Vediamo adesso come e tutti i metodi che il nostro organismo (e anche quello degli animali) adotta per difendersi dagli attacchi esterni di virus e batteri che sono presenti nell'aria,nell'acqua,e nell'ambiente che ci circonda.
Meccanismi di difesa aspecifici contro le infezioni
Un microrganismo invasore deve penetrare attraverso una barriera esterna formata dalla cute e dalle membrane mucose che ricoprono la superficie e rivestono le aperture del corpo di un animale. Se ha successo in questo, il patogeno incontra la seconda linea delle difese aspecifiche : una serie di meccanismi coordinati che comprendono la fagocitosi,la risposta infiammatoria e l'azione di proteine antimicrobiche.
Le membrane rappresentate da pelle e mucose costituiscono una prima barriera contro le infezioni
La cute intatta rappresenta una barriera normalmente invalicabile per batteri o virus,sebbene soluzioni di continuità anche minuscole di questa possono consentirne l'attraversamento da parte di microorganismi. Analogamente, le membrane mucose che rivestono il tratto digerente,respiratorio e urogenitale impediscono l'ingresso di microbi potenzialmente nocivi. Oltre a svolgere un ruolo di barriere difensive,cute e membrane mucose sono in grado di affrontare i microorganismi patogeni con difese chimiche. Nell'uomo,per esempio, la secrezione delle ghiandole sebacee e sudoripare conferisce alla cute un pH che può variare da 3 a 5,abbastanza acido da impedire la crescita di molti microorganismi. (I batteri che costituiscono la normale flora della cute sono adatti a questo ambiente acido e relativamente secco). La colonizzazione da parte di microorganismi è impedita anche dall'azione di lavaggio della saliva, delle lacrime e delle secrezioni mucose che bagnano continuamente la superficie esposta degli epiteli ; inoltre,queste secrezioni contengono varie proteine con azione antimicrobica. Una di queste proteine è il lisozima, un enzima che attacca la parete cellulare di numerosi batteri distruggendo molti microbi penetrati nella parte superiore dell'apparato respiratorio e nelle aperture che circondano gli occhi. Anche il muco,il fluido viscoso secreto dalle cellule delle membrane mucose,contribuisce a intrappolare i microrganismi e le altre particelle con cui viene a contatto. I microbi che penetrano nella parte superiore dell'apparto respiratorio spesso vengono catturati nel muco e quindi fagocitati oppure espulsi. Le cellule epiteliali specializzate fornite di ciglia che rivestono la superficie della trachea respingono verso l'esterno i microbi e le altre particelle intrappolate nel muco impedendo loro di penetrare nei polmoni. I microbi presenti negli alimenti e nell'acqua o intrappolati nel muco inghiottito proveniente dalla parte superiore del tratto respiratorio debbono attraversare il succo gastrico fortemente acido,prodotto dalle cellule della mucosa dello stomaco, che distrugge la maggior parte dei microrganismi prima che essi penetrino nel tratto intestinale. Tuttavia esistono eccezioni : per esempio,il virus A dell'epatite è uno dei numerosi patogeni capaci di sopravvivere all'acidità del succo gastrico che penetrano nell'organismo attraverso il tratto digerente.
Cellule fagocitarie,infiammazione e proteine antimicrobiche sono attivate precocemente nelle infezioni
I microrganismi che attraversano la prima linea di difesa,per esempio quelli che penetrano nell'organismo attraverso una soluzione di continuità della cute, vengono affrontati dalla seconda linea di difesa. I meccanismi di difesa aspecifica interni all'organismo dipendono soprattutto dalla fagocitosi, l'ingestione di particelle da parte di certi tipi di leucociti. Come vedremo, la funzione fagocitaria è intimamente associata all'attivazione di un'efficace risposta infiammatoria e anche alla presenza di certe proteine antimicrobiche. Questi meccanismi aspecifici contribuiscono a limitare la diffusione dei microrganismi prima ancora dell'intervento delle specifiche risposte immunitarie.
Cellule fagocitarie & natural killer
Le cellule fagocitarie,dette neutrofili,costituiscono dal 60 al 70% di tutti i globuli bianchi ( i leucociti). I neutrofili lasciano il torrente circolatorio attratti dai segnali chimici liberati dalle cellule danneggiate dai microrganismi invasori ; quindi essi penetrano nel tessuto infettato fagocitando e distruggendo i microbi. (Questa migrazione in direzione della sorgente di una sostanza chimica attraente è detta chemiotassi ). I neutrofili,tuttavia, tendono ad autodistruggersi nel momento in cui essi eliminano gli invasori estranei e la loro vita media è soltanto di pochi giorni. I monociti sebbene costituiscano solo il 5% circa dei leucociti,rappresentano una difesa fagocitaria ancora più efficace. Dopo la loro maturazione,i monociti circolano nel sangue per poche ore, quindi migrano nei tessuti dove si accrescono sviluppandosi in grandi macrofagi ( “o grossi divoratori”). I macrofagi,le più grandi cellule fagocitarie,sono cellule particolarmente efficaci e a lunga vita. Queste cellule ameboidi estendono lunghi pseudopodi che si legano alle molecole polisaccaridiche sulle superficie dei microrganismi. Un macrofago ingloba un microbo all'interno di un vacuolo che quindi si fonde con un lisosoma. Il lisosoma ha 2 modi per uccidere il microbo intrappolato al suo interno. In primo luogo può generare forme tossiche dell'ossigeno ; oggi si ritiene che due di queste,l'unione superossido e l'ossido di azoto,siano i principali agenti antimicrobici dei fagociti. In secondo luogo,enzimi lisosomiali,tra cui il lisozima,digeriscono componenti microbici. E' interessante il fatto che certi microrganismi abbiano evoluto meccanismi per sfuggire alla distruzione da parte dei fagociti ; certi batteri,per esempio, possiedono speciali capsule esterne che consentono loro di sfuggire alla presa dei macrofagi,mentre altri,come il Mycobacterium tuberculosis,vengono facilmente inglobati ma hanno sviluppato una resistenza agli enzimi litici dei fagociti e possono anche arrivare a riprodursi all'interno dei macrofagi. Questi microrganismi rappresentano un problema particolare per le difese sia specifiche sia aspecifiche dell'organismo. Certi macrofagi migrano in tutto l'organismo,mentre altri risiedono permanentemente in particolari tessuti : nei polmoni ( macrofagi alveolari),nel fegato ( cellule di Kupffer),nel rene (cellule mesangiali),nel cervello ( cellule della microglia),nei tessuti connettivi (istiociti) e specialmente nei linfonodi e nella milza,organi fondamentali del sistema linfatico. I macrofagi fissi della milza,dei linfonodi e di altri tessuti linfatici sono particolarmente ben localizzati per entrare in contatto con eventuali agenti infettivi. Microrganismi,frammenti microbici e molecole estranee che penetrano nel sangue trovano i macrofagi non appena vengono a essere intrappolate nella struttura a reticolo della milza,mentre quelli presenti nel liquido tissurale finiscono nella linfa,da dove vengono filtrati per mezzo dei linfonodi. Circa l'1.5% dei leucociti sono eosinofili. Il loro contributo principale alle difese dell'organismo si esplica nei confronti degli invasori parassitici di maggiori dimensioni,come il verme Schistosoma mansoni . Gli eosinofili si posizionano contro la parete esterna del parassita, scaricando su questo gli enzimi litici presenti nei loro granuli citoplasmatici. Queste cellule possiedono limitata attività fagocitaria. Le difese aspecifiche dell'organismo comprendono anche le cellule natural killer ( NK ). Queste cellule non attaccano i microrganismi direttamente ; piuttosto,esse distruggono cellule dell'organismo infettate da virus (e anche cellule aberranti dell'organismo che potrebbero trasformarsi in cellule cancerose). Le cellule NK non sono fagocitarie ; esse attaccano la membrana delle cellule su cui agiscono causandone la lisi (generandovi aperture).
La risposta infiammatoria
Il danno a un tessuto causato da una lesione come un escoriazione o dall'ingresso di microrganismi innesca una risposta infiammatoria localizzata. Nell'area lesa,arteriole precapillari si dilatano e venule postcapillari si costringono,aumentando l'afflusso locale di sangue. Questi eventi sono la causa del caratteristico arrossamento e del calore dell'area infiammata (da cui il termine infiammazione). Dai capillari dilatati pieni di sangue fuoriesce liquido ematico nei tessuti vicini,con formazione di edema (rigonfiamento), un altro segno caratteristico dell'infiammazione. La risposta infiammatoria è scatenata da segnali chimici,alcuni dei quali provengono dagli stessi organismi invasori. Altri,come l'istamina,sono liberati da cellule dell'organismo in risposta alla lesione del tessuto. L'istamina è prodotta da una classe di leucociti circolanti detti basofili e dalle mastcellule presenti nei tessuti connettivi. Un danno a carico di queste cellule causa la liberazione di istamina che,a sua volta,innesca una vasodilatazione locale e l'aumento della permeabilità dei capillari vicini. Leucociti e cellule dei tessuti danneggiati liberano anche prostaglandine e altre sostanze che promuovono ulteriormente il flusso ematico verso la sede della lesione. La vasodilatazione e l'aumento della permeabilità dei vasi ematici portano ai tessuti lesi anche elementi della coagulazione. La coagulazione del sangue segna l'inizio del processo di riparazione e contribuisce a bloccare la diffusione dei microbi patogeni verso altre parti dell'organismo. L'aumento locale del flusso ematico e della permeabilità capillare facilita anche la migrazione di cellule fagocitarie dal sangue ai tessuti lesi. Probabilmente, l'elemento di maggiore rilevanza dell'infiammazione- in effetti un tipo di difesa non specifica- è la fagocitosi. La migrazione dei fagociti nella zona danneggiata di solito inizia circa 1 ora dopo che si è prodotta la lesione. Fattori chemiotattici liberati dai batteri invasori nei tessuti lesi attraggono i fagociti. Questi sono attratti anche da molecole,note come chemiochine,secrete dalle cellule endoteliali dei vasi sanguigni e dei monociti. Le chemiochine sono un gruppo di circa 50 differenti proteine che si legano ai vari tipi di recettori dei leucociti inducendo numerosi altri cambiamenti importanti che accompagnano il processo infiammatorio. Per esempio,esse stimolano la formazione di forme tossiche dell'ossigeno nei lisosomi dei fagociti e la liberazione di istamina dai basofili. I neutrofili sono i primi fagociti ad arrivare nel punto di ingresso del materiale estraneo,seguiti dai macrofagi originatasi dai monociti migranti. I macrofagi non si limitano a fagocitare i patogeni e i loro prodotti ma ripuliscono anche la zona dai residui delle cellule del tessuto leso e dei neutrofili autodistruttisi nel processo di fagocitosi. Il pus,che spesso si accumula nel sito dell'infezione,consiste per la maggior parte di cellule morte e del liquido essudato dai capillari nel corso della risposta infiammatoria. Di solito,il pus viene riassorbito dall'organismo nel giro di pochi giorni. Le risposte infiammatorie descritte fino ad ora sono localizzate,come avviene per esempio nelle infezioni causate da schegge di legno o da altri traumi leggeri ; tuttavia la reazione dell'organismo a un'infezione può anche essere una risposta non specifica sistemica- cioè diffusa- a gravi danni o infezioni dei tessuti. Per esempio,le cellule danneggiate spesso emettono molecole che stimolano il rilascio di altri neutrofili dal midollo osseo. In una grave infezione,come una meningite o un'appendicite,il numero di leucociti presenti nel sangue può aumentare di più volte nel giro di poche ore dall'inizio della reazione infiammatoria. Un'altra risposta sistemica all'infezione è la febbre. Le tossine prodotte dai patogeni possono scatenare la reazione febbrile,tuttavia anche certi leucociti possono rilasciare molecole,dette pirogeni,che spostano la termoregolazione dell'organismo verso valori più alti di temperatura. Una febbre molto alta può essere pericolosa,mentre una febbre moderata contribuisce alle difese dell'organismo inibendo la crescita di alcuni microrganismi. La febbre può anche facilitare la fagocitosi e,incrementando le reazioni dell'organismo,accelerare la riparazione dei tessuti. Certe infezioni batteriche possono indurre una risposta infiammatoria abnorme che determina una condizione nota come shock settico. Questo,caratterizzato da febbre elevata e bassa pressione ematica,è la più comune causa di morte nelle unità di terapia intensiva degli Stati Uniti. Ovviamente,mentre l'infiammazione localizzata è un momento essenziale del processo che porta alla guarigione,un'infiammazione sistemica può avere conseguenze molto gravi.
Proteine antimicrobiche
Alle difese aspecifica partecipano numerose proteine,che agiscono attaccando direttamente i microrganismi o impedendone la riproduzione. E' già stato ricordato il lisozima,un enzima antimicrobico presente nelle lacrime,nella saliva e nelle secrezioni mucose. Altre proteine antimicrobiche comprendono un gruppo di almeno 20 proteine del siero,collettivamente note come sistema del complemento,responsabili di una cascata di eventi che portano alla lisi dei microrganismi. Certi componenti del complemento agiscono anche ci concerto con le chemiochine nell'attrazione delle cellule fagocitarie verso i siti dell'infezione. Le proteine del complemento sono un elemento essenziale dei sistemi di difesa specifici e aspecifici. Lo vedremo più avanti. Un altro gruppo di proteine che partecipano alla difesa aspecifica sono gli interferoni,secreti dalle cellule infettate da virus. Mentre non sembrano recare beneficio alle cellule infettate,queste proteine antivirali diffondono verso le cellule vicine inducendo in esse la produzione di altre sostanze che inibiscono la riproduzione virale. In questo modo,gli interferoni limitano la diffusione di una cellula all'altra dei virus nell'organismo,contribuendo al controllo di infezioni virali come il raffreddore e l'influenza. Questo meccanismo di difesa non è virus- specifico ; gli interferoni prodotti in risposta a un ceppo virale conferiscono resistenza a breve termine anche nei confronti di altri tipi di virus non correlati. Oltre al ruolo svolto come agente antivirale,un tipo di interferone attiva i fagociti aumentandone la capacità di ingerire e digerire i microrganismi. Oggi gli interferoni vengono prodotti in modo massiccio grazie alla tecnologia del DNA ricombinante e sono sotto sperimentazione clinica per il trattamento delle infezioni virali e del cancro. Riassumiamo i sistemi di difesa aspecifici dell'organismo :
. La prima linea di difesa,comprendente cute e membrane mucose,impedisce l'ingresso nell'organismo alla maggior parte dei patogeni ;
. La seconda linea di difesa utilizza fagociti,cellule NK,proteine antimicrobiche e le risposte infiammatorie come armi dirette contro quei patogeni che siano riusciti a penetrare nell'organismo. Queste due linee di difesa sono dette aspecifiche poiché non sono in grado di discriminare tra specie diverse di agenti patogeni.
Come nasce l'immunità specifica
Mentre i microrganismi subiscono l'attacco delle cellule fagocitarie,della risposta infiammatoria e delle proteine antimicrobiche essi finiscono inevitabilmente per incontrare i linfociti,le cellule fondamentali del sistema immunitario- la terza linea di difesa dell'organismo. I linfociti rispondono a questo contatto generando risposte immunitarie efficienti e selettive attive in tutto l'organismo ai fini dell'eliminazione di quel particolare invasore. Si tenga presente che le cellule del sistema immunitario rispondono in modo simile a cellule trapiantate e anche alle cellule cancerose,che esse riconoscono come estranee.
I linfociti forniscono specificità e varietà al sistema immunitario
Nell'organismo dei vertebrati sono presenti 2 classi principali di linfociti : i linfociti B (cellule B) e i linfociti T (cellule T). Come i macrofagi,entrambi i tipi di linfociti circolano nel sangue e nella linfa e sono concentrati nella milza, nei linfonodi e in altri tessuti linfatici. Poiché i linfociti riconoscono e rispondono alla presenza di particolari microrganismi e di molecole estranee, si dice che essi possiedono specificità. Una molecola estranea che uscita una particolare risposta da parte dei linfociti è detta antigene. Gli antigeni comprendono molecole appartenenti a virus,batteri,funghi,protozoi e vermi parassiti. Le molecole antigeniche si trovano anche sulla superficie di materiali estranei quali polline e tessuti trapiantati. Le cellule T e le cellule B sono specializzate per tipi differenti di antigeni e sono responsabili di azioni di difesa diverse ma complementari,come vedremo più avanti. Un modo in cui gli antigeni provocano una risposta immunitaria è attraverso l'attivazione delle cellule B a secernere proteine dette anticorpi. Il termine antigene è la contrazione dell'espressione inglese “antibody-generator”. La molecola di ogni antigene ha una particolare forma e stimola alcune cellule B a secernere anticorpi che interagiscono specificamente con esso. Infatti,le cellule B e T sono in grado di distinguere tra antigeni con forme molecolari anche solo di poco differenti. Così,al contrario delle difese aspecifiche,il sistema immunitario si attiva contro invasori specifici. Il mezzo attraverso cui le cellule B e le cellule T riconoscono specifici antigeni è dato dai loro recettori per gli antigeni legati alla membrana citoplasmatica. In effetti,i ricettori delle cellule B sono versioni transmembrana e di molecole anticorpali e spesso vengono indicati come anticorpi di membrana (o immunoglobine di membrana). I recettori degli antigeni presenti su una cellula T,detti recettori delle cellule T,sono strutturalmente correlati agli anticorpi di membrana e riconoscono gli antigeni con la stessa specificità. Tuttavia,a differenza degli anticorpi,i recettori delle cellule T non vengono mai prodotti in una forma destinata alla secrezione. Un singolo linfocita T o B porta circa 100.000 recettori per l'antigene,tutti esattamente della stessa specificità. La particolare struttura di un recettore di un linfocita è determinata da eventi genetici che si verificano nel linfocita stesso durante le fasi iniziali del suo sviluppo. Quando una cellula non specializzata si differenzia in un linfocita B o T,segmenti dei geni per gli anticorpi o per i ricettori vengono legati assieme attraverso un tipo di ricombinazione genetica, con la produzione di un singolo gene funzionale per ognuna delle catene polipeptidiche che costituiscono un anticorpo o un recettore degli antigeni. Questo processo,che si verifica prima di qualsiasi contatto con gli antigeni estranei,crea un'enorme varietà di cellule T o B nell'organismo,ognuna delle quali porta recettori per gli antigeni di particolare specificità. Grazie a questa diversità di linfociti,il sistema immunitario ha la capacità di rispondere a milioni di differenti molecole antigeniche (anche a quelle che non esistono ancora) e quindi a milioni di differenti patogeni potenziali.
