagnola ha causato più vittime della guerra stessa.
Emergenza Ebola
Una epidemia che ha di recente colpito il mondo è quella del virus Ebola, scoppiata nel 2014 in alcune nazioni africane: Guinea, Sierra Leone e Liberia. Si tratta della più giovane epidemia scoperta dall'Oms (Organizzazione mondiale della sanità). Il primo ceppo del virus è scoppiato in Zaire (attuale Repubblica Democratica del Congo) nel 1976. I sintomi sono febbre emorragica, diarrea, vomito, dolori muscolari. Può arrivare a provocare la morte in sole 72 ore e si manifesta tra il secondo e il ventunesimo giorno dopo l'infezione. La mortalità è del 90 per cento.
Malattia del sistema immunitario.
Da quando è stata scoperta, nel 1981, l'Aids, la sindrome di immunodeficienza causata dal virus Hiv, ha mietuto almeno 40 milioni di vittime. La malattia si è diffusa prima in Africa. All'inizio, il tasso di mortalità era del cento per cento. Oggi, i farmaci a disposizione hanno fatto scendere il dato a meno del dieci per cento. In Italia si registra una mortalità del 5,7 per cento. I test attualmente disponibili sono in grado di stabilire la cosiddetta sieropositività di un soggetto al virus Hiv. Si parla di Aids quando il paziente sieropositivo contrae una malattia grave, come la tubercolosi, mentre il proprio sistema immunitario non è più in grado di difendersi.
Perciò…? Di quanto è antica la polmonite? Di 501 anni (oltre 5 secoli)!
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