Gli antigeni interferiscono con linfociti specifici inducendo risposte immunitarie e la memoria immunologica
Sebbene incontri una vasta gamma di cellule B e T nell'organismo,un microrganismo interagisce soltanto con linfociti che portano ricettori specifici per le varie molecole antigeniche che esso espone. La “selezione” di un linfocita da parte di uno degli antigeni di un microrganismo attiva il linfocita stesso stimolandolo a dividersi e a differenziarsi. Il linfocita finisce per produrre 2 cloni di cellule. Un clone è costituito da un gran numero di cellule effettrici,a breve vita,che contrastano il medesimo antigene ; l'altro clone consiste di cellule della memoria,a lunga vita,che portano recettori specifici per il medesimo antigene. Questa clonazione di linfociti innescata dall'antigene è detta selezione clonale. La teoria della selezione clonale è così fondamentale per comprendere l'immunità che è opportuno soffermarci su di essa. Ogni antigene attiva selettivamente una piccola frazione delle cellule che costituiscono l'insieme dell'eterogenea popolazione linfocitaria dell'organismo. Questo numero relativamente modesto di cellule così selezionate genera un clone di milioni di cellule effettrici,tutte specifiche per,e finalizzate a,l'eliminazione dello specifico antigene. La proliferazione e differenziazione selettiva di linfociti che si verifica la prima volta che l'organismo si trova esposto a un antigene è la risposta immunitaria primaria. In questo tipo di risposta,tra l'esposizione a un antigene e il momento di massima produzione di cellule effettrici dai linfociti selezionati intercorre un periodo di 10-17 giorni. In questo tempo,i linfociti B e T selezionati dall'antigene generano, rispettivamente,cellule B effettrici produttrici di anticorpi,dette plasmacellule, e cellule T effettrici. Nel periodo in cui avviene lo sviluppo di queste cellule effettrici un soggetto che abbia contratto un'infezione può ammalarsi. Successivamente,i sintomi della malattia si riducono di intensità e finiscono per sparire man mano che gli anticorpi e le cellule T effettrici eliminano l'antigene dall'organismo. Se,dopo un certo tempo,il medesimo soggetto si trova esposto allo stesso antigene,la risposta risulta più rapida (solo 2-7 giorni) e prolungata dalla risposta primaria : questa è la risposta immunitaria secondaria. La misura del tasso serico di anticorpi nel tempo mostra chiaramente la differenza tra risposta immunitaria primaria e risposta secondaria. Oltre a essere più numerosi,gli anticorpi prodotti nella risposta secondaria tendono ad avere affinità per l'antigene maggiore di quella degli anticorpi prodotti nella risposta primaria. La capacità del sistema immunitario di mettere in atto la risposta secondaria è detta memoria immunologica. Come abbiamo già visto in precedenza,l'esposizione a un antigene produce non solo cellule effettrici ma anche cloni di cellule B e T della memoria a lunga vita. Le cellule della memoria sono pronte a proliferare e a differenziarsi rapidamente quando si trovano esposte nuovamente al medesimo antigene. La protezione a lungo termine che si sviluppa dopo l'esposizione a un patogeno fu riconosciuta già 2.400 anni fa dall'ateniese Tucidide,che descrisse come i malati e i morti di peste fossero accuditi da coloro che erano guariti dalla malattia,”perché nessuno era attaccato dalla malattia una seconda volta”.
Lo sviluppo dei linfociti produce un sistema immunitario capace di distinguere il self dal non self
Tutte le cellule ematiche,compresi i linfociti,originano da cellule precursori presenti nel midollo osseo o,nel caso del feto,soprattutto nel fegato. Inizialmente,tutti i linfociti sono equivalenti ; successivamente,però,essi si differenziano in cellule B o cellule T a seconda del sito in cui continuano il processo maturativo. I linfociti che migrano dal midollo osseo al timo,una ghiandola posta nella parte superiore del torace,si sviluppano in cellule T (“T” da timo) mentre quelli che restano nel midollo osseo vi continuano la propria maturazione fino a divenire linfociti B. La lettera “B” in effetti sta per borsa di Fabrizio,un organo peculiare degli uccelli in cui maturano le cellule B di questi animali e in cui questi linfociti furono scoperti per la prima volta. Tuttavia, poiché le cellule B di tutti gli altri vertebrati si sviluppano nel midollo osseo, possiamo considerare la lettera “B” come l'iniziale del termine inglese bone marrow (midollo osseo),anziché di “borsa”.
La tolleranza immunitaria per il self
Mentre le cellule B e T stanno maturando nel midollo osseo e nel timo,i loro recettori per gli antigeni vengono provati per la potenziale attività contro il sé (self ). Per la massima parte,i linfociti che portano recettori specifici per molecole già presenti nell'organismo vengono resi inattivi oppure distrutti per apoptosi (la morte cellulare programmata) ; rimangono così soltanto i linfociti reattivi contro le molecole estranee. La capacità del riconoscimento del self dal non self continua a svilupparsi anche quando le cellule migrano negli organi linfatici. Così,normalmente,l'organismo non possiede linfociti maturi in grado di reagire contro i propri costituenti. Dunque,il sistema immunitario possiede la caratteristica fondamentale dell'autotolleranza . Anomalie a carico dell'autotolleranza possono causare malattie autoimmuni come la sclerosi multipla. Come vedremo,certe molecole localizzate sulla superficie di cellule dell'organismo sono essenziali per lo sviluppo dell'autotolleranza delle cellule T, così come per l'attività delle cellule T.
Il ruolo dei marcatori cellulari di superficie nella funzione e nello sviluppo delle cellule T
I linfociti non reagiscono contro la maggior parte degli antigeni self,ma le cellule T stabiliscono cruciali interazioni con un importante gruppo di molecole, un insieme di glicoproteine (proteine con molecole di zuccheri legate) presenti sulla superficie delle cellule,codificate da una famiglia di geni noti come complesso maggiore di istocompatibilità ( MHC ). Nell'uomo,le glicoproteine MHC sono note anche come HLA (dall'inglese human leukocyte antigens – antigeni leucocitari umani ). Due classi principali di molecole MHC marcano le cellule come “self” . Le molecole MHC di classe I si trovano su tutte le cellule nucleate- quasi tutte le cellule dell'organismo- mentre le molecole MHC di classe II si trovano su pochi tipi specializzati di cellule,tra cui i macrofagi, linfociti B,linfociti T attivati e le cellule che costituiscono la parte interna del timo. Per una specie di vertebrato,esistono numerosi possibili alleli differenti per ogni gene MHC di classe I o di classe II. Le proteine MHC sono le più polimorfe tra tutte quelle conosciute. Per esempio,per effetto del grande numero di alleli differenti presenti nella popolazione umana,la maggior parte di noi è eterozigote per ognuno dei geni MHC posseduti. Inoltre è estremamente improbabile che due individui,con l'eccezione dei gemelli monozigoti,abbiano cellule caratterizzate dalla medesima serie di molecole MHC. Quindi,il sistema maggiore di istocompatibilità può essere considerato come un'impronta digitale biochimica specifica per ogni individuo. In effetti,la scoperta del sistema MHC avvenne nel corso dello studio del fenomeno dell'accoglienza e del rigetto degli innesti cutanei ; il prefisso isto- nel termine istocompatibilità ha il significato di “tessuto”. Il sistema MHC e il suo ruolo nel rigetto degli innesti cutanei da parte dell'organismo inizialmente sconcertarono i ricercatori. Perché l'organismo dei vertebrati doveva avere evoluto marcatori che impedissero a individui della stessa specie di scambiarsi tessuti? Oggi sappiamo che le molecole MHC differiscono da persona a persona a causa dal ruolo centrale da esse svolto nelle risposte immunitarie. Attraverso un processo noto come presentazione dell'antigene,una molecola MHC adatta un frammento di una proteina antigenica intracellulare nel solco a forma di amaca presente sulla sua superficie e lo “presenta” a un recettore per all'antigene esposto su una cellula T vicina. Quindi,le cellule T vengono allertate nei confronti di un agente infettivo dopo che questo è stato internalizzato da parte di una cellula (per fagocitosi o endocitosi mediata da recettore),oppure dopo che esso è penetrato e si è replicato in una cellula ( attraverso un'infezione da virus ). Esistono due tipi principali di cellule T,ognuna delle quali risponde a una delle classi di molecole MHC. Le cellule T citotossiche ( T c ) possiedono recettori per l'antigene che legano frammenti proteici (peptidi) esposti dalle molecole MHC di tipo I dell'organismo. Le cellule T helper (T H ) possiedono recettori che legano peptidi esposti dalle molecole MHC di classe II dell'organismo. Il fatto che le cellule T rispondano o no alla presenza di un agente patogeno dipende quindi dalla capacità delle molecole MHC di presentarne un frammento. Fortunatamente, qualsiasi molecola MHC può presentare una varietà di peptidi strutturalmente simili e,a causa della etorozigosi dei nostri geni MHC ognuno di noi produce 2 differenti polipeptidi MHC per gene. Esistono quindi ottime probabilità che almeno una delle 2 molecole MHC interessate sia capace di presentare almeno un frammento di un particolare agente patogeno alle nostre cellule T – e quindi di dare il via a una risposta immunitaria contro il patogeno stesso. Inoltre,le popolazioni umane traggono vantaggio dal fatto di possedere centinaia di alleli MHC differenti nel pool genico,cosicché i corredi individuali di molecole MHC variano da persona a persona. Questo polimorfismo è di tipo adattivi perché aumenta la possibilità che almeno alcuni individui di una popolazione possano sopravvivere a un'epidemia. Esaminiamo ora la distribuzione e i ruoli nell'organismo delle molecole MHC di classe I e di classe II relativamente al modo in cui esse ci difendono contro le infezioni. Le molecole MHC di classe I,presenti pressoché in tutte le cellule,hanno la funzione di presentare alle cellule T citotossiche frammenti di proteine prodotte dagli agenti invasori,di solito virus. Come vedremo meglio,le cellule T citotossiche rispondono uccidendo le cellule infettate. Poiché tutte le nostre cellule sono vulnerabili all'infezione da parte di qualche virus,l'ampia distribuzione delle molecole MHC di classe I è di importanza fondamentale per la nostra salute. D'altra parte, le molecole MHC di classe II sono prodotte soltanto da pochi tipi di cellule,principalmente macrofagi e cellule B. In questo contesto,tali cellule,dette cellule presentanti l'antigene ( APC ),ingeriscono batteri (e virus),distruggendoli. In queste cellule,le molecole MHC di classe II raccolgono i resti peptidici di questa degradazione e li presentano alle cellule T helper ; queste,in risposta,inviano segnali chimici che stimolano altri tipi di cellule a combattere l'agente patogeno. Le proteine MHC giocano un ruolo fondamentale anche nello sviluppo della tolleranza verso il self delle cellule T. Durante lo sviluppo delle cellule T nel timo,le cellule T in via di sviluppo interagiscono con altre cellule timiche che possiedono elevati livelli di molecole MHC di classe I e di classe II. Soltanto le cellule T che portano recettori ad elevata affinità per le proteine MHC del self raggiungono la maturità. Le cellule T in via di maturazione che possiedono recettori con affinità per l'MHC di classe I divengono cellule T citotossiche,mentre quelle che possiedono recettori con affinità per l'MHC di classe II divengono cellule T helper. Rivediamo ora cosa abbiamo imparato a questo punto sul sistema immunitario. Le risposte immunitarie dei linfociti B e T mostrano quattro attributi che caratterizzano il sistema immunitario nel suo complesso : specificità,diversità,memoria e la capacità di distinguere il self dal non self. Un componente di fondamentale importanza della risposta immunitaria è l'MHC : le proteine codificate da questo complesso di geni espongono una combinazione di self (la molecola MHC) e non self (il frammento di antigene) che viene riconosciuta da cellule T specifiche. Vedremo come i linfociti riconoscono sostanze estranee,e rispondono alla loro presenza generando l'immunità.
Risposte Immunitarie
Il sistema immunitario può mettere in campo 2 tipi di risposta alla presenza di antigeni : una risposta umorale e una risposta cellulo- mediata. L'immunità umorale consiste nella produzione di anticorpi che vengono secreti da certi tipi di linfociti e circolano come proteine solubili nel plasma ematico e nella linfa- fluidi corporei un tempo detti umori. Circa alla fine del XIX secolo,alcuni ricercatori effettuarono un esperimento in cui trasferirono questi liquidi da un animale guarito da un'infezione ad altri animali che non erano stati esposti all'agente infettante. Essi trovarono che per un breve tempo questi ultimi animali risultavano protetti dall'infezione. I ricercatori avevano trasferito l'immunità umorale (anticorpi) da un animale all'altro. Essi trovarono anche che l'immunità per certi tipi di infezione poteva passare da un organismo all'altro soltanto se si verificava un trasferimento di certe cellule,successivamente identificate come linfociti T. Questo secondo tipo di immunità,che dipende dall'azione diretta di cellule T,fu indicata come immunità cellulo- mediata. Gli anticorpi circolanti responsabili della risposta umorale sono una difesa soprattutto contro tossine,batteri liberi e virus presenti nei liquidi corporei. Invece,i linfociti responsabili della risposta cellulo- mediata sono attivi contro batteri e virus presenti all'interno delle cellule dell'organismo infettate e contro funghi,protozoi e vermi parassiti. L'immunità cellulo- mediata è cruciale nella risposta dell'organismo contro tessuti trapiantati e contro le cellule cancerose,elementi che avverte come “non self”. Le cellule T helper svolgono un ruolo centrale in questa rete di segnalazione cellulare rispondendo agli antigeni presenti dai macrofagi e stimolando sia le cellule B sia gli altri tipi di cellule T.
I linfociti T helper sono attivi nell'immunità umorale e nell'immunità cellulo- mediata : visione d'assieme
Prima di passare ad esaminare la funzione dei linfociti T helper,dobbiamo tornare all'MHC e al ruolo da esso svolto nella presentazione dell'antigene. Si ricordi che le molecole MHC di classe II,le uniche riconosciute dalle cellule T helper,si trovano soltanto in certi tipi di cellule,in particolare in quelle che inglobano antigeni estranei. Queste cellule presentanti l'antigene (APC ),che comprendono i macrofagi e certe cellule B,informano il sistema immunitario, attraverso le cellule T helper,che nell'organismo è penetrato un antigene estraneo. Per esempio,un macrofago che ha inglobato e demolito un batterio conterrà al suo interno piccoli frammenti delle proteine batteriche. Quando una molecola MHC di classe II neosintetizzata si sposta verso la superficie del macrofago,essa cattura uno di questi peptidi batterici sistemandolo nel solco legante l'antigene,e lo trasporta in superficie,rilevando la presenza di un frammento peptidico a una cellula T helper . L'interazione tra un APC e una cellula T helper è notevolmente facilitata dalla presenza di una proteina di superficie della cellula T nota come CD4. Presente su molte cellule T helper,CD4 si lega a una parte della proteina MHC di classe II. L'interazione tra CD4 e una molecola MHC di classe II aiuta a mantenere unite le cellule T helper e l'APC mentre si verifica l'attivazione della cellula T H . Quando una cellula T helper viene selezionata dallo specifico contatto col complesso MHC di classe II – antigene su una APC,la cellula T H prolifera e si differenzia in un clone di cellule T helper attivate e di cellule T helper della memoria. Le cellule T helper attivate secernono differenti citochine, proteine o peptidi che stimolano altri linfociti. Per esempio,la citochina interleuchina – 2 (IL- 2) stimola le cellule B entrate in contatto con l'antigene a differenziarsi in plasmacellule produttrici di anticorpi ; IL- 2 stimola anche le cellule T citotossiche a diventare cellule killer attive. Anche la cellula T helper di per sé è soggetta a regolazione da parte delle citochine. Quando fagocita e presenta l'antigene,un macrofago è stimolato a secernere una citochina detta interleuchina – 1 (IL- 1). Questa,insieme all'antigene presentato,è ciò che attiva la cellula T helper a produrre IL- 2 e altre citochine. Inoltre,in un esempio di meccanismo di retroazione positiva,l'IL- 2 secreta da una cellula T helper stimola quella stessa cellula a proliferare più rapidamente e a diventare una produttrice di citochine ancora più attiva. Così le cellule T helper modulano le risposte immunitarie sia umorali (cellule B) sia cellulo- mediate (cellule T citotossiche).
Nella risposta cellulo- mediata,le cellule T citotossiche contrastano patogeni intracellulari : uno sguardo ravvicinato
Le cellule T citotossiche attivate dall'antigene uccidono cellule cancerose e cellule infettate da virus o da altri patogeni intracellulari. Prima di esaminare questi eventi,occorre tornare alle proteine MHC di classe I e al loro ruolo nella presentazione dell'antigene alle cellule T citotossiche. Si ricordi che tutte le cellule nucleate dell'organismo producono continuamente molecole MHC di classe I. Quando si sposta verso la superficie cellulare,una molecola MHC di classe I neosintetizzata cattura un piccolo frammento di una delle altre proteine sintetizzate di tale cellula. Se la cellula contiene un virus in replicazione, frammenti peptidici delle proteine virali vengono catturati e trasportati alla superficie della cellula. In questo modo,le molecole MHC di classe I espongono alle cellule T citotossiche proteine estranee sintetizzate in cellule infettate o anormali. L'interazione tra la cellula infetta presentante l'antigene e una cellula T citotossica è fortemente stimolata dalla presenza di una proteina di superficie delle cellule T detta CD8. Presente sulla maggior parte delle cellule T citotossiche,CD8 si lega a una parte della molecola MHC di classe I. L'interazione CD8- MHC di classe I contribuisce a mantenere le due cellule in contatto mentre si verifica l'attivazione della cellula T. Così,il ruolo delle molecole MHC di classe I e di CD8 è simile a quello delle molecole MHC di classe II e di CD4, con la differenza che nei due casi sono coinvolti tipi di cellule diversi. Quando è attivata da specifici contatti con i complessi MHC di classe I – antigene alla superficie di una cellula infetta e ulteriormente stimolata dalla IL- 2 prodotta da una cellula T helper,una cellula T citotossica si differenzia in una cellula T killer attiva. Questa uccide la cellula bersaglio- quella presentante l'antigene- principalmente attraverso la liberazione di perforina,una proteina che produce pori nella membrana della cellula infetta. L'ingresso di ioni e di acqua all'interno della cellula infetta ne provoca il rigonfiamento e infine la lisi. La morte di una cellula infetta non solo priva il patogeno della sede in cui riprodursi ma lo espone anche all'azione degli anticorpi circolanti che ne favoriscono l'eliminazione. Dopo aver distrutto una cellula infettata,la cellula T C continua a vivere e ad uccidere numerose altre cellule infette dallo stesso patogeno. Nello stesso modo,le cellule T citotossiche funzionano nella difesa contro i tumori maligni. Poiché portano marcatori peculiari,assenti sulle cellule normali,le cellule cancerose vengono identificate dal sistema immunitario come estranee. Le molecole MHC di classe I sulla superficie di una cellula tumorale presentano alle cellule T C frammenti di un antigene tumorale . E' interessante il fatto che certi tipi di cancro e certi virus (come il virus di Epstein – Barr) riducano attivamente la quantità di proteina MHC di classe I presente sulle cellule colpite cosicché esse possono sfuggire la sorveglianza delle cellule T C . L'organismo possiede una difesa di riserva : le cellule natural killer (NK),parte delle difese aspecifiche dell'organismo,sono anche capaci di lisare cellule infettate da virus e cellule tumorali.
Nella risposta umorale,le cellule B sintetizzano anticorpi contro patogeni extracellulari : uno sguardo ravvicinato
Abbiamo visto che la risposta immunitaria umorale inizia quando le cellule B che portano i recettori per gli antigeni vengono selezionate attraverso il legame con gli specifici antigeni. Sappiamo anche che l'attivazione delle cellule B è favorita dall'IL- 2 e da altre citochine secrete dalle cellule T helper attivate dal medesimo antigene. Una cellula B,stimolata sia dall'antigene che dalle citochine, prolifera e si differenzia in un clone di plasmacellule secernenti uno specifico anticorpo e in un clone di cellule B della memoria. Gli antigeni che evocano questo tipo di risposta da parte delle cellule B sono noti come antigeni T- dipendenti perché possono stimolare la produzione di anticorpi soltanto con l'aiuto delle cellule T H . Molti antigeni proteici sono T- dipendenti ; altri antigeni,come i polisaccaridi e le proteine costituite da molti polipeptidi identici,funzionano come antigeni T- indipendenti . Questi antigeni comprendono i polisaccaridi presenti in numerose capsule batteriche e le proteine che costituiscono i flagelli dei batteri. A quanto pare,le subunità ripetitive di questi antigeni si legano contemporaneamente a un certo numero di anticorpi di membrana presenti sulla superficie delle cellule B. Ciò rappresenta uno stimolo sufficiente alla produzione,da parte delle cellule B,di plasmacellule che secernono anticorpi senza la necessità dell'intervento della IL- 2. La risposta agli antigeni T- indipendenti è molto importante nella difesa nei confronti di numerosi batteri ; tuttavia questa risposta generalmente è più debole di quella nei confronti degli antigeni T- dipendenti e in essa non vengono generate cellule della memoria. Prima di terminare la descrizione delle funzioni delle cellule B è importante ricordare che le cellule B portano le molecole MHC di classe II : esse sono cellule presentanti l'antigene. Quando all'inizio le molecole di antigene si legano agli anticorpi di membrana,la cellula B internalizza alcune delle molecole estranee per endocitosi mediata da recettore. In un processo molto simile a quello di presentazione da parte dei macrofagi,la cellula B presenta l'antigene a una cellula T helper. Tuttavia,sebbene un macrofago possa inglobare e presentare antigeni peptidici prodotti da una grande varietà di antigeni proteici,una cellula B internalizza e presenta peptidi provenienti soltanto dalla molecola dell'antigene specificamente legato ad essa. Quindi, gli immunologi ritengono che i macrofagi debbano essere considerati le principali APC attive nella risposta primaria (quando le cellule B specifiche per un particolare antigene sono ancora rare),mentre le cellule B,in particolare le cellule B della memoria,sono più importanti come APC nelle risposte secondarie. In una data risposta di tipo umorale,il processo appena ricordato stimola varie differenti cellule B,generando un clone di migliaia di plasmacellule. Si stima che ogni plasmacellula secerna circa 2.000 molecole di anticorpo al secondo per tutta la durata della vita della cellula,4-5 giorni. Più avanti esamineremo più da vicino le molecole degli anticorpi e il modo in cui essi si legano agli antigeni e mediano la loro eliminazione.
Struttura & funzione degli anticorpi
Gli antigeni che scatenano una risposta immunitaria sono tipicamente i componenti superficiali proteici o polisaccaridici di microrganismi,di tessuto trapiantato incompatibile o di cellule ematiche trasfuse appartenenti a un gruppo sanguigno incompatibile. Inoltre,per alcuni di noi,le proteine di sostanze estranee quali polline o veleno di api agiscono da antigeni capaci di indurre una risposta umorale allergica o di ipersensibilità (di cui tratteremo in seguito). Né la forma di un anticorpo legata alla membrana- cioè il recettore per l'antigene di una cellula B- né la forma secreta dell'anticorpo legano effettivamente l'intera molecola di un antigene ; piuttosto essi identificano una regione limitata sulla superficie della molecola antigenica detta determinante antigenico o epìtopo . Un singolo antigene,come una proteina batterica di superficie,di solito contiene numerosi epìtopi,ognuno dei quali è capace di indurre la produzione di uno specifico anticorpo. Quindi,è facile immaginare l'intera superficie di un batterio rivestita da molecole di numerosi tipi differenti di anticorpi,ognuno specifico per un particolare epìtopo. Si stima che una cellula batterica possa essere legata da 4 milioni di molecole anticorpali! Gli anticorpi costituiscono un gruppo di proteine del siero dette immunoglobine (Ig). Una tipica molecola anticorpale possiede almeno 2 siti identici specifici per il legame dell'epìtopo che ne ha indotto la produzione. Ogni molecola è costituita da quattro catene polipeptidiche,due catene leggere identiche e due catene pesanti parimenti identiche unite a formare una molecola a forma di Y. Alle due estremità dei bracci della molecola di forma di Y si trovano le regioni variabili (V) delle catene leggere e pesanti,così dette perché le loro sequenze amminoacidiche variano ampiamente da un anticorpo all'altro. La regione V di una catena pesante e di una catena leggera formano nel loro insieme la superficie peculiare del sito di legame per l'antigene di un anticorpo. L'interazione tra il sito di legame per l'antigene e lo specifico epìtopo è simile all'interazione tra un enzima e il suo substrato : tra i gruppi presenti sulle rispettive molecole si formano numerosi legami non covalenti che stabilizzano il complesso che ne risulta. Il potere della specificità degli anticorpi e il legame antigene- anticorpo sono stati sfruttati per l'utilizzazione nelle ricerche di laboratorio,nella diagnostica clinica e per il trattamento di malattie. Alcuni di questi strumenti anticorpali sono anticorpi policlonali,cioè anticorpi prodotti da molti cloni differenti di cellule B,ognuno dei quali è specifico per un differente epìtopo. Altri anticorpi sono invece monoclonali,cioè vengono preparati a partire da un unico clone di cellule B coltivate. Poiché sono molecole tutte identiche,gli anticorpi monoclonali prodotti da una coltura di cellule B sono specifici per il medesimo epìtopo dello stesso antigene. La tecnologia degli anticorpi monoclonali rende possibile produrre grandi quantità di anticorpi puri e a costo relativamente basso. Molte nuove metodiche diagnostiche per la rivelazione di microrganismi patogeni in campioni clinici dipendono dall'uso di anticorpi monoclonali. Gli anticorpi monoclonali sono anche utilizzati in test di gravidanza basati sulla rivelazione di un ormone secreto soltanto dall'urina di una donna gravida. Gli anticorpi monoclonali sono utili per interagire, marcandole,con specifiche molecole sia nella ricerca di base,sia in medicina. Per esempio,certi tipi di cancro sono stati trattati con anticorpi specifici per le cellule tumorali legati covalentemente con molecole di tossine. Gli anticorpi legati alle molecole di tossina effettuano una precisa missione di ricerca e distruzione,attaccando selettivamente e uccidendo le cellule tumorali. Mentre il sito di legame per l'antigene è responsabile della funzione di riconoscimento dell'anticorpo- cioè della capacità di questo di riconoscere uno specifico epìtopo sulla molecola di antigene. Lo “stelo” della molecola a Y di un anticorpo, formato dalle regioni costanti ( C ) delle catene pesanti,è responsabile della distribuzione dell'anticorpo nell'organismo e dei meccanismi attraverso sui esso realizza l'eliminazione dell'antigene. Esistono cinque tipi principali di regioni costanti,che determinano le cinque principali classi delle immunoglobine dei mammiferi : IgM,IgG,IgA,IgD e IgE. Si noti che una catena leggera possiede anche una regione costante ; questa però non fa parte dello stelo della molecola anticorpale e non partecipa alle funzioni espletate dalle varie classi di Ig.
Eliminazione degli antigeni mediata da anticorpi
Il legame degli anticorpi agli antigeni a formare i complessi antigene- anticorpo è la base di più meccanismi diversi di eliminazione dell'antigene. Di questi meccanismi,il più semplice è la neutralizzazione,di cui l'anticorpo blocca certi siti sulla molecola di un antigene rendendola inattiva. Per esempio,gli anticorpi neutralizzano un virus legandosi ai siti che questo utilizza per infettare la cellula ospite ; analogamente,anticorpi possono legarsi alla superficie di cellule batteriche patogene. Questi microrganismi,ora rivestiti di anticorpi,sono facilmente eliminati per fagocitosi. In un processo noto come opsonizzazione, gli anticorpi legati stimolano il legame dei macrofagi ai microorganismi e quindi la fagocitosi di quest'ultimi. L'agglutinazione di batteri o virus mediata da anticorpi neutralizza efficacemente ed opsonizza i microrganismi. L'agglutinazione è resa possibile dalla presenza,sulle molecole degli anticorpi, di almeno due siti di legame per antigene ; per esempio,le IgG possono legarsi a due epìtopi identici su due cellule batteriche o su due particelle virali,legandole insieme,mentre le IgM possono legare tra loro cinque o più particelle virali o cellule batteriche. Questi grossi complessi vengono prontamente fagocitati da parte dei macrofagi. Un meccanismo simile è la precipitazione,cioè il legame crociato di molecole antigeniche solubili- molecole presenti in soluzione nei liquidi biologici- a formare precipitati immobili che vengono eliminati dai fagociti. Uno dei più importanti meccanismi effettori della risposta umorale è la fissazione del complemento,l'attivazione del sistema del complemento ad opera dei complessi antigene- anticorpo. Si ricordi che il complemento è un gruppo di 20 proteine diverse del siero che in assenza di infezione sono inattive. Tuttavia, in presenza di un'infezione,viene attivata la prima della sequenza di proteine del complemento,scatenando una cascata di reazioni di attivazione in cui ogni componente attiva quello successivo in sequenza. Al termine della cascata di reazioni di attivazione si produce la lisi di numerosi tipi di virus e cellule patogene. La lisi ad opera del complemento può essere prodotta in 2 modi. La via classica ( così detta perché fu scoperta per prima) è attivata da anticorpi legati all'antigene ed è quindi importante nella risposta immunitaria umorale ; la via alternativa viene invece attivata da sostanze presenti naturalmente su numerosi tipi di batteri,cellule di lievito,virus e protozoi parassiti. Essa non implica la partecipazione di anticorpi e quindi è un tipo importante di difesa aspecifica. La via classica inizia quando gli anticorpi del sistema immunitario si legano ad uno specifico invasore,come una cellula batterica. Il primo componente del complemento si pone a ponte tra due molecole di anticorpi vicine legate all'antigene ; questa associazione tra anticorpi e proteina del complemento attiva quest'ultima iniziando la cascata di attivazioni. Al termine di questa,le proteine del complemento generano un complesso di attacco alla membrana (MAC) che produce una piccola lesione (un poro) del diametro di 7-10 nm nella membrana batterica attraverso cui ioni e acqua penetrano nella cellula,causandone il rigonfiamento e la lisi. Il poro prodotto dal MAC è simile a quello generato dalle perforine prodotte dalle cellule T citotossiche. Sia nella via classica che nella via alternativa,partecipano all'infiammazione numerose proteine attivate dal complemento. Legano i basofili e le mastcellule,alcune di queste proteine attivano la liberazione di istamina,la molecola segnalatrice della presenza di lesioni che attiva la dilatazione e aumenta la permeabilità dei vasi ematici. Numerose proteine del complemento attive sono anche capaci di attrarre i fagociti nel sito della lesione. Inoltre, una delle proteine del complemento attivate può causare opsonizzazione : copie di questa proteina rivestono la superficie dei batteri e,come gli anticorpi,stimolano la fagocitosi. Fornendo un ultimo esempio del lavoro di squadra dei sistemi di difesa dell'organismo,anticorpi,complemento e fagociti agiscono insieme in un fenomeno noto come aderenza immunitaria . Microrganismi rivestiti di anticorpi e proteine del complemento aderiscono alla parete dei vasi ematici rendendo le cellule patogene facile preda delle cellule fagocitarie circolanti nel sangue. Abbiamo così visto che gli anticorpi facilitano la fagocitosi da parte dei macrofagi in modi diversi. Teniamo presente che la fagocitosi rende i macrofagi capaci di agire come APC stimolando le cellule T helper le quali,a loro volta, stimolano le cellule B i cui anticorpi sono implicati nella fagocitosi. Così, un meccanismo di retroazione positiva collega tra loro la risposta immunitaria aspecifica e quella specifica,dando come risultato una risposta complessiva coordinata ed efficace in un'infezione attiva.
Gli invertebrati possiedono un sistema immunitario rudimentale
Sebbene in questa ampia panoramica sono stati descritti i meccanismi immunitari dei vertebrati,anche gli animali invertebrati mostrano meccanismi molto efficaci di difesa dell'ospite che senza dubbio hanno contribuito al successo evolutivo di questi animali. La capacità di distinguere il self dal non self,è già sviluppata in animali filogeneticamente antichi come le spugne. Se mescoliamo le cellule di due spugne della medesima specie,le cellule di ciascuno dei due individui si associano,aggregandosi tra loro ed escludendo quelle provenienti dall'altro. Anche numerosi invertebrati hanno la capacità di eliminare ciò che viene riconosciuto come non self soprattutto attraverso la fagocitosi. Per esempio,nelle stelle marine,cellule ameboidi note come celomociti fagocitano materiali estranei. Inoltre,gli immunologi hanno iniziato a trovare citochine anche negli invertebrati. Per esempio,come i macrofagi dei mammiferi,i celomociti delle stelle marine producono interleuchina- 1 allorché inglobano materiale estraneo. La IL-1 favorisce la risposta di difesa dell'animale stimolando la proliferazione dei celomociti e attraendo altri celomociti nell'area. Gli invertebrati dipendono dai meccanismi di difesa innati aspecifici piuttosto che dai meccanismi acquisiti antigene- specifici come quelli che nei vertebrati si basano sulla funzione dei linfociti. Tuttavia,certi invertebrati possiedono cellule simili ai linfociti che producono molecole simili agli anticorpi. Per esempio,gli insetti possiedono una proteina dell'emolinfa detta emolina che lega i microbi e contribuisce alla loro eliminazione. L'emolina è un membro della superfamiglia delle immunoglobine,il vasto gruppo di proteine strutturalmente correlate agli anticorpi. Le molecole dell'emolina non mostrano diversità ma sono probabili precursori evolutivi degli anticorpi dei vertebrati. Gli invertebrati non mostrano le caratteristiche dell'immunità acquisita- la memoria immunologica. Per esempio,i celomociti delle stelle marine rispondono alla presenza di un particolare microbo con la stessa velocità,indipendentemente dal numero di volte che essi hanno precedentemente incontrato tale invasore. Tuttavia,i lombrichi sembrano avere una sorta di memoria immunologica. Quando una porzione della parete del corpo viene innestata da un verme all'altro,le cellule fagocitarie del ricevitore attaccano il tessuto estraneo. Il tessuto innestato viene rigettato in circa 2 settimane,mentre un secondo innesto proveniente dal medesimo donatore viene rigettato in pochi giorni. Studi comparati sui sistemi immunitari degli animali continuano a fornire dati sullo sviluppo e l'evoluzione dei meccanismi di difesa dell'ospite e,più in generale,indizi sui modelli evolutivi di questi.
L'immunità nella salute e nelle malattie
Man mano che aumentano le nostre conoscenze sul sistema immunitario dei vertebrati noi arricchiamo la nostra comprensione delle guerre combattute nel nostro organismo contro le infezioni e il cancro,il consolidarsi dell'immunità a lungo termine e la sua reazione nei confronti delle trasfusioni di sangue e dei trapianti di tessuto. Aumentano anche le nostre conoscenze sulla patogenesi,la prevenzione e il trattamento di numerose malattie,tra cui i disordini del sistema immunitario.
L'immunità può instaurarsi naturalmente o artificialmente
L'immunità conferita dalla guarigione da una malattia infettiva quale la varicella è detta immunità attiva poiché dipende dalla risposta del sistema immunitario del soggetto infettato. In questo caso,come in tutte le infezioni, l'immunità attiva è acquisita naturalmente ; tuttavia l'immunità attiva può anche essere acquisita artificialmente attraverso l'immunizzazione,nota anche come vaccinazione . I vaccini possono consistere in tossine batteriche inattivate, microrganismi patogeni uccisi oppure vivi ma attenuati ; questi agenti non sono più in grado di produrre la malattia,tuttavia mantengono la capacità di agire come antigeni stimolando una risposta immunitaria e,cosa più importante,la memoria immunologica. Una persona vaccinata che viene in contatto con il relativo patogeno sviluppa la medesima rapida risposta difensiva basata sulla memoria immunologica di una persona che aveva già contratto la malattia. L'immunizzazione routinaria dei neonati e dei bambini più grandi ha ridotto drasticamente l'incidenza di malattie infettive come il morbillo e la pertosse e ha portato altresì alla eradicazione del vaiolo,una malattia virale che provocava gravi danni al volto e spesso era mortale. Sfortunatamente,non tutti gli agenti infettivi possono essere facilmente tenuti sotto controllo attraverso la vaccinazione. Per esempio,sebbene i ricercatori stiano lavorando intensamente a sviluppare un vaccino contro l'HIV,essi incontrano in questa impresa gravi problemi,come quelli legati alla variabilità antigenica del virus. Gli anticorpi possono anche essere trasmessi da un individuo all'altro,instaurando quella che è nota come immunità passiva ; ciò si verifica naturalmente quando,attraverso la placenta,l'organismo della madre passa alcuni dei propri anticorpi al feto. Inoltre,gli anticorpi IgA passano dalla madre al figlio che sta allattando al seno attraverso il latte,in particolare le prime secrezioni dette colostro. L'immunità passiva persiste però soltanto per il tempo in cui questi anticorpi permangono nell'organismo del bambino (da poche settimane a pochi mesi),ma essa fornisce protezione contro le infezioni fino a quando il sistema immunitario del bambino non abbia raggiunto un sufficiente grado di maturazione. L'immunità passiva può anche essere trasferita artificialmente somministrando anticorpi provenienti da un animale o da un essere umano già immune contro la malattia che interessa. Per esempio,nell'uomo il trattamento anti- rabbia prevede l'iniezione di anticorpi ottenuti dal sangue di soggetti vaccinati contro tale malattia. Ciò produce una immediata immunità,il che è importante in considerazione del fatto che la rabbia progredisce rapidamente,in tempi più stretti di quelli che sarebbero necessari per una normale vaccinazione. In effetti, molte persone infettate dal virus della rabbia vengono trattate in modo da sviluppare una immunità sia passiva sia attiva. Gli anticorpi inoculati combattono il virus solo per poche settimane,ma tale intervallo di tempo è sufficiente perché il sistema immunitario della persona colpita,stimolato dalla vaccinazione,risponda da solo.
La capacità del sistema immunitario di distinguere il self dal non self pone dei limiti alle trasfusioni di sangue e ai trapianti di tessuti
Oltre a distinguere da cellule proprie dell'organismo e patogeni quali batteri e virus,il sistema immunitario,all'occorrenza,combatte anche cellule appartenenti ad altri individui della stessa specie. Per esempio,un innesto di cute da un soggetto all'altro (se non sono gemelli monozigotici) apparirà in buone condizioni per 1 giorno o 2,dopodiché verrà distrutto dal sistema immunitario. Tuttavia è interessante il fatto che una madre non rigetta il feto come un tessuto estraneo. A quanto pare,la struttura della placenta gioca un ruolo fondamentale in questo tipo di accettazione. Adesso prenderemo in esame i potenziali problemi associati alle trasfusioni di sangue e ai trapianti di organo. Teniamo presente che la reazione ostile dell'organismo a una trasfusione di sangue o a un trapianto incompatibili non è un disordine del sistema immunitario,ma una normale reazione di un sistema immunitario sano esposto agli antigeni estranei.
Gruppi sanguigni & trasfusioni di sangue
Un individuo con sangue del gruppo A possiede antigeni A sulla superficie dei propri eritrociti. Qui consideriamo la molecola A come un antigene poiché può venire identificata come estranea se viene a trovarsi nell'organismo di un'altra persona,mentre il gruppo A non è antigenico per la persona cui appartiene. Analogamente,gli antigeni del gruppo B si trovano sugli eritrociti di tipo B, mentre antigeni sia di tipo A sia di tipo B si trovano sugli eritrociti di tipo AB e sono assenti sugli eritrociti di tipo O. Un individuo con sangue del gruppo A non produrrà naturalmente anticorpi contro antigeni A mentre li produrrà contro il sangue di gruppo B anche se esso non è mai stato esposto angli antigeni di tipo B. Può apparire strano il fatto che nell'organismo esistano anticorpi contro gli antigeni dei gruppi sanguigni differenti anche in assenza di trasfusione di sangue incompatibile. In realtà questi anticorpi rappresentano la risposta a batteri ( la normale flora batterica) che possiedono epìtopi molto simili agli antigeni di questi gruppi sanguigni. Quindi,un soggetto con sangue di tipo A non produce anticorpi contro epìtopi batterici di tipo A- il sistema immunitario considera tali antigeni come self- mentre esso produrrà anticorpi contro epìtopi batterici di tipo B. Quindi,se una persona con sangue di tipo A riceve una trasfusione di sangue di tipo B,i preesistenti anticorpi anti-B indurranno un'immediata e devastante reazione contro la trasfusione. Poiché gli antigeni dei gruppi sanguigni sono polisaccaridi,essi inducono risposte T-indipendenti che non coinvolgono cellule della memoria. Per effetto di ciò,ogni risposta ha sempre le caratteristiche di una risposta primaria e genera anticorpi anti-gruppo sanguigno del tipo IgM,non IgG. Questa è una circostanza fortunata ; poiché le IgM non attraversano la barriera placentare,la loro presenza nel sangue materno non rappresenta un pericolo per il feto in via di sviluppo che possieda un gruppo sanguigno diverso da quello della madre. Tuttavia,un altro antigene eritrocitario ,il fattore Rh,è capace di causare problemi poiché gli anticorpi prodotti contro di esso appartengono alla classe IgG. Una situazione potenzialmente pericolosa può nascere quando una madre Rh- negativa (priva del fattore Rh) porta in grembo un feto Rh- positivo che ha ereditato tale fattore dal padre. La madre sviluppa anticorpi contro il fattore Rh quando,di solito a gravidanza avanzata o durante il parto,piccole quantità di sangue fetale attraversano la barriera placentare. In questo caso la madre sviluppa una risposta umorale T- dipendente contro il fattore Rh. Il pericolo riguarda le gravidanze successive con feti Rh- positivi,quando le cellule B materne della memoria Rh- specifiche vengono esposte al fattore Rh del feto. Queste cellule B producono anticorpi della classe IgG che possono attraversare la placenta e distruggere i globuli rossi del feto. Per prevenire questa eventualità,occorre somministrare alla madre anticorpi anti- Rh dopo il parto del primo bambino Rh- positivo. In questo modo essa viene immunizzata passivamente (artificialmente) in modo da eliminare l'antigene Rh prima che il proprio sistema immunitario possa rispondere contro il fattore Rh,danneggiando il feto Rh positivo nella seconda gravidanza.
Innesti di tessuto & trapianti di organo
Il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC),che codifica la specifica “impronta digitale” caratteristica di ogni individuo,è responsabile del rigetto degli innesti di tessuto e di trapianti di organo. Le molecole dell'MHC estranee sono antigeniche e inducono una risposta immunitaria diretta contro il tessuto o l'organo trapiantato. Per ridurre al minimo questa reazione di rigetto,si cerca di utilizzare soggetti donatori che abbiano MHC più simile possibile a quello del ricevitore. In assenza di un gemello monozigotico,si utilizzano come donatori fratelli di sangue,che di solito presentano il gruppo tissutale più affine. Oltre alla necessità di utilizzare come donatore un soggetto con la massima somiglianza di gruppo tissutale,per sopprimere la risposta immunitaria contro il tessuto trapiantato è necessario l'uso di vari farmaci. Tuttavia questa strategia lascia il soggetto che riceve l'organo più suscettibile allo sviluppo di infezioni e del cancro nel corso del trattamento. L'uso di farmaci immunosoppressori più selettivi,quali la ciclosporina A e l'FK 506,che sopprimono l'attivazione delle cellule T helper senza compromettere le specifiche difese o le risposte umorali T- indipendenti hanno considerevolmente migliorato il tasso di successo dei trapianti di organi. In un tipo di trapianto salva- vita,quello di midollo osseo, è il tessuto trapiantato stesso,piuttosto che l'ospite,la fonte di un possibile rigetto. I trapianti di midollo osseo trovano impiego nel trattamento delle leucemie e di altri tipi di cancro oltre che di altre malattie ematologiche che coinvolgono cellule ematiche. Come in qualsiasi trapianto,l'MHC dell'individuo donatore e di quello ricevente devono essere quanto più possibile compatibili. Di norma, prima del trapianto il soggetto ricevente viene irradiato per eliminare dal proprio midollo osseo tutte le cellule,comprese quelle anomale. Tale trattamento effettivamente azzera la funzionalità del sistema immunitario che quindi difficilmente può mettere in atto una reazione di rigetto del trapianto. Tuttavia il pericolo maggiore nei trapianti di midollo osseo è che i linfociti del tessuto trapiantato reagiscono contro gli antigeni del soggetto ricevente. Questa reazione trapianto contro ospite è limitata se le molecole dell'MHC del donatore e del ricevente sono tra loro corrispondenti. I programmi internazionali di trapianto di midollo osseo cercano continuamente nel mondo volontari ; infatti, a causa della grande variabilità dell'MHC,è essenziale poter disporre di un gruppo diversificato di potenziali donatori.
L'anomalo funzionamento del sistema immunitario può determinare malattie
L'interazione altamente regolata dei linfociti con sostanze estranee,tra di loro e con altre cellule dell'organismo,ci fornisce una straordinaria protezione nei confronti di numerose malattie. Tuttavia,se questo delicato equilibrio viene compromesso da un qualsiasi malfunzionamento del sistema immunitario,gli effetti sull'individuo possono andare dagli inconvenienti di minore importanza rappresentati da certe allergie,fino alle conseguenze gravi e spesso fatali di certe malattie autoimmuni o da immunodeficienza.
Allergie
Le allergie sono condizioni di ipersensibilità delle difese dell'organismo a certi antigeni presenti nell'ambiente detti allergeni . Una possibile spiegazione biologica delle allergie ipotizza che esse siano residui evolutivi della risposta del sistema immunitario a vermi parassitici. Il meccanismo di difesa umorale che combatte i vermi è molto simile alla risposta che causa allergie quali la febbre da fieno o l'asma. Le più comuni allergie implicano il coinvolgimento di anticorpi della classe IgE . Per esempio,la febbre da fieno si verifica quando le plasmacellule secernono molecole di IgE specifiche per gli allergeni del polline. Certi anticorpi della classe IgE si attaccano attraverso lo “stelo” alle mastcellule presenti nei tessuti connettivi senza legarsi agli antigeni del polline ; successivamente,quando granuli pollinici penetrano nell'organismo,essi si legano ai siti di legame per l'antigene delle IgE associate alle mastcellule, formando legami crociati tra molecole di IgE associate alla mastcellula. Questo evento induce le mastcellule a degranularsi cioè a liberare istamina e altri agenti infiammatori da vescicole dette granuli. Si ricordi che l'istamina causa dilatazione e aumento della permeabilità dei piccoli vasi sanguigni. Questi eventi infiammatori provocano i tipici sintomi dell'allergia : starnuti,rinorrea, lacrimazione e contrazioni della muscolatura liscia che possono produrre difficoltà respiratorie. Gli antistaminici sono farmaci che interferiscono con l'azione dell'istamina. Talvolta,una risposta allergica acuta può produrre uno shock anafilattico,una reazione potenzialmente mortale all'iniezione o all'ingestione di allergeni. Lo shock anafilattico si verifica quando la degranulazione delle mastcellule stimola l'improvvisa dilatazione dei vasi sanguigni periferici causando una rapida diminuizione della pressione ematica, con conseguente morte entro pochi minuti. La risposta allergica al veleno delle vespe o alla penicillina può produrre uno shock anafilattico in persone che sono estremamente allergiche a queste sostanze. Analogamente,soggetti altamente allergici a certi alimenti,quali le noccioline americane o il pesce,sono morti per aver ingerito minuscole quantità di questi allergeni. Certi individui con tali gravi ipersensibilità portano con sé siringhe contenenti una soluzione di adrenalina,un ormone capace di opporsi ai sintomi di una risposta allergica.
Malattie autoimmuni
Talvolta,il sistema immunitario cessa di funzionare correttamente e si rivolta contro il self causando una delle molte malattie dette autoimmuni . Nel lupus eritematoso sistemico,per esempio,i soggetti colpiti sviluppano una reazione immunitaria contro componenti delle proprie cellule,in particolare istoni e DNA,liberati dalla normale rottura delle cellule dell'organismo. Il lupus è caratterizzato da rash cutanei,febbre,artrite e disfunzioni renali. Un'altra malattia autoimmune mediata da anticorpi,l'artrite reumatoide,causa danni e infiammazione dolorosa del tessuto cartilagineo e osseo delle articolazioni. Nel diabete mellito insulino- dipendente le cellule beta pancreatiche produttrici dell'insulina sono il bersaglio di risposte autoimmuni cellulo- mediate. Un ultimo esempio è quello della sclerosi multipla (MS),la più comune malattia neurologica cronica nei paesi sviluppati. Nella MS,cellule T reattive contro la mielina si infiltrano nel sistema nervoso centrale distruggendo il rivestimento mielinico dei neuroni. I pazienti affetti da MS lamentano numerose gravi anomalie neurologiche. I meccanismi che conducono alle reazioni autoimmuni non sono ben compresi. Per lungo tempo si è creduto che le persone affette da malattie autoimmuni differissero da quelle sane per il fatto di possedere linfociti reattivi contro il self casualmente sfuggiti ai meccanismi di eliminazione attivi durante lo sviluppo fetale. Oggi sappiamo che anche le persone sane possiedono linfociti capaci di reagire contro il self ; tuttavia,a queste cellule è impedito di indurre reazioni autoimmuni da numerosi meccanismi di regolazione. Un dato interessante è che l'ereditarietà di particolari alleli MHC è associata alla suscettibilità a certe malattie autoimmuni come il diabete mellito insulino- dipendente.
Malattie da immunodeficienza
Esistono almeno altrettante malattie da immunodeficienza quanti sono i componenti del sistema immunitario. Molti deficit innati colpiscono il funzionamento delle difese immunitarie sia umorali sia cellulo- mediate. Nella immunodeficienza combinata grave (SCID dall'inglese Severe Combined Immuno Deficiency) si riscontra un mancato funzionamento di entrambi i rami del sistema immunitario. La sopravvivenza a lungo termine con questa malattia di solito richiede un trapianto di midollo osseo che assicuri un continuo rifornimento di linfociti funzionanti. Per un tipo di SCID,causato dal deficit dell'enzima adenosina deaminasi (ADA),i ricercatori stanno lavorando per sviluppare un protocollo di terapia genica in cui le cellule proprie del paziente vengono rimosse,fornite di un gene per l'ADA funzionante e reimpiantate nell'organismo. Questo trattamento dovrebbe eliminare il pericolo della reazione trapianto contro ospite. Tuttavia,i risultati ottenuti fino ad oggi sono equivoci perché ai pazienti sono state somministrate anche dosi supplementari dell'enzima. Anche la terapia genica effettuata su alcuni pazienti affetti da un altro tipo di SCID ha fornito risultati non chiari. Non sempre l'immunodeficienza è una condizione innata,un individuo può sviluppare una disfunzione immunitaria in un tempo successivo. Per esempio,certi cancri, in particolare il morbo di Hodgkin,in cui si ha un danno al sistema linfatico, deprimono il sistema immunitario. Un'altra ben nota e devastante immunodeficienza del sistema immunitario,l'AIDS,la tratteremo successivamente. La funzione immunitaria di un individuo sano sembra dipendere dal funzionamento sia dell'apparto endocrino sia del sistema nervoso. Circa 2.000 anni fa,il medico greco Galeno annotò che le persone che soffrivano di depressione erano più inclini ad ammalarsi di cancro delle persone normali. In effetti un numero crescente di prove indicano che stress emotivi e fisici possono compromettere le risposte immunitarie. Gli ormoni secreti dalle ghiandole surrenali durante gli stati di stress influenzano il numero di linfociti e possono deprimere il sistema immunitario anche in altri modi. L'associazione tra stress emotivi e funzionalità del sistema immunitario coinvolge anche il sistema nervoso. Certi neurotrasmettitori secreti quando siamo rilassati e felici possono favorire il funzionamento del sistema immunitario. In uno studio,fu preso in esame un gruppo di studenti al termine delle vacanze e prima degli esami finali ; durante la settimana di esami,i sistemi di difesa di questi studenti risultarono indeboliti sotto molti aspetti,per esempio i livelli di interferone si presentavano abbassati. Queste e altre osservazioni indicano che lo stato generale di salute e quello mentale influenzano le risposte immunitarie. Anche evidenze fisiologiche suggeriscono l'esistenza di una correlazione diretta tra sistema nervoso e sistema immunitario : sulla superficie dei linfociti sono stati scoperti recettori per neurotrasmettitori,inoltre una rete di fibre nervose penetra in profondità all'interno del timo.
L'AIDS è una malattia da immunodeficienza causata da un virus
Nel 1981,il personale sanitario degli Stati Uniti notò l'aumento della frequenza con cui si presentavano il sarcoma di Kaposi,un cancro della cute e dei vasi sanguigni e la polmonite da Pneumocystis carinii,un protozoo. L'aumento dell'incidenza di queste malattie era significativo a causa della loro rarità nella popolazione ; tuttavia era noto che queste malattie si verificano con una certa frequenza nei soggetti gravemente immunosoppressi. Queste osservazioni portarono al riconoscimento di un disordine del sistema immunitario che fu denominato sindrome da immunodeficienza acquisita,o AIDS,dall'inglese Acquired ImmunoDeficiency Syndrome. Le persone affette dall'AIDS sono estremamente suscettibili alle malattie opportunistiche,infezioni e tipi di cancro che traggono vantaggio dall'esistenza di un sistema immunitario al collasso. Il protozoo Pneumocystis è un organismo ubiquitario,eppure esso non causa polmonite nelle persone con un sistema immunitario sano. Le persone affette dall'AIDS muoiono a causa delle malattie opportunistiche unite ai danni neurologici e al grave decadimento fisiologico. Nel 1983 è stato identificato come agente causale dell'AIDS un retrovirus,noto come virus dell'immunodeficienza umana (HIV,dall'inglese Human Immunodeficiency Virus ) . Con un tasso di mortalità prossimo al 100%,l'HIV è il patogeno più letale tra tutti quelli noti. Gli studi molecolari effettuati su questo virus hanno rivelato che esso probabilmente si è evoluto a partire da un altro virus simile che infetta gli scimpanzè dell'Africa centrale ed è comparso nell'uomo tra il 1915 e il 1940 causando rari casi di infezione e di AIDS non riconosciuti. Esistono 2 ceppi principali del virus,HIV- 1 e HIV- 2. HIV- 1 è il ceppo maggiormente diffuso e più virulento (cioè ha più capacità di attraversare i sistemi di difesa di un organismo ospite,per poi moltiplicarsi). Entrambi i ceppi infettano cellule che portano molecole CD4 di superficie. Come sappiamo,le molecole CD4 si trovano sulla superficie delle cellule T helper e favoriscono il legame tra tali cellule e le cellule presenti l'antigene portanti l'MHC di classe II. Poiché CD4 agisce anche da recettore principale del virus,le cellule T helper sono altamente suscettibili all'infezione. Anche altri tipi cellulari che portano un numero inferiore di molecole di CD4 ,come macrofagi,certi linfociti B e cellule del cervello,sono tra le cellule infettate dall'HIV. L'ingresso del virus nelle cellule richiede la presenza sulla superficie delle cellule suscettibili non solo del CD4 ma anche di una seconda molecola proteica,un corecettore . I corecettori identificati fino ad oggi comprendono la fusina (detta anche CXCR4),presente sulle cellule T helper,e la proteina CCR5 normalmente funzionano come recettori per le chemiochine. Infatti queste molecole furono inizialmente riconosciute come corecettori dell'HIV dopo che fu scoperto che esse possono sopprimere l'infezione da HIV- 1. Apparentemente,le chemiochine si legano a questi recettori bloccando l'ingresso dell'HIV- 1. Certe persone che presentano una resistenza innata all'HIV- 1 devono questa resistenza alla presenza di recettori per le chemiochine difettivi. Essi non vengono infettati perché i loro corecettori per l'HIV sono anomali. Una volta dentro la cellula,l'RNA dell'HIV viene retrotrascritto e il DNA così prodotto viene integrato nel genoma della cellula ospite. In questa forma di provirus,il genoma virale dirige la produzione di nuove particelle virali. Poiché un retrovirus persiste in forma di provirus per tutta la vita della cellula infettata,le risposte immunitarie non possono eliminarlo dall'organismo. Tuttavia,ancora più arduo per le risposte umorali e cellulo- mediate è fare fronte ai frequenti cambiamenti causati da mutazioni che si verificano ad ogni ciclo di replicazione virale. In effetti,molte particelle di HIV prodotte in una persona infetta differiscono almeno in piccola parte dalla particella virale che aveva causato in origine l'infezione. Nonostante questi cambiamenti,il sistema immunitario ingaggia una lotta prolungata contro l'HIV. Dopo un iniziale picco,il numero di particelle virali presenti nel sangue si riduce drasticamente,mentre aumenta il tasso di anticorpi anti- HIV. La diminuizione del numero di particelle virali nel sangue è l'effetto dell'iniziale risposta immunitaria all'HIV. La presenza di anticorpi anti- HIV,che compaiono nel sangue da 1 a 12 mesi dopo l'infezione,è il mezzo più comune per identificare gli individui infetti. Una persona che sia HIV- positiva è infettata,essendo positivo al test per la presenza di anticorpi contro il virus. Il Test anticorpale per l'HIV è stato utilizzato fin dal 1985 anche per sottoporre ad esame tutti i campioni di sangue utilizzati in Italia e negli altri paesi occidentali. A causa della cronica presenza del virus,una persona continua a presentare anticorpi anti- HIV forse fino agli stadi avanzati dell'AIDS,quando i due rami del sistema immunitario collassano con la scomparsa delle cellule T helper. La precoce caduta dei livelli di HIV nel sangue può trarre in inganno. Mentre il numero di particelle virali circolanti può essere basso,i virus continuano a essere prodotti nelle cellule dei linfonodi,causandovi danni strutturali e funzionali. Nel tempo,la concentrazione dell'HIV nel sangue ( il carico virale) aumenta. Le cause di tale aumento comprendono il blocco della funzione del tessuto linfatico,la liberazione di particelle virali da questo tessuto e la diminuizione delle risposte all'infezione a causa della deplezione delle cellule T helper. Studi recenti hanno dimostrato che,nell'infezione da HIV,le cellule T helper muoiono perché vengono a essere infettate dal virus. Questo può sembrare ovvio : spesso le cellule muoiono per effetto dell'infezione da parte di un virus ; tuttavia,per spiegare il dato della caduta del numero di cellule T helper non infettate da virus sono stati proposti altri modelli di deplezione delle cellule T. Per esempio,un modello suggerisce che interazioni HIV- mediate inducono una cellula T a entrare in apoptosi prima del tempo,un processo normalmente regolato con grande precisione. Tuttavia,anche se questo meccanismo può contribuire alla diminuizione del numero delle cellule T helper,oggi si ritiene che la causa principale di ciò sia direttamente imputabile all'infezione delle cellule. Infatti,l'emivita di una cellula T helper attivamente infettata ( che produce nuove copie di HIV) è inferiore a 1 giorno ½ . Il tempo necessario perché un'infezione da HIV progredisca fino alla condizione di grave diminuizione delle cellule T e di AIDS conclamato varia ampiamente,ma in genere è pari a circa 10 anni. Durante la maggior parte di questo tempo,il paziente mostra solo blandi sintomi della malattia,quali un aumento di volume dei linfonodi (indicante il persistere dell'attività del virus) e febbre occasionale. Le persone affette da AIDS e i loro medici curanti seguono i cambiamenti nei livelli di cellule T come un indice della progressione della malattia. Tuttavia,è stato dimostrato che le misure del carico virale sono il miglior indicatore della prognosi della malattia e dell'efficacia di un trattamento anti- HIV. Giunti a questo punto,l'infezione da HIV non può più essere curata e la progressione dell'AIDS non può più essere impedita. Nuove combinazioni di farmaci promettono di rallentare tale progressione ma queste terapie sono molto costose e non disponibili per tutti i malati. Farmaci che sembrano rallentare la replicazione virale quando sono utilizzati in varie combinazioni comprendono gli inibitori della sintesi del DNA,gli inibitori della trascrittasi inversa (come l'AZT e la ddI) e gli inibitori della proteasi. Questi ultimi impediscono una tappa chiave nella sintesi delle proteine dell'HIV. Usati insieme,questi diversi tipi di farmaci riducono il carico virale determinando di conseguenza un aumento del numero delle cellule T helper. Per i malati di AIDS sono anche importanti le numerose medicine utilizzate per trattate la miriade di malattie opportunistiche che insorgono in essi. Questi farmaci possono prolungare la vita,ma non curano l'AIDS. Il contagio da HIV avviene attraverso il trasferimento da persona a persona di liquidi corporei,quali sangue e liquido seminale,contenenti cellule infette. La maggior parte dei casi di AIDS negli Stati Uniti e in Europa può essere fatta risalire a rapporti sessuali non protetti ( effettuati cioè senza l'uso di un profilattico) tra omosessuali maschi e alla trasmissione attraverso scambi di aghi di siringa non sterili (tipicamente tra consumatori di droghe iniettate per via endovenosa). Tuttavia appare anche in rapido aumento anche la trasmissione dell'AIDS tra eterosessuali in conseguenza del diffondersi dei rapporti sessuali non protetti con partner infetti. In Africa e in Asia la trasmissione è stata determinata soprattutto da rapporti eterosessuali,particolarmente in quelle aree in cui sono diffuse anche altre malattie veneree che causano lesioni genitali che facilitano la trasmissione dell'HIV ; infatti in questi casi la barriera alla penetrazione del virus rappresentata dalla cute (la prima linea di difesa) presenta soluzioni di continuità in cui,per la reazione infiammatoria che si sviluppa,sono attratte le cellule (macrofagi e cellule T) più suscettibili all'attacco del virus. L'HIV non viene trasmesso con i normali contatti della vita quotidiana ; fino a oggi è stato riportato un solo caso di trasmissione dell'HIV attraverso il bacio,ma in questo caso,la persona che aveva trasmesso il virus sia la persona infettata con il bacio avevano gengive sanguinanti. Sebbene questo caso sia isolato,è importante ricordare che il virus può essere trasmesso ogniqualvolta vengono passate da una persona all'altra sangue o secrezioni dell'organismo. La trasmissione dell'HIV da madre a figlio può verificarsi in 2 modi : durante lo sviluppo fetale (come si verifica in circa il 25% delle madri infettate da HIV) e durante l'allattamento al seno. Nei paesi più sviluppati,le trasfusioni di sangue sono state pressoché eliminate quali causa della malattia grazie all'uso routinario del Test per gli anticorpi anti- HIV. Questo tipo di Test,tuttavia,non è in grado di assicurare al 100% che un campione di sangue sia indenne,poiché possono passare settimane o addirittura mesi prima che una persona infettata dal virus inizi a produrre anticorpi evidenziabili. Il Joint United Nations on AIDS ha stimato che alla fine del 2000 in tutto il mondo ci fossero 30-40 milioni di persone con l'HIV o con l'HIV/AIDS. Di queste,circa il 70% vivevano nell'Africa sub-sahariana. Ci si aspetta che il numero di persone con l'AIDS sia destinato a crescere di circa il 20% l'anno. Il modo migliore per rallentare la diffusione dell'HIV è l'informazione delle persone affinché conoscano le pratiche che favoriscono la trasmissione del virus,come l'uso di aghi non sterili e la pratica del sesso senza profilattico. Sebbene l'uso del profilattico non elimini completamente il rischio di trasmissione dell'HIV (o di altri virus trasmessi in modo simile,come il virus dell'epatite B) esso tuttavia lo riduce considerevolmente. Rischia l'esposizione all'HIV chiunque abbia rapporti sessuali- vaginali,orali o anali- con un partner che abbia avuto rapporti non protetti con un altro partner nei 2 decenni precedenti. La risposta immunitaria è uno dei molti processi adattivi che permettono agli animali di adattarsi alle avversità dell'ambiente.
C'è da aggiungere che : “Non c'è speranza e nessun trattamento possibile per coloro che sono già stati vaccinati . Dobbiamo essere pronti a cremare i corpi. Tutte le persone vaccinate moriranno entro 2 anni. Moriranno tutti per il potenziamento degli anticorpi. Questo è tutto ciò che si può dire”. Il Premio Nobel per la Medicina & la Biologia,Luc Antoine Montagnier,nato a Chabris (in Francia) il 18 agosto 1932,è,appunto,un medico,biologo e virologo francese, Presidente della Fondazione Mondiale per la Ricerca & Prevenzione dell'AIDS e Professore presso l'Istituto Pasteur (è una Fondazione francese non- profit dedicata allo studio della Biologia,dei microrganismi,delle malattie e dei Vaccini ; questa breve aggiunta è riferita al Falso Vaccino per il Covid) di Parigi che ha diretto e,dove nel 1983 insieme a Francoise Berré- Sinoussi (che è un'Immunologa francese che fece parte del gruppo quando fu scoperto il virus dell'AIDS) scoprì il virus dell'HIV,vincendo il Premio Nobel per la Medicina nel 2008. Cosa contiene il vaccino?
E' stato scoperto che contiene epinefrina & epipen .
Cos'è l'epinefrina ?
L'adrenalina (dal latino “ad rene” ossia “dal rene”) o chiamata anche epinefrina (DCL : è il nome unico attribuito ad ogni principio attivo ; con formula bruta o molecolare : C9 H13 NO3 ) ; è un mediatore tipico della classe dei vertebrati,un ormone (è un messaggero chimico che trasmette segnali da una cellula all'altra. Tale sostanza è prodotta da un organismo con il compito di modulare/cambiare/variare il metabolismo e/o l'attività dei tessuti e organi dell'organismo stesso) e un neurotrasmettitore (è una sostanza che veicola le informazioni fra i neuroni attraverso la trasmissione sinaptica. All'interno del neurone,i neurotrasmettitori sono contenuti in vescicole dette vescicole sinaptiche che sono addensate alle estremità distali dell'assone nei punti in cui esso contrae rapporto sinaptico con altri neuroni) che appartiene a una classe di sostanze definite catecolammine (sono composti chimici derivanti dall'amminoacido tirosina. Alcune di esse sono ammine biogeniche. Le catecolammine sono idrosolubili e sono legate per il 50% alle proteine del plasma,cosicché circolano nel sangue),contenendo nella propria struttura sia un gruppo amminico (le ammine sono composti organici contenenti azoto ; si possono considerare composti derivati dall'ammoniaca NH3 per sostituzione formale di uno,due o tre atomi di idrogeno con altrettanti gruppi alchilici o arilici) sia un orto- diidrossi- benzene,il cui nome chimico è catecolo. L'adrenalina è stata ritenuta per anni il neurotrasmettitore principale del sistema nervoso simpatico ( ha varie funzioni legate alla generica reazione di attacco e fuga mediata da 2 neurotrasmettitori : l'acetilcolina e la noradrenalina ),nonostante fosse noto che gli effetti della sua somministrazione erano differenti da quelli ottenuti tramite stimolazione diretta del simpatico. Venne isolata per la prima volta nel 1901 dal chimico Jokichi Takamine. In ambito clinico l'adrenalina è correttamente usata nella terapia dello shock anafilattico,dell'arresto cardiaco (in situazioni in cui si verifica l'assenza dell'attività cardiaca che porta alla perdita della circolazione sanguigna) e aggiunta agli anestetici locali per ritardarne l'assorbimento. Iniettata localmente tramite endoscopio può essere usata per arrestare l'emorragia dovuta a un'ulcera gastroduodenale.
I suoi effetti collaterali :
. battito pesante,accelerato o irregolare
. capogiri
. condizioni di debolezza
. senso di nausea
. nervosismo,ansia o irrequietezza
. pallore
. sudorazioni
. tremori incontrollabili
. conati di vomito ( è un fenomeno involontario stimolato dalla contrazione della muscolatura diaframmatica e addominale)
. difficoltà a respirare
. dolori al petto
. mal di testa
Controindicazioni & avvertenze : è controindicata per quanto riguarda :
. circa la presenza di eventuali allergie al principio attivo,ai suoi eccipienti,ai solfiti o ad altri farmaci ;
. con altri medicinali,dei fitoterapici o degli integratori già assunti in passato, ricordando anche antidepressivi (nel caso di MAO inibitori anche se è stata interrotta l'assunzione nelle 2 settimane precedenti),diuretici,derivati dell'ergot,levotiroxina,antistaminici,betabloccanti e antiaritmici ;
. nei casi in cui si soffra ( o si sia sofferto nel pregresso) di dolori al petto, depressione o altri problemi psichiatrici,malattia di Parkinson,aritmie, pressione arteriosa alta o altri problemi cardiovascolari,diabete,ipertiroidismo o artrite ;
. donne in gravidanza o durante l'allattamento ;
Cos'è l'Epipen ?
E' una soluzione fisiologica ; è un medicinale ad uso endovenoso o topico costituito da acqua per preparazioni iniettabili,ovvero acqua sterile,e da cloruro di sodio (NaCl) . Il suo pH varia tra i 4.5 e i 7.0.
Effetti indesiderati possibili :
. risposte febbrili
. infezioni dal punto di inserzione
. trombosi venose
. flebiti
Somministrare con cautela in caso di :
. ipertensione
. insufficienza cardiaca
. edema periferico
. edema polmonare
. funzionalità renale ridotta
. ritenzione di sodio
Cos'è una trombosi venosa ?
E' caratterizzata dalla formazione di un coagulo di sangue ( o trombo ) in una o più vene localizzate in profondità.
Che cos'è la trombosi venosa profonda ?
La trombosi venosa profonda è una condizione molto seria : i coaguli di sangue presenti nelle vene profonde possono infatti staccarsi ed essere trasportati fino ai polmoni,dove bloccano il flusso sanguigno causando l'embolia polmonare . Molti fattori possono aumentare il rischio di sviluppare una trombosi venosa profonda :
. rimanere seduti o sdraiati a lungo (ad esempio durante un viaggio aereo o un ricovero in ospedale) ;
. malattie ereditarie che compromettono la corretta coagulazione del sangue ;
. traumi o interventi chirurgici ;
. il sovrappeso e l'obesità ;
. il fumo ;
. la gravidanza ;
. l'assunzione della pillola anticoncezionale ;
. terapie ormonali sostitutive ;
. alcune forme di cancro ;
. un arresto cardiaco ;
. essere portatori di pacemaker ;
. cateteri inseriti in una vena e casi di trombosi in famiglia ;
La trombosi venosa profonda è causata dalla formazione di un coagulo di sangue in una o più vene localizzate in profondità,vicino ai muscoli. La formazione di questo coagulo può essere associata ad alterazioni della parete vascolare o del flusso del sangue,o ad un aumento della coagulazione del sangue. E' spesso asintomatica ; ma in altri può manifestarsi con gonfiore e dolore alla gamba,alla caviglia e al piede,crampi ai polpacci,riscaldamento dell'area interessata con cambiamenti del colore della pelle (pallida,arrossata o cianotica ).
Cos'è la flebite ?
Una flebite,termine più comune per tromboflebite o per trombosi venosa superficiale,indica un'infiammazione di una vena che si può manifestare a causa di un trombo che ostruisce una o più vene,più spesso a carico degli arti inferiori, anche se ogni vena può essere colpita. Se la vena colpita è in superficie si parla di tromboflebite superficiale,mentre se è profonda e all'interno di un muscolo, è trombosi venosa profonda,situazione ancora molto più grave che pone il paziente a rischio di complicazioni potenzialmente letali,come l'embolia polmonare ( EP ; è l'ostruzione acuta di uno o più rami dell'arteria polmonare, da parte di materiale embolico proveniente dalla circolazione venosa sistemica ).
Cos'è un edema polmonare ?
E' una condizione causata da un eccesso di liquidi nei polmoni. Accumulandosi all'interno degli alveoli,le strutture in cui avvengono gli scambi di ossigeno tra l'aria e il sangue,i fluidi causano problemi respiratori . Nella maggior parte dei casi l'edema polmonare è causato da problemi cardiaci ( comprese malattie coronariche),cardiopatie,problemi alle valvole cardiache e ipertensione. I liquidi,però,possono accumularsi anche a causa di :
. infezioni ai polmoni
. malattie renali
. inalazioni di fumi tossici
. farmaci
. uno scampato annegamento o sindrome da stress respiratorio acuto
Cos'è l'edema periferico ?
E' il gonfiore causato dall'accumulo di abnormi quantità di liquido linfatico nei tessuti. Riguarda gli arti inferiori- caviglie,piedi e gambe- ma può interessare anche il viso e le mani. L'edema è un sintomo,non una malattia .
Dopo una panoramica sui possibili effetti oltre che indesiderati anche letali...NON vaccinatevi,questo falso vaccino NON è sicuro,NON è stato testato,anzi...lo stanno TESTANDO sulle persone per provare i suoi effetti letali,lo è stato dimostrato anche in passato che per la creazione e lo studio di un Vaccino...occorrono anni di ricerche,di modifiche,perciò...NON credete a ciò che dicono! Inoltre,come abbiamo già visto….l'organismo si sa benissimo difendere da solo !
Vediamo adesso come e tutti i metodi che il nostro organismo (e anche quello degli animali) adotta per difendersi dagli attacchi esterni di virus e batteri che sono presenti nell'aria,nell'acqua,e nell'ambiente che ci circonda.
Meccanismi di difesa aspecifici contro le infezioni
Un microrganismo invasore deve penetrare attraverso una barriera esterna formata dalla cute e dalle membrane mucose che ricoprono la superficie e rivestono le aperture del corpo di un animale. Se ha successo in questo, il patogeno incontra la seconda linea delle difese aspecifiche : una serie di meccanismi coordinati che comprendono la fagocitosi,la risposta infiammatoria e l'azione di proteine antimicrobiche.
Le membrane rappresentate da pelle e mucose costituiscono una prima barriera contro le infezioni
La cute intatta rappresenta una barriera normalmente invalicabile per batteri o virus,sebbene soluzioni di continuità anche minuscole di questa possono consentirne l'attraversamento da parte di microorganismi. Analogamente, le membrane mucose che rivestono il tratto digerente,respiratorio e urogenitale impediscono l'ingresso di microbi potenzialmente nocivi. Oltre a svolgere un ruolo di barriere difensive,cute e membrane mucose sono in grado di affrontare i microorganismi patogeni con difese chimiche. Nell'uomo,per esempio, la secrezione delle ghiandole sebacee e sudoripare conferisce alla cute un pH che può variare da 3 a 5,abbastanza acido da impedire la crescita di molti microorganismi. (I batteri che costituiscono la normale flora della cute sono adatti a questo ambiente acido e relativamente secco). La colonizzazione da parte di microorganismi è impedita anche dall'azione di lavaggio della saliva, delle lacrime e delle secrezioni mucose che bagnano continuamente la superficie esposta degli epiteli ; inoltre,queste secrezioni contengono varie proteine con azione antimicrobica. Una di queste proteine è il lisozima, un enzima che attacca la parete cellulare di numerosi batteri distruggendo molti microbi penetrati nella parte superiore dell'apparato respiratorio e nelle aperture che circondano gli occhi. Anche il muco,il fluido viscoso secreto dalle cellule delle membrane mucose,contribuisce a intrappolare i microrganismi e le altre particelle con cui viene a contatto. I microbi che penetrano nella parte superiore dell'apparto respiratorio spesso vengono catturati nel muco e quindi fagocitati oppure espulsi. Le cellule epiteliali specializzate fornite di ciglia che rivestono la superficie della trachea respingono verso l'esterno i microbi e le altre particelle intrappolate nel muco impedendo loro di penetrare nei polmoni. I microbi presenti negli alimenti e nell'acqua o intrappolati nel muco inghiottito proveniente dalla parte superiore del tratto respiratorio debbono attraversare il succo gastrico fortemente acido,prodotto dalle cellule della mucosa dello stomaco, che distrugge la maggior parte dei microrganismi prima che essi penetrino nel tratto intestinale. Tuttavia esistono eccezioni : per esempio,il virus A dell'epatite è uno dei numerosi patogeni capaci di sopravvivere all'acidità del succo gastrico che penetrano nell'organismo attraverso il tratto digerente.
Cellule fagocitarie,infiammazione e proteine antimicrobiche sono attivate precocemente nelle infezioni
I microrganismi che attraversano la prima linea di difesa,per esempio quelli che penetrano nell'organismo attraverso una soluzione di continuità della cute, vengono affrontati dalla seconda linea di difesa. I meccanismi di difesa aspecifica interni all'organismo dipendono soprattutto dalla fagocitosi, l'ingestione di particelle da parte di certi tipi di leucociti. Come vedremo, la funzione fagocitaria è intimamente associata all'attivazione di un'efficace risposta infiammatoria e anche alla presenza di certe proteine antimicrobiche. Questi meccanismi aspecifici contribuiscono a limitare la diffusione dei microrganismi prima ancora dell'intervento delle specifiche risposte immunitarie.
Cellule fagocitarie & natural killer
Le cellule fagocitarie,dette neutrofili,costituiscono dal 60 al 70% di tutti i globuli bianchi ( i leucociti). I neutrofili lasciano il torrente circolatorio attratti dai segnali chimici liberati dalle cellule danneggiate dai microrganismi invasori ; quindi essi penetrano nel tessuto infettato fagocitando e distruggendo i microbi. (Questa migrazione in direzione della sorgente di una sostanza chimica attraente è detta chemiotassi ). I neutrofili,tuttavia, tendono ad autodistruggersi nel momento in cui essi eliminano gli invasori estranei e la loro vita media è soltanto di pochi giorni. I monociti sebbene costituiscano solo il 5% circa dei leucociti,rappresentano una difesa fagocitaria ancora più efficace. Dopo la loro maturazione,i monociti circolano nel sangue per poche ore, quindi migrano nei tessuti dove si accrescono sviluppandosi in grandi macrofagi ( “o grossi divoratori”). I macrofagi,le più grandi cellule fagocitarie,sono cellule particolarmente efficaci e a lunga vita. Queste cellule ameboidi estendono lunghi pseudopodi che si legano alle molecole polisaccaridiche sulle superficie dei microrganismi. Un macrofago ingloba un microbo all'interno di un vacuolo che quindi si fonde con un lisosoma. Il lisosoma ha 2 modi per uccidere il microbo intrappolato al suo interno. In primo luogo può generare forme tossiche dell'ossigeno ; oggi si ritiene che due di queste,l'unione superossido e l'ossido di azoto,siano i principali agenti antimicrobici dei fagociti. In secondo luogo,enzimi lisosomiali,tra cui il lisozima,digeriscono componenti microbici. E' interessante il fatto che certi microrganismi abbiano evoluto meccanismi per sfuggire alla distruzione da parte dei fagociti ; certi batteri,per esempio, possiedono speciali capsule esterne che consentono loro di sfuggire alla presa dei macrofagi,mentre altri,come il Mycobacterium tuberculosis,vengono facilmente inglobati ma hanno sviluppato una resistenza agli enzimi litici dei fagociti e possono anche arrivare a riprodursi all'interno dei macrofagi. Questi microrganismi rappresentano un problema particolare per le difese sia specifiche sia aspecifiche dell'organismo. Certi macrofagi migrano in tutto l'organismo,mentre altri risiedono permanentemente in particolari tessuti : nei polmoni ( macrofagi alveolari),nel fegato ( cellule di Kupffer),nel rene (cellule mesangiali),nel cervello ( cellule della microglia),nei tessuti connettivi (istiociti) e specialmente nei linfonodi e nella milza,organi fondamentali del sistema linfatico. I macrofagi fissi della milza,dei linfonodi e di altri tessuti linfatici sono particolarmente ben localizzati per entrare in contatto con eventuali agenti infettivi. Microrganismi,frammenti microbici e molecole estranee che penetrano nel sangue trovano i macrofagi non appena vengono a essere intrappolate nella struttura a reticolo della milza,mentre quelli presenti nel liquido tissurale finiscono nella linfa,da dove vengono filtrati per mezzo dei linfonodi. Circa l'1.5% dei leucociti sono eosinofili. Il loro contributo principale alle difese dell'organismo si esplica nei confronti degli invasori parassitici di maggiori dimensioni,come il verme Schistosoma mansoni . Gli eosinofili si posizionano contro la parete esterna del parassita, scaricando su questo gli enzimi litici presenti nei loro granuli citoplasmatici. Queste cellule possiedono limitata attività fagocitaria. Le difese aspecifiche dell'organismo comprendono anche le cellule natural killer ( NK ). Queste cellule non attaccano i microrganismi direttamente ; piuttosto,esse distruggono cellule dell'organismo infettate da virus (e anche cellule aberranti dell'organismo che potrebbero trasformarsi in cellule cancerose). Le cellule NK non sono fagocitarie ; esse attaccano la membrana delle cellule su cui agiscono causandone la lisi (generandovi aperture).
La risposta infiammatoria
Il danno a un tessuto causato da una lesione come un escoriazione o dall'ingresso di microrganismi innesca una risposta infiammatoria localizzata. Nell'area lesa,arteriole precapillari si dilatano e venule postcapillari si costringono,aumentando l'afflusso locale di sangue. Questi eventi sono la causa del caratteristico arrossamento e del calore dell'area infiammata (da cui il termine infiammazione). Dai capillari dilatati pieni di sangue fuoriesce liquido ematico nei tessuti vicini,con formazione di edema (rigonfiamento), un altro segno caratteristico dell'infiammazione. La risposta infiammatoria è scatenata da segnali chimici,alcuni dei quali provengono dagli stessi organismi invasori. Altri,come l'istamina,sono liberati da cellule dell'organismo in risposta alla lesione del tessuto. L'istamina è prodotta da una classe di leucociti circolanti detti basofili e dalle mastcellule presenti nei tessuti connettivi. Un danno a carico di queste cellule causa la liberazione di istamina che,a sua volta,innesca una vasodilatazione locale e l'aumento della permeabilità dei capillari vicini. Leucociti e cellule dei tessuti danneggiati liberano anche prostaglandine e altre sostanze che promuovono ulteriormente il flusso ematico verso la sede della lesione. La vasodilatazione e l'aumento della permeabilità dei vasi ematici portano ai tessuti lesi anche elementi della coagulazione. La coagulazione del sangue segna l'inizio del processo di riparazione e contribuisce a bloccare la diffusione dei microbi patogeni verso altre parti dell'organismo. L'aumento locale del flusso ematico e della permeabilità capillare facilita anche la migrazione di cellule fagocitarie dal sangue ai tessuti lesi. Probabilmente, l'elemento di maggiore rilevanza dell'infiammazione- in effetti un tipo di difesa non specifica- è la fagocitosi. La migrazione dei fagociti nella zona danneggiata di solito inizia circa 1 ora dopo che si è prodotta la lesione. Fattori chemiotattici liberati dai batteri invasori nei tessuti lesi attraggono i fagociti. Questi sono attratti anche da molecole,note come chemiochine,secrete dalle cellule endoteliali dei vasi sanguigni e dei monociti. Le chemiochine sono un gruppo di circa 50 differenti proteine che si legano ai vari tipi di recettori dei leucociti inducendo numerosi altri cambiamenti importanti che accompagnano il processo infiammatorio. Per esempio,esse stimolano la formazione di forme tossiche dell'ossigeno nei lisosomi dei fagociti e la liberazione di istamina dai basofili. I neutrofili sono i primi fagociti ad arrivare nel punto di ingresso del materiale estraneo,seguiti dai macrofagi originatasi dai monociti migranti. I macrofagi non si limitano a fagocitare i patogeni e i loro prodotti ma ripuliscono anche la zona dai residui delle cellule del tessuto leso e dei neutrofili autodistruttisi nel processo di fagocitosi. Il pus,che spesso si accumula nel sito dell'infezione,consiste per la maggior parte di cellule morte e del liquido essudato dai capillari nel corso della risposta infiammatoria. Di solito,il pus viene riassorbito dall'organismo nel giro di pochi giorni. Le risposte infiammatorie descritte fino ad ora sono localizzate,come avviene per esempio nelle infezioni causate da schegge di legno o da altri traumi leggeri ; tuttavia la reazione dell'organismo a un'infezione può anche essere una risposta non specifica sistemica- cioè diffusa- a gravi danni o infezioni dei tessuti. Per esempio,le cellule danneggiate spesso emettono molecole che stimolano il rilascio di altri neutrofili dal midollo osseo. In una grave infezione,come una meningite o un'appendicite,il numero di leucociti presenti nel sangue può aumentare di più volte nel giro di poche ore dall'inizio della reazione infiammatoria. Un'altra risposta sistemica all'infezione è la febbre. Le tossine prodotte dai patogeni possono scatenare la reazione febbrile,tuttavia anche certi leucociti possono rilasciare molecole,dette pirogeni,che spostano la termoregolazione dell'organismo verso valori più alti di temperatura. Una febbre molto alta può essere pericolosa,mentre una febbre moderata contribuisce alle difese dell'organismo inibendo la crescita di alcuni microrganismi. La febbre può anche facilitare la fagocitosi e,incrementando le reazioni dell'organismo,accelerare la riparazione dei tessuti. Certe infezioni batteriche possono indurre una risposta infiammatoria abnorme che determina una condizione nota come shock settico. Questo,caratterizzato da febbre elevata e bassa pressione ematica,è la più comune causa di morte nelle unità di terapia intensiva degli Stati Uniti. Ovviamente,mentre l'infiammazione localizzata è un momento essenziale del processo che porta alla guarigione,un'infiammazione sistemica può avere conseguenze molto gravi.
Proteine antimicrobiche
Alle difese aspecifica partecipano numerose proteine,che agiscono attaccando direttamente i microrganismi o impedendone la riproduzione. E' già stato ricordato il lisozima,un enzima antimicrobico presente nelle lacrime,nella saliva e nelle secrezioni mucose. Altre proteine antimicrobiche comprendono un gruppo di almeno 20 proteine del siero,collettivamente note come sistema del complemento,responsabili di una cascata di eventi che portano alla lisi dei microrganismi. Certi componenti del complemento agiscono anche ci concerto con le chemiochine nell'attrazione delle cellule fagocitarie verso i siti dell'infezione. Le proteine del complemento sono un elemento essenziale dei sistemi di difesa specifici e aspecifici. Lo vedremo più avanti. Un altro gruppo di proteine che partecipano alla difesa aspecifica sono gli interferoni,secreti dalle cellule infettate da virus. Mentre non sembrano recare beneficio alle cellule infettate,queste proteine antivirali diffondono verso le cellule vicine inducendo in esse la produzione di altre sostanze che inibiscono la riproduzione virale. In questo modo,gli interferoni limitano la diffusione di una cellula all'altra dei virus nell'organismo,contribuendo al controllo di infezioni virali come il raffreddore e l'influenza. Questo meccanismo di difesa non è virus- specifico ; gli interferoni prodotti in risposta a un ceppo virale conferiscono resistenza a breve termine anche nei confronti di altri tipi di virus non correlati. Oltre al ruolo svolto come agente antivirale,un tipo di interferone attiva i fagociti aumentandone la capacità di ingerire e digerire i microrganismi. Oggi gli interferoni vengono prodotti in modo massiccio grazie alla tecnologia del DNA ricombinante e sono sotto sperimentazione clinica per il trattamento delle infezioni virali e del cancro. Riassumiamo i sistemi di difesa aspecifici dell'organismo :
. La prima linea di difesa,comprendente cute e membrane mucose,impedisce l'ingresso nell'organismo alla maggior parte dei patogeni ;
. La seconda linea di difesa utilizza fagociti,cellule NK,proteine antimicrobiche e le risposte infiammatorie come armi dirette contro quei patogeni che siano riusciti a penetrare nell'organismo. Queste due linee di difesa sono dette aspecifiche poiché non sono in grado di discriminare tra specie diverse di agenti patogeni.
Come nasce l'immunità specifica
Mentre i microrganismi subiscono l'attacco delle cellule fagocitarie,della risposta infiammatoria e delle proteine antimicrobiche essi finiscono inevitabilmente per incontrare i linfociti,le cellule fondamentali del sistema immunitario- la terza linea di difesa dell'organismo. I linfociti rispondono a questo contatto generando risposte immunitarie efficienti e selettive attive in tutto l'organismo ai fini dell'eliminazione di quel particolare invasore. Si tenga presente che le cellule del sistema immunitario rispondono in modo simile a cellule trapiantate e anche alle cellule cancerose,che esse riconoscono come estranee.
I linfociti forniscono specificità e varietà al sistema immunitario
Nell'organismo dei vertebrati sono presenti 2 classi principali di linfociti : i linfociti B (cellule B) e i linfociti T (cellule T). Come i macrofagi,entrambi i tipi di linfociti circolano nel sangue e nella linfa e sono concentrati nella milza, nei linfonodi e in altri tessuti linfatici. Poiché i linfociti riconoscono e rispondono alla presenza di particolari microrganismi e di molecole estranee, si dice che essi possiedono specificità. Una molecola estranea che uscita una particolare risposta da parte dei linfociti è detta antigene. Gli antigeni comprendono molecole appartenenti a virus,batteri,funghi,protozoi e vermi parassiti. Le molecole antigeniche si trovano anche sulla superficie di materiali estranei quali polline e tessuti trapiantati. Le cellule T e le cellule B sono specializzate per tipi differenti di antigeni e sono responsabili di azioni di difesa diverse ma complementari,come vedremo più avanti. Un modo in cui gli antigeni provocano una risposta immunitaria è attraverso l'attivazione delle cellule B a secernere proteine dette anticorpi. Il termine antigene è la contrazione dell'espressione inglese “antibody-generator”. La molecola di ogni antigene ha una particolare forma e stimola alcune cellule B a secernere anticorpi che interagiscono specificamente con esso. Infatti,le cellule B e T sono in grado di distinguere tra antigeni con forme molecolari anche solo di poco differenti. Così,al contrario delle difese aspecifiche,il sistema immunitario si attiva contro invasori specifici. Il mezzo attraverso cui le cellule B e le cellule T riconoscono specifici antigeni è dato dai loro recettori per gli antigeni legati alla membrana citoplasmatica. In effetti,i ricettori delle cellule B sono versioni transmembrana e di molecole anticorpali e spesso vengono indicati come anticorpi di membrana (o immunoglobine di membrana). I recettori degli antigeni presenti su una cellula T,detti recettori delle cellule T,sono strutturalmente correlati agli anticorpi di membrana e riconoscono gli antigeni con la stessa specificità. Tuttavia,a differenza degli anticorpi,i recettori delle cellule T non vengono mai prodotti in una forma destinata alla secrezione. Un singolo linfocita T o B porta circa 100.000 recettori per l'antigene,tutti esattamente della stessa specificità. La particolare struttura di un recettore di un linfocita è determinata da eventi genetici che si verificano nel linfocita stesso durante le fasi iniziali del suo sviluppo. Quando una cellula non specializzata si differenzia in un linfocita B o T,segmenti dei geni per gli anticorpi o per i ricettori vengono legati assieme attraverso un tipo di ricombinazione genetica, con la produzione di un singolo gene funzionale per ognuna delle catene polipeptidiche che costituiscono un anticorpo o un recettore degli antigeni. Questo processo,che si verifica prima di qualsiasi contatto con gli antigeni estranei,crea un'enorme varietà di cellule T o B nell'organismo,ognuna delle quali porta recettori per gli antigeni di particolare specificità. Grazie a questa diversità di linfociti,il sistema immunitario ha la capacità di rispondere a milioni di differenti molecole antigeniche (anche a quelle che non esistono ancora) e quindi a milioni di differenti patogeni potenziali.
Gli antigeni interferiscono con linfociti specifici inducendo risposte immunitarie e la memoria immunologica
Sebbene incontri una vasta gamma di cellule B e T nell'organismo,un microrganismo interagisce soltanto con linfociti che portano ricettori specifici per le varie molecole antigeniche che esso espone. La “selezione” di un linfocita da parte di uno degli antigeni di un microrganismo attiva il linfocita stesso stimolandolo a dividersi e a differenziarsi. Il linfocita finisce per produrre 2 cloni di cellule. Un clone è costituito da un gran numero di cellule effettrici,a breve vita,che contrastano il medesimo antigene ; l'altro clone consiste di cellule della memoria,a lunga vita,che portano recettori specifici per il medesimo antigene. Questa clonazione di linfociti innescata dall'antigene è detta selezione clonale. La teoria della selezione clonale è così fondamentale per comprendere l'immunità che è opportuno soffermarci su di essa. Ogni antigene attiva selettivamente una piccola frazione delle cellule che costituiscono l'insieme dell'eterogenea popolazione linfocitaria dell'organismo. Questo numero relativamente modesto di cellule così selezionate genera un clone di milioni di cellule effettrici,tutte specifiche per,e finalizzate a,l'eliminazione dello specifico antigene. La proliferazione e differenziazione selettiva di linfociti che si verifica la prima volta che l'organismo si trova esposto a un antigene è la risposta immunitaria primaria. In questo tipo di risposta,tra l'esposizione a un antigene e il momento di massima produzione di cellule effettrici dai linfociti selezionati intercorre un periodo di 10-17 giorni. In questo tempo,i linfociti B e T selezionati dall'antigene generano, rispettivamente,cellule B effettrici produttrici di anticorpi,dette plasmacellule, e cellule T effettrici. Nel periodo in cui avviene lo sviluppo di queste cellule effettrici un soggetto che abbia contratto un'infezione può ammalarsi. Successivamente,i sintomi della malattia si riducono di intensità e finiscono per sparire man mano che gli anticorpi e le cellule T effettrici eliminano l'antigene dall'organismo. Se,dopo un certo tempo,il medesimo soggetto si trova esposto allo stesso antigene,la risposta risulta più rapida (solo 2-7 giorni) e prolungata dalla risposta primaria : questa è la risposta immunitaria secondaria. La misura del tasso serico di anticorpi nel tempo mostra chiaramente la differenza tra risposta immunitaria primaria e risposta secondaria. Oltre a essere più numerosi,gli anticorpi prodotti nella risposta secondaria tendono ad avere affinità per l'antigene maggiore di quella degli anticorpi prodotti nella risposta primaria. La capacità del sistema immunitario di mettere in atto la risposta secondaria è detta memoria immunologica. Come abbiamo già visto in precedenza,l'esposizione a un antigene produce non solo cellule effettrici ma anche cloni di cellule B e T della memoria a lunga vita. Le cellule della memoria sono pronte a proliferare e a differenziarsi rapidamente quando si trovano esposte nuovamente al medesimo antigene. La protezione a lungo termine che si sviluppa dopo l'esposizione a un patogeno fu riconosciuta già 2.400 anni fa dall'ateniese Tucidide,che descrisse come i malati e i morti di peste fossero accuditi da coloro che erano guariti dalla malattia,”perché nessuno era attaccato dalla malattia una seconda volta”.
Lo sviluppo dei linfociti produce un sistema immunitario capace di distinguere il self dal non self
Tutte le cellule ematiche,compresi i linfociti,originano da cellule precursori presenti nel midollo osseo o,nel caso del feto,soprattutto nel fegato. Inizialmente,tutti i linfociti sono equivalenti ; successivamente,però,essi si differenziano in cellule B o cellule T a seconda del sito in cui continuano il processo maturativo. I linfociti che migrano dal midollo osseo al timo,una ghiandola posta nella parte superiore del torace,si sviluppano in cellule T (“T” da timo) mentre quelli che restano nel midollo osseo vi continuano la propria maturazione fino a divenire linfociti B. La lettera “B” in effetti sta per borsa di Fabrizio,un organo peculiare degli uccelli in cui maturano le cellule B di questi animali e in cui questi linfociti furono scoperti per la prima volta. Tuttavia, poiché le cellule B di tutti gli altri vertebrati si sviluppano nel midollo osseo, possiamo considerare la lettera “B” come l'iniziale del termine inglese bone marrow (midollo osseo),anziché di “borsa”.
La tolleranza immunitaria per il self
Mentre le cellule B e T stanno maturando nel midollo osseo e nel timo,i loro recettori per gli antigeni vengono provati per la potenziale attività contro il sé (self ). Per la massima parte,i linfociti che portano recettori specifici per molecole già presenti nell'organismo vengono resi inattivi oppure distrutti per apoptosi (la morte cellulare programmata) ; rimangono così soltanto i linfociti reattivi contro le molecole estranee. La capacità del riconoscimento del self dal non self continua a svilupparsi anche quando le cellule migrano negli organi linfatici. Così,normalmente,l'organismo non possiede linfociti maturi in grado di reagire contro i propri costituenti. Dunque,il sistema immunitario possiede la caratteristica fondamentale dell'autotolleranza . Anomalie a carico dell'autotolleranza possono causare malattie autoimmuni come la sclerosi multipla. Come vedremo,certe molecole localizzate sulla superficie di cellule dell'organismo sono essenziali per lo sviluppo dell'autotolleranza delle cellule T, così come per l'attività delle cellule T.
Il ruolo dei marcatori cellulari di superficie nella funzione e nello sviluppo delle cellule T
I linfociti non reagiscono contro la maggior parte degli antigeni self,ma le cellule T stabiliscono cruciali interazioni con un importante gruppo di molecole, un insieme di glicoproteine (proteine con molecole di zuccheri legate) presenti sulla superficie delle cellule,codificate da una famiglia di geni noti come complesso maggiore di istocompatibilità ( MHC ). Nell'uomo,le glicoproteine MHC sono note anche come HLA (dall'inglese human leukocyte antigens – antigeni leucocitari umani ). Due classi principali di molecole MHC marcano le cellule come “self” . Le molecole MHC di classe I si trovano su tutte le cellule nucleate- quasi tutte le cellule dell'organismo- mentre le molecole MHC di classe II si trovano su pochi tipi specializzati di cellule,tra cui i macrofagi, linfociti B,linfociti T attivati e le cellule che costituiscono la parte interna del timo. Per una specie di vertebrato,esistono numerosi possibili alleli differenti per ogni gene MHC di classe I o di classe II. Le proteine MHC sono le più polimorfe tra tutte quelle conosciute. Per esempio,per effetto del grande numero di alleli differenti presenti nella popolazione umana,la maggior parte di noi è eterozigote per ognuno dei geni MHC posseduti. Inoltre è estremamente improbabile che due individui,con l'eccezione dei gemelli monozigoti,abbiano cellule caratterizzate dalla medesima serie di molecole MHC. Quindi,il sistema maggiore di istocompatibilità può essere considerato come un'impronta digitale biochimica specifica per ogni individuo. In effetti,la scoperta del sistema MHC avvenne nel corso dello studio del fenomeno dell'accoglienza e del rigetto degli innesti cutanei ; il prefisso isto- nel termine istocompatibilità ha il significato di “tessuto”. Il sistema MHC e il suo ruolo nel rigetto degli innesti cutanei da parte dell'organismo inizialmente sconcertarono i ricercatori. Perché l'organismo dei vertebrati doveva avere evoluto marcatori che impedissero a individui della stessa specie di scambiarsi tessuti? Oggi sappiamo che le molecole MHC differiscono da persona a persona a causa dal ruolo centrale da esse svolto nelle risposte immunitarie. Attraverso un processo noto come presentazione dell'antigene,una molecola MHC adatta un frammento di una proteina antigenica intracellulare nel solco a forma di amaca presente sulla sua superficie e lo “presenta” a un recettore per all'antigene esposto su una cellula T vicina. Quindi,le cellule T vengono allertate nei confronti di un agente infettivo dopo che questo è stato internalizzato da parte di una cellula (per fagocitosi o endocitosi mediata da recettore),oppure dopo che esso è penetrato e si è replicato in una cellula ( attraverso un'infezione da virus ). Esistono due tipi principali di cellule T,ognuna delle quali risponde a una delle classi di molecole MHC. Le cellule T citotossiche ( T c ) possiedono recettori per l'antigene che legano frammenti proteici (peptidi) esposti dalle molecole MHC di tipo I dell'organismo. Le cellule T helper (T H ) possiedono recettori che legano peptidi esposti dalle molecole MHC di classe II dell'organismo. Il fatto che le cellule T rispondano o no alla presenza di un agente patogeno dipende quindi dalla capacità delle molecole MHC di presentarne un frammento. Fortunatamente, qualsiasi molecola MHC può presentare una varietà di peptidi strutturalmente simili e,a causa della etorozigosi dei nostri geni MHC ognuno di noi produce 2 differenti polipeptidi MHC per gene. Esistono quindi ottime probabilità che almeno una delle 2 molecole MHC interessate sia capace di presentare almeno un frammento di un particolare agente patogeno alle nostre cellule T – e quindi di dare il via a una risposta immunitaria contro il patogeno stesso. Inoltre,le popolazioni umane traggono vantaggio dal fatto di possedere centinaia di alleli MHC differenti nel pool genico,cosicché i corredi individuali di molecole MHC variano da persona a persona. Questo polimorfismo è di tipo adattivi perché aumenta la possibilità che almeno alcuni individui di una popolazione possano sopravvivere a un'epidemia. Esaminiamo ora la distribuzione e i ruoli nell'organismo delle molecole MHC di classe I e di classe II relativamente al modo in cui esse ci difendono contro le infezioni. Le molecole MHC di classe I,presenti pressoché in tutte le cellule,hanno la funzione di presentare alle cellule T citotossiche frammenti di proteine prodotte dagli agenti invasori,di solito virus. Come vedremo meglio,le cellule T citotossiche rispondono uccidendo le cellule infettate. Poiché tutte le nostre cellule sono vulnerabili all'infezione da parte di qualche virus,l'ampia distribuzione delle molecole MHC di classe I è di importanza fondamentale per la nostra salute. D'altra parte, le molecole MHC di classe II sono prodotte soltanto da pochi tipi di cellule,principalmente macrofagi e cellule B. In questo contesto,tali cellule,dette cellule presentanti l'antigene ( APC ),ingeriscono batteri (e virus),distruggendoli. In queste cellule,le molecole MHC di classe II raccolgono i resti peptidici di questa degradazione e li presentano alle cellule T helper ; queste,in risposta,inviano segnali chimici che stimolano altri tipi di cellule a combattere l'agente patogeno. Le proteine MHC giocano un ruolo fondamentale anche nello sviluppo della tolleranza verso il self delle cellule T. Durante lo sviluppo delle cellule T nel timo,le cellule T in via di sviluppo interagiscono con altre cellule timiche che possiedono elevati livelli di molecole MHC di classe I e di classe II. Soltanto le cellule T che portano recettori ad elevata affinità per le proteine MHC del self raggiungono la maturità. Le cellule T in via di maturazione che possiedono recettori con affinità per l'MHC di classe I divengono cellule T citotossiche,mentre quelle che possiedono recettori con affinità per l'MHC di classe II divengono cellule T helper. Rivediamo ora cosa abbiamo imparato a questo punto sul sistema immunitario. Le risposte immunitarie dei linfociti B e T mostrano quattro attributi che caratterizzano il sistema immunitario nel suo complesso : specificità,diversità,memoria e la capacità di distinguere il self dal non self. Un componente di fondamentale importanza della risposta immunitaria è l'MHC : le proteine codificate da questo complesso di geni espongono una combinazione di self (la molecola MHC) e non self (il frammento di antigene) che viene riconosciuta da cellule T specifiche. Vedremo come i linfociti riconoscono sostanze estranee,e rispondono alla loro presenza generando l'immunità.
Risposte Immunitarie
Il sistema immunitario può mettere in campo 2 tipi di risposta alla presenza di antigeni : una risposta umorale e una risposta cellulo- mediata. L'immunità umorale consiste nella produzione di anticorpi che vengono secreti da certi tipi di linfociti e circolano come proteine solubili nel plasma ematico e nella linfa- fluidi corporei un tempo detti umori. Circa alla fine del XIX secolo,alcuni ricercatori effettuarono un esperimento in cui trasferirono questi liquidi da un animale guarito da un'infezione ad altri animali che non erano stati esposti all'agente infettante. Essi trovarono che per un breve tempo questi ultimi animali risultavano protetti dall'infezione. I ricercatori avevano trasferito l'immunità umorale (anticorpi) da un animale all'altro. Essi trovarono anche che l'immunità per certi tipi di infezione poteva passare da un organismo all'altro soltanto se si verificava un trasferimento di certe cellule,successivamente identificate come linfociti T. Questo secondo tipo di immunità,che dipende dall'azione diretta di cellule T,fu indicata come immunità cellulo- mediata. Gli anticorpi circolanti responsabili della risposta umorale sono una difesa soprattutto contro tossine,batteri liberi e virus presenti nei liquidi corporei. Invece,i linfociti responsabili della risposta cellulo- mediata sono attivi contro batteri e virus presenti all'interno delle cellule dell'organismo infettate e contro funghi,protozoi e vermi parassiti. L'immunità cellulo- mediata è cruciale nella risposta dell'organismo contro tessuti trapiantati e contro le cellule cancerose,elementi che avverte come “non self”. Le cellule T helper svolgono un ruolo centrale in questa rete di segnalazione cellulare rispondendo agli antigeni presenti dai macrofagi e stimolando sia le cellule B sia gli altri tipi di cellule T.
I linfociti T helper sono attivi nell'immunità umorale e nell'immunità cellulo- mediata : visione d'assieme
Prima di passare ad esaminare la funzione dei linfociti T helper,dobbiamo tornare all'MHC e al ruolo da esso svolto nella presentazione dell'antigene. Si ricordi che le molecole MHC di classe II,le uniche riconosciute dalle cellule T helper,si trovano soltanto in certi tipi di cellule,in particolare in quelle che inglobano antigeni estranei. Queste cellule presentanti l'antigene (APC ),che comprendono i macrofagi e certe cellule B,informano il sistema immunitario, attraverso le cellule T helper,che nell'organismo è penetrato un antigene estraneo. Per esempio,un macrofago che ha inglobato e demolito un batterio conterrà al suo interno piccoli frammenti delle proteine batteriche. Quando una molecola MHC di classe II neosintetizzata si sposta verso la superficie del macrofago,essa cattura uno di questi peptidi batterici sistemandolo nel solco legante l'antigene,e lo trasporta in superficie,rilevando la presenza di un frammento peptidico a una cellula T helper . L'interazione tra un APC e una cellula T helper è notevolmente facilitata dalla presenza di una proteina di superficie della cellula T nota come CD4. Presente su molte cellule T helper,CD4 si lega a una parte della proteina MHC di classe II. L'interazione tra CD4 e una molecola MHC di classe II aiuta a mantenere unite le cellule T helper e l'APC mentre si verifica l'attivazione della cellula T H . Quando una cellula T helper viene selezionata dallo specifico contatto col complesso MHC di classe II – antigene su una APC,la cellula T H prolifera e si differenzia in un clone di cellule T helper attivate e di cellule T helper della memoria. Le cellule T helper attivate secernono differenti citochine, proteine o peptidi che stimolano altri linfociti. Per esempio,la citochina interleuchina – 2 (IL- 2) stimola le cellule B entrate in contatto con l'antigene a differenziarsi in plasmacellule produttrici di anticorpi ; IL- 2 stimola anche le cellule T citotossiche a diventare cellule killer attive. Anche la cellula T helper di per sé è soggetta a regolazione da parte delle citochine. Quando fagocita e presenta l'antigene,un macrofago è stimolato a secernere una citochina detta interleuchina – 1 (IL- 1). Questa,insieme all'antigene presentato,è ciò che attiva la cellula T helper a produrre IL- 2 e altre citochine. Inoltre,in un esempio di meccanismo di retroazione positiva,l'IL- 2 secreta da una cellula T helper stimola quella stessa cellula a proliferare più rapidamente e a diventare una produttrice di citochine ancora più attiva. Così le cellule T helper modulano le risposte immunitarie sia umorali (cellule B) sia cellulo- mediate (cellule T citotossiche).
Nella risposta cellulo- mediata,le cellule T citotossiche contrastano patogeni intracellulari : uno sguardo ravvicinato
Le cellule T citotossiche attivate dall'antigene uccidono cellule cancerose e cellule infettate da virus o da altri patogeni intracellulari. Prima di esaminare questi eventi,occorre tornare alle proteine MHC di classe I e al loro ruolo nella presentazione dell'antigene alle cellule T citotossiche. Si ricordi che tutte le cellule nucleate dell'organismo producono continuamente molecole MHC di classe I. Quando si sposta verso la superficie cellulare,una molecola MHC di classe I neosintetizzata cattura un piccolo frammento di una delle altre proteine sintetizzate di tale cellula. Se la cellula contiene un virus in replicazione, frammenti peptidici delle proteine virali vengono catturati e trasportati alla superficie della cellula. In questo modo,le molecole MHC di classe I espongono alle cellule T citotossiche proteine estranee sintetizzate in cellule infettate o anormali. L'interazione tra la cellula infetta presentante l'antigene e una cellula T citotossica è fortemente stimolata dalla presenza di una proteina di superficie delle cellule T detta CD8. Presente sulla maggior parte delle cellule T citotossiche,CD8 si lega a una parte della molecola MHC di classe I. L'interazione CD8- MHC di classe I contribuisce a mantenere le due cellule in contatto mentre si verifica l'attivazione della cellula T. Così,il ruolo delle molecole MHC di classe I e di CD8 è simile a quello delle molecole MHC di classe II e di CD4, con la differenza che nei due casi sono coinvolti tipi di cellule diversi. Quando è attivata da specifici contatti con i complessi MHC di classe I – antigene alla superficie di una cellula infetta e ulteriormente stimolata dalla IL- 2 prodotta da una cellula T helper,una cellula T citotossica si differenzia in una cellula T killer attiva. Questa uccide la cellula bersaglio- quella presentante l'antigene- principalmente attraverso la liberazione di perforina,una proteina che produce pori nella membrana della cellula infetta. L'ingresso di ioni e di acqua all'interno della cellula infetta ne provoca il rigonfiamento e infine la lisi. La morte di una cellula infetta non solo priva il patogeno della sede in cui riprodursi ma lo espone anche all'azione degli anticorpi circolanti che ne favoriscono l'eliminazione. Dopo aver distrutto una cellula infettata,la cellula T C continua a vivere e ad uccidere numerose altre cellule infette dallo stesso patogeno. Nello stesso modo,le cellule T citotossiche funzionano nella difesa contro i tumori maligni. Poiché portano marcatori peculiari,assenti sulle cellule normali,le cellule cancerose vengono identificate dal sistema immunitario come estranee. Le molecole MHC di classe I sulla superficie di una cellula tumorale presentano alle cellule T C frammenti di un antigene tumorale . E' interessante il fatto che certi tipi di cancro e certi virus (come il virus di Epstein – Barr) riducano attivamente la quantità di proteina MHC di classe I presente sulle cellule colpite cosicché esse possono sfuggire la sorveglianza delle cellule T C . L'organismo possiede una difesa di riserva : le cellule natural killer (NK),parte delle difese aspecifiche dell'organismo,sono anche capaci di lisare cellule infettate da virus e cellule tumorali.
Nella risposta umorale,le cellule B sintetizzano anticorpi contro patogeni extracellulari : uno sguardo ravvicinato
Abbiamo visto che la risposta immunitaria umorale inizia quando le cellule B che portano i recettori per gli antigeni vengono selezionate attraverso il legame con gli specifici antigeni. Sappiamo anche che l'attivazione delle cellule B è favorita dall'IL- 2 e da altre citochine secrete dalle cellule T helper attivate dal medesimo antigene. Una cellula B,stimolata sia dall'antigene che dalle citochine, prolifera e si differenzia in un clone di plasmacellule secernenti uno specifico anticorpo e in un clone di cellule B della memoria. Gli antigeni che evocano questo tipo di risposta da parte delle cellule B sono noti come antigeni T- dipendenti perché possono stimolare la produzione di anticorpi soltanto con l'aiuto delle cellule T H . Molti antigeni proteici sono T- dipendenti ; altri antigeni,come i polisaccaridi e le proteine costituite da molti polipeptidi identici,funzionano come antigeni T- indipendenti . Questi antigeni comprendono i polisaccaridi presenti in numerose capsule batteriche e le proteine che costituiscono i flagelli dei batteri. A quanto pare,le subunità ripetitive di questi antigeni si legano contemporaneamente a un certo numero di anticorpi di membrana presenti sulla superficie delle cellule B. Ciò rappresenta uno stimolo sufficiente alla produzione,da parte delle cellule B,di plasmacellule che secernono anticorpi senza la necessità dell'intervento della IL- 2. La risposta agli antigeni T- indipendenti è molto importante nella difesa nei confronti di numerosi batteri ; tuttavia questa risposta generalmente è più debole di quella nei confronti degli antigeni T- dipendenti e in essa non vengono generate cellule della memoria. Prima di terminare la descrizione delle funzioni delle cellule B è importante ricordare che le cellule B portano le molecole MHC di classe II : esse sono cellule presentanti l'antigene. Quando all'inizio le molecole di antigene si legano agli anticorpi di membrana,la cellula B internalizza alcune delle molecole estranee per endocitosi mediata da recettore. In un processo molto simile a quello di presentazione da parte dei macrofagi,la cellula B presenta l'antigene a una cellula T helper. Tuttavia,sebbene un macrofago possa inglobare e presentare antigeni peptidici prodotti da una grande varietà di antigeni proteici,una cellula B internalizza e presenta peptidi provenienti soltanto dalla molecola dell'antigene specificamente legato ad essa. Quindi, gli immunologi ritengono che i macrofagi debbano essere considerati le principali APC attive nella risposta primaria (quando le cellule B specifiche per un particolare antigene sono ancora rare),mentre le cellule B,in particolare le cellule B della memoria,sono più importanti come APC nelle risposte secondarie. In una data risposta di tipo umorale,il processo appena ricordato stimola varie differenti cellule B,generando un clone di migliaia di plasmacellule. Si stima che ogni plasmacellula secerna circa 2.000 molecole di anticorpo al secondo per tutta la durata della vita della cellula,4-5 giorni. Più avanti esamineremo più da vicino le molecole degli anticorpi e il modo in cui essi si legano agli antigeni e mediano la loro eliminazione.
Struttura & funzione degli anticorpi
Gli antigeni che scatenano una risposta immunitaria sono tipicamente i componenti superficiali proteici o polisaccaridici di microrganismi,di tessuto trapiantato incompatibile o di cellule ematiche trasfuse appartenenti a un gruppo sanguigno incompatibile. Inoltre,per alcuni di noi,le proteine di sostanze estranee quali polline o veleno di api agiscono da antigeni capaci di indurre una risposta umorale allergica o di ipersensibilità (di cui tratteremo in seguito). Né la forma di un anticorpo legata alla membrana- cioè il recettore per l'antigene di una cellula B- né la forma secreta dell'anticorpo legano effettivamente l'intera molecola di un antigene ; piuttosto essi identificano una regione limitata sulla superficie della molecola antigenica detta determinante antigenico o epìtopo . Un singolo antigene,come una proteina batterica di superficie,di solito contiene numerosi epìtopi,ognuno dei quali è capace di indurre la produzione di uno specifico anticorpo. Quindi,è facile immaginare l'intera superficie di un batterio rivestita da molecole di numerosi tipi differenti di anticorpi,ognuno specifico per un particolare epìtopo. Si stima che una cellula batterica possa essere legata da 4 milioni di molecole anticorpali! Gli anticorpi costituiscono un gruppo di proteine del siero dette immunoglobine (Ig). Una tipica molecola anticorpale possiede almeno 2 siti identici specifici per il legame dell'epìtopo che ne ha indotto la produzione. Ogni molecola è costituita da quattro catene polipeptidiche,due catene leggere identiche e due catene pesanti parimenti identiche unite a formare una molecola a forma di Y. Alle due estremità dei bracci della molecola di forma di Y si trovano le regioni variabili (V) delle catene leggere e pesanti,così dette perché le loro sequenze amminoacidiche variano ampiamente da un anticorpo all'altro. La regione V di una catena pesante e di una catena leggera formano nel loro insieme la superficie peculiare del sito di legame per l'antigene di un anticorpo. L'interazione tra il sito di legame per l'antigene e lo specifico epìtopo è simile all'interazione tra un enzima e il suo substrato : tra i gruppi presenti sulle rispettive molecole si formano numerosi legami non covalenti che stabilizzano il complesso che ne risulta. Il potere della specificità degli anticorpi e il legame antigene- anticorpo sono stati sfruttati per l'utilizzazione nelle ricerche di laboratorio,nella diagnostica clinica e per il trattamento di malattie. Alcuni di questi strumenti anticorpali sono anticorpi policlonali,cioè anticorpi prodotti da molti cloni differenti di cellule B,ognuno dei quali è specifico per un differente epìtopo. Altri anticorpi sono invece monoclonali,cioè vengono preparati a partire da un unico clone di cellule B coltivate. Poiché sono molecole tutte identiche,gli anticorpi monoclonali prodotti da una coltura di cellule B sono specifici per il medesimo epìtopo dello stesso antigene. La tecnologia degli anticorpi monoclonali rende possibile produrre grandi quantità di anticorpi puri e a costo relativamente basso. Molte nuove metodiche diagnostiche per la rivelazione di microrganismi patogeni in campioni clinici dipendono dall'uso di anticorpi monoclonali. Gli anticorpi monoclonali sono anche utilizzati in test di gravidanza basati sulla rivelazione di un ormone secreto soltanto dall'urina di una donna gravida. Gli anticorpi monoclonali sono utili per interagire, marcandole,con specifiche molecole sia nella ricerca di base,sia in medicina. Per esempio,certi tipi di cancro sono stati trattati con anticorpi specifici per le cellule tumorali legati covalentemente con molecole di tossine. Gli anticorpi legati alle molecole di tossina effettuano una precisa missione di ricerca e distruzione,attaccando selettivamente e uccidendo le cellule tumorali. Mentre il sito di legame per l'antigene è responsabile della funzione di riconoscimento dell'anticorpo- cioè della capacità di questo di riconoscere uno specifico epìtopo sulla molecola di antigene. Lo “stelo” della molecola a Y di un anticorpo, formato dalle regioni costanti ( C ) delle catene pesanti,è responsabile della distribuzione dell'anticorpo nell'organismo e dei meccanismi attraverso sui esso realizza l'eliminazione dell'antigene. Esistono cinque tipi principali di regioni costanti,che determinano le cinque principali classi delle immunoglobine dei mammiferi : IgM,IgG,IgA,IgD e IgE. Si noti che una catena leggera possiede anche una regione costante ; questa però non fa parte dello stelo della molecola anticorpale e non partecipa alle funzioni espletate dalle varie classi di Ig.
Eliminazione degli antigeni mediata da anticorpi
Il legame degli anticorpi agli antigeni a formare i complessi antigene- anticorpo è la base di più meccanismi diversi di eliminazione dell'antigene. Di questi meccanismi,il più semplice è la neutralizzazione,di cui l'anticorpo blocca certi siti sulla molecola di un antigene rendendola inattiva. Per esempio,gli anticorpi neutralizzano un virus legandosi ai siti che questo utilizza per infettare la cellula ospite ; analogamente,anticorpi possono legarsi alla superficie di cellule batteriche patogene. Questi microrganismi,ora rivestiti di anticorpi,sono facilmente eliminati per fagocitosi. In un processo noto come opsonizzazione, gli anticorpi legati stimolano il legame dei macrofagi ai microorganismi e quindi la fagocitosi di quest'ultimi. L'agglutinazione di batteri o virus mediata da anticorpi neutralizza efficacemente ed opsonizza i microrganismi. L'agglutinazione è resa possibile dalla presenza,sulle molecole degli anticorpi, di almeno due siti di legame per antigene ; per esempio,le IgG possono legarsi a due epìtopi identici su due cellule batteriche o su due particelle virali,legandole insieme,mentre le IgM possono legare tra loro cinque o più particelle virali o cellule batteriche. Questi grossi complessi vengono prontamente fagocitati da parte dei macrofagi. Un meccanismo simile è la precipitazione,cioè il legame crociato di molecole antigeniche solubili- molecole presenti in soluzione nei liquidi biologici- a formare precipitati immobili che vengono eliminati dai fagociti. Uno dei più importanti meccanismi effettori della risposta umorale è la fissazione del complemento,l'attivazione del sistema del complemento ad opera dei complessi antigene- anticorpo. Si ricordi che il complemento è un gruppo di 20 proteine diverse del siero che in assenza di infezione sono inattive. Tuttavia, in presenza di un'infezione,viene attivata la prima della sequenza di proteine del complemento,scatenando una cascata di reazioni di attivazione in cui ogni componente attiva quello successivo in sequenza. Al termine della cascata di reazioni di attivazione si produce la lisi di numerosi tipi di virus e cellule patogene. La lisi ad opera del complemento può essere prodotta in 2 modi. La via classica ( così detta perché fu scoperta per prima) è attivata da anticorpi legati all'antigene ed è quindi importante nella risposta immunitaria umorale ; la via alternativa viene invece attivata da sostanze presenti naturalmente su numerosi tipi di batteri,cellule di lievito,virus e protozoi parassiti. Essa non implica la partecipazione di anticorpi e quindi è un tipo importante di difesa aspecifica. La via classica inizia quando gli anticorpi del sistema immunitario si legano ad uno specifico invasore,come una cellula batterica. Il primo componente del complemento si pone a ponte tra due molecole di anticorpi vicine legate all'antigene ; questa associazione tra anticorpi e proteina del complemento attiva quest'ultima iniziando la cascata di attivazioni. Al termine di questa,le proteine del complemento generano un complesso di attacco alla membrana (MAC) che produce una piccola lesione (un poro) del diametro di 7-10 nm nella membrana batterica attraverso cui ioni e acqua penetrano nella cellula,causandone il rigonfiamento e la lisi. Il poro prodotto dal MAC è simile a quello generato dalle perforine prodotte dalle cellule T citotossiche. Sia nella via classica che nella via alternativa,partecipano all'infiammazione numerose proteine attivate dal complemento. Legano i basofili e le mastcellule,alcune di queste proteine attivano la liberazione di istamina,la molecola segnalatrice della presenza di lesioni che attiva la dilatazione e aumenta la permeabilità dei vasi ematici. Numerose proteine del complemento attive sono anche capaci di attrarre i fagociti nel sito della lesione. Inoltre, una delle proteine del complemento attivate può causare opsonizzazione : copie di questa proteina rivestono la superficie dei batteri e,come gli anticorpi,stimolano la fagocitosi. Fornendo un ultimo esempio del lavoro di squadra dei sistemi di difesa dell'organismo,anticorpi,complemento e fagociti agiscono insieme in un fenomeno noto come aderenza immunitaria . Microrganismi rivestiti di anticorpi e proteine del complemento aderiscono alla parete dei vasi ematici rendendo le cellule patogene facile preda delle cellule fagocitarie circolanti nel sangue. Abbiamo così visto che gli anticorpi facilitano la fagocitosi da parte dei macrofagi in modi diversi. Teniamo presente che la fagocitosi rende i macrofagi capaci di agire come APC stimolando le cellule T helper le quali,a loro volta, stimolano le cellule B i cui anticorpi sono implicati nella fagocitosi. Così, un meccanismo di retroazione positiva collega tra loro la risposta immunitaria aspecifica e quella specifica,dando come risultato una risposta complessiva coordinata ed efficace in un'infezione attiva.
Gli invertebrati possiedono un sistema immunitario rudimentale
Sebbene in questa ampia panoramica sono stati descritti i meccanismi immunitari dei vertebrati,anche gli animali invertebrati mostrano meccanismi molto efficaci di difesa dell'ospite che senza dubbio hanno contribuito al successo evolutivo di questi animali. La capacità di distinguere il self dal non self,è già sviluppata in animali filogeneticamente antichi come le spugne. Se mescoliamo le cellule di due spugne della medesima specie,le cellule di ciascuno dei due individui si associano,aggregandosi tra loro ed escludendo quelle provenienti dall'altro. Anche numerosi invertebrati hanno la capacità di eliminare ciò che viene riconosciuto come non self soprattutto attraverso la fagocitosi. Per esempio,nelle stelle marine,cellule ameboidi note come celomociti fagocitano materiali estranei. Inoltre,gli immunologi hanno iniziato a trovare citochine anche negli invertebrati. Per esempio,come i macrofagi dei mammiferi,i celomociti delle stelle marine producono interleuchina- 1 allorché inglobano materiale estraneo. La IL-1 favorisce la risposta di difesa dell'animale stimolando la proliferazione dei celomociti e attraendo altri celomociti nell'area. Gli invertebrati dipendono dai meccanismi di difesa innati aspecifici piuttosto che dai meccanismi acquisiti antigene- specifici come quelli che nei vertebrati si basano sulla funzione dei linfociti. Tuttavia,certi invertebrati possiedono cellule simili ai linfociti che producono molecole simili agli anticorpi. Per esempio,gli insetti possiedono una proteina dell'emolinfa detta emolina che lega i microbi e contribuisce alla loro eliminazione. L'emolina è un membro della superfamiglia delle immunoglobine,il vasto gruppo di proteine strutturalmente correlate agli anticorpi. Le molecole dell'emolina non mostrano diversità ma sono probabili precursori evolutivi degli anticorpi dei vertebrati. Gli invertebrati non mostrano le caratteristiche dell'immunità acquisita- la memoria immunologica. Per esempio,i celomociti delle stelle marine rispondono alla presenza di un particolare microbo con la stessa velocità,indipendentemente dal numero di volte che essi hanno precedentemente incontrato tale invasore. Tuttavia,i lombrichi sembrano avere una sorta di memoria immunologica. Quando una porzione della parete del corpo viene innestata da un verme all'altro,le cellule fagocitarie del ricevitore attaccano il tessuto estraneo. Il tessuto innestato viene rigettato in circa 2 settimane,mentre un secondo innesto proveniente dal medesimo donatore viene rigettato in pochi giorni. Studi comparati sui sistemi immunitari degli animali continuano a fornire dati sullo sviluppo e l'evoluzione dei meccanismi di difesa dell'ospite e,più in generale,indizi sui modelli evolutivi di questi.
L'immunità nella salute e nelle malattie
Man mano che aumentano le nostre conoscenze sul sistema immunitario dei vertebrati noi arricchiamo la nostra comprensione delle guerre combattute nel nostro organismo contro le infezioni e il cancro,il consolidarsi dell'immunità a lungo termine e la sua reazione nei confronti delle trasfusioni di sangue e dei trapianti di tessuto. Aumentano anche le nostre conoscenze sulla patogenesi,la prevenzione e il trattamento di numerose malattie,tra cui i disordini del sistema immunitario.
L'immunità può instaurarsi naturalmente o artificialmente
L'immunità conferita dalla guarigione da una malattia infettiva quale la varicella è detta immunità attiva poiché dipende dalla risposta del sistema immunitario del soggetto infettato. In questo caso,come in tutte le infezioni, l'immunità attiva è acquisita naturalmente ; tuttavia l'immunità attiva può anche essere acquisita artificialmente attraverso l'immunizzazione,nota anche come vaccinazione . I vaccini possono consistere in tossine batteriche inattivate, microrganismi patogeni uccisi oppure vivi ma attenuati ; questi agenti non sono più in grado di produrre la malattia,tuttavia mantengono la capacità di agire come antigeni stimolando una risposta immunitaria e,cosa più importante,la memoria immunologica. Una persona vaccinata che viene in contatto con il relativo patogeno sviluppa la medesima rapida risposta difensiva basata sulla memoria immunologica di una persona che aveva già contratto la malattia. L'immunizzazione routinaria dei neonati e dei bambini più grandi ha ridotto drasticamente l'incidenza di malattie infettive come il morbillo e la pertosse e ha portato altresì alla eradicazione del vaiolo,una malattia virale che provocava gravi danni al volto e spesso era mortale. Sfortunatamente,non tutti gli agenti infettivi possono essere facilmente tenuti sotto controllo attraverso la vaccinazione. Per esempio,sebbene i ricercatori stiano lavorando intensamente a sviluppare un vaccino contro l'HIV,essi incontrano in questa impresa gravi problemi,come quelli legati alla variabilità antigenica del virus. Gli anticorpi possono anche essere trasmessi da un individuo all'altro,instaurando quella che è nota come immunità passiva ; ciò si verifica naturalmente quando,attraverso la placenta,l'organismo della madre passa alcuni dei propri anticorpi al feto. Inoltre,gli anticorpi IgA passano dalla madre al figlio che sta allattando al seno attraverso il latte,in particolare le prime secrezioni dette colostro. L'immunità passiva persiste però soltanto per il tempo in cui questi anticorpi permangono nell'organismo del bambino (da poche settimane a pochi mesi),ma essa fornisce protezione contro le infezioni fino a quando il sistema immunitario del bambino non abbia raggiunto un sufficiente grado di maturazione. L'immunità passiva può anche essere trasferita artificialmente somministrando anticorpi provenienti da un animale o da un essere umano già immune contro la malattia che interessa. Per esempio,nell'uomo il trattamento anti- rabbia prevede l'iniezione di anticorpi ottenuti dal sangue di soggetti vaccinati contro tale malattia. Ciò produce una immediata immunità,il che è importante in considerazione del fatto che la rabbia progredisce rapidamente,in tempi più stretti di quelli che sarebbero necessari per una normale vaccinazione. In effetti, molte persone infettate dal virus della rabbia vengono trattate in modo da sviluppare una immunità sia passiva sia attiva. Gli anticorpi inoculati combattono il virus solo per poche settimane,ma tale intervallo di tempo è sufficiente perché il sistema immunitario della persona colpita,stimolato dalla vaccinazione,risponda da solo.
La capacità del sistema immunitario di distinguere il self dal non self pone dei limiti alle trasfusioni di sangue e ai trapianti di tessuti
Oltre a distinguere da cellule proprie dell'organismo e patogeni quali batteri e virus,il sistema immunitario,all'occorrenza,combatte anche cellule appartenenti ad altri individui della stessa specie. Per esempio,un innesto di cute da un soggetto all'altro (se non sono gemelli monozigotici) apparirà in buone condizioni per 1 giorno o 2,dopodiché verrà distrutto dal sistema immunitario. Tuttavia è interessante il fatto che una madre non rigetta il feto come un tessuto estraneo. A quanto pare,la struttura della placenta gioca un ruolo fondamentale in questo tipo di accettazione. Adesso prenderemo in esame i potenziali problemi associati alle trasfusioni di sangue e ai trapianti di organo. Teniamo presente che la reazione ostile dell'organismo a una trasfusione di sangue o a un trapianto incompatibili non è un disordine del sistema immunitario,ma una normale reazione di un sistema immunitario sano esposto agli antigeni estranei.
Gruppi sanguigni & trasfusioni di sangue
Un individuo con sangue del gruppo A possiede antigeni A sulla superficie dei propri eritrociti. Qui consideriamo la molecola A come un antigene poiché può venire identificata come estranea se viene a trovarsi nell'organismo di un'altra persona,mentre il gruppo A non è antigenico per la persona cui appartiene. Analogamente,gli antigeni del gruppo B si trovano sugli eritrociti di tipo B, mentre antigeni sia di tipo A sia di tipo B si trovano sugli eritrociti di tipo AB e sono assenti sugli eritrociti di tipo O. Un individuo con sangue del gruppo A non produrrà naturalmente anticorpi contro antigeni A mentre li produrrà contro il sangue di gruppo B anche se esso non è mai stato esposto angli antigeni di tipo B. Può apparire strano il fatto che nell'organismo esistano anticorpi contro gli antigeni dei gruppi sanguigni differenti anche in assenza di trasfusione di sangue incompatibile. In realtà questi anticorpi rappresentano la risposta a batteri ( la normale flora batterica) che possiedono epìtopi molto simili agli antigeni di questi gruppi sanguigni. Quindi,un soggetto con sangue di tipo A non produce anticorpi contro epìtopi batterici di tipo A- il sistema immunitario considera tali antigeni come self- mentre esso produrrà anticorpi contro epìtopi batterici di tipo B. Quindi,se una persona con sangue di tipo A riceve una trasfusione di sangue di tipo B,i preesistenti anticorpi anti-B indurranno un'immediata e devastante reazione contro la trasfusione. Poiché gli antigeni dei gruppi sanguigni sono polisaccaridi,essi inducono risposte T-indipendenti che non coinvolgono cellule della memoria. Per effetto di ciò,ogni risposta ha sempre le caratteristiche di una risposta primaria e genera anticorpi anti-gruppo sanguigno del tipo IgM,non IgG. Questa è una circostanza fortunata ; poiché le IgM non attraversano la barriera placentare,la loro presenza nel sangue materno non rappresenta un pericolo per il feto in via di sviluppo che possieda un gruppo sanguigno diverso da quello della madre. Tuttavia,un altro antigene eritrocitario ,il fattore Rh,è capace di causare problemi poiché gli anticorpi prodotti contro di esso appartengono alla classe IgG. Una situazione potenzialmente pericolosa può nascere quando una madre Rh- negativa (priva del fattore Rh) porta in grembo un feto Rh- positivo che ha ereditato tale fattore dal padre. La madre sviluppa anticorpi contro il fattore Rh quando,di solito a gravidanza avanzata o durante il parto,piccole quantità di sangue fetale attraversano la barriera placentare. In questo caso la madre sviluppa una risposta umorale T- dipendente contro il fattore Rh. Il pericolo riguarda le gravidanze successive con feti Rh- positivi,quando le cellule B materne della memoria Rh- specifiche vengono esposte al fattore Rh del feto. Queste cellule B producono anticorpi della classe IgG che possono attraversare la placenta e distruggere i globuli rossi del feto. Per prevenire questa eventualità,occorre somministrare alla madre anticorpi anti- Rh dopo il parto del primo bambino Rh- positivo. In questo modo essa viene immunizzata passivamente (artificialmente) in modo da eliminare l'antigene Rh prima che il proprio sistema immunitario possa rispondere contro il fattore Rh,danneggiando il feto Rh positivo nella seconda gravidanza.
Innesti di tessuto & trapianti di organo
Il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC),che codifica la specifica “impronta digitale” caratteristica di ogni individuo,è responsabile del rigetto degli innesti di tessuto e di trapianti di organo. Le molecole dell'MHC estranee sono antigeniche e inducono una risposta immunitaria diretta contro il tessuto o l'organo trapiantato. Per ridurre al minimo questa reazione di rigetto,si cerca di utilizzare soggetti donatori che abbiano MHC più simile possibile a quello del ricevitore. In assenza di un gemello monozigotico,si utilizzano come donatori fratelli di sangue,che di solito presentano il gruppo tissutale più affine. Oltre alla necessità di utilizzare come donatore un soggetto con la massima somiglianza di gruppo tissutale,per sopprimere la risposta immunitaria contro il tessuto trapiantato è necessario l'uso di vari farmaci. Tuttavia questa strategia lascia il soggetto che riceve l'organo più suscettibile allo sviluppo di infezioni e del cancro nel corso del trattamento. L'uso di farmaci immunosoppressori più selettivi,quali la ciclosporina A e l'FK 506,che sopprimono l'attivazione delle cellule T helper senza compromettere le specifiche difese o le risposte umorali T- indipendenti hanno considerevolmente migliorato il tasso di successo dei trapianti di organi. In un tipo di trapianto salva- vita,quello di midollo osseo, è il tessuto trapiantato stesso,piuttosto che l'ospite,la fonte di un possibile rigetto. I trapianti di midollo osseo trovano impiego nel trattamento delle leucemie e di altri tipi di cancro oltre che di altre malattie ematologiche che coinvolgono cellule ematiche. Come in qualsiasi trapianto,l'MHC dell'individuo donatore e di quello ricevente devono essere quanto più possibile compatibili. Di norma, prima del trapianto il soggetto ricevente viene irradiato per eliminare dal proprio midollo osseo tutte le cellule,comprese quelle anomale. Tale trattamento effettivamente azzera la funzionalità del sistema immunitario che quindi difficilmente può mettere in atto una reazione di rigetto del trapianto. Tuttavia il pericolo maggiore nei trapianti di midollo osseo è che i linfociti del tessuto trapiantato reagiscono contro gli antigeni del soggetto ricevente. Questa reazione trapianto contro ospite è limitata se le molecole dell'MHC del donatore e del ricevente sono tra loro corrispondenti. I programmi internazionali di trapianto di midollo osseo cercano continuamente nel mondo volontari ; infatti, a causa della grande variabilità dell'MHC,è essenziale poter disporre di un gruppo diversificato di potenziali donatori.
L'anomalo funzionamento del sistema immunitario può determinare malattie
L'interazione altamente regolata dei linfociti con sostanze estranee,tra di loro e con altre cellule dell'organismo,ci fornisce una straordinaria protezione nei confronti di numerose malattie. Tuttavia,se questo delicato equilibrio viene compromesso da un qualsiasi malfunzionamento del sistema immunitario,gli effetti sull'individuo possono andare dagli inconvenienti di minore importanza rappresentati da certe allergie,fino alle conseguenze gravi e spesso fatali di certe malattie autoimmuni o da immunodeficienza.
Allergie
Le allergie sono condizioni di ipersensibilità delle difese dell'organismo a certi antigeni presenti nell'ambiente detti allergeni . Una possibile spiegazione biologica delle allergie ipotizza che esse siano residui evolutivi della risposta del sistema immunitario a vermi parassitici. Il meccanismo di difesa umorale che combatte i vermi è molto simile alla risposta che causa allergie quali la febbre da fieno o l'asma. Le più comuni allergie implicano il coinvolgimento di anticorpi della classe IgE . Per esempio,la febbre da fieno si verifica quando le plasmacellule secernono molecole di IgE specifiche per gli allergeni del polline. Certi anticorpi della classe IgE si attaccano attraverso lo “stelo” alle mastcellule presenti nei tessuti connettivi senza legarsi agli antigeni del polline ; successivamente,quando granuli pollinici penetrano nell'organismo,essi si legano ai siti di legame per l'antigene delle IgE associate alle mastcellule, formando legami crociati tra molecole di IgE associate alla mastcellula. Questo evento induce le mastcellule a degranularsi cioè a liberare istamina e altri agenti infiammatori da vescicole dette granuli. Si ricordi che l'istamina causa dilatazione e aumento della permeabilità dei piccoli vasi sanguigni. Questi eventi infiammatori provocano i tipici sintomi dell'allergia : starnuti,rinorrea, lacrimazione e contrazioni della muscolatura liscia che possono produrre difficoltà respiratorie. Gli antistaminici sono farmaci che interferiscono con l'azione dell'istamina. Talvolta,una risposta allergica acuta può produrre uno shock anafilattico,una reazione potenzialmente mortale all'iniezione o all'ingestione di allergeni. Lo shock anafilattico si verifica quando la degranulazione delle mastcellule stimola l'improvvisa dilatazione dei vasi sanguigni periferici causando una rapida diminuizione della pressione ematica, con conseguente morte entro pochi minuti. La risposta allergica al veleno delle vespe o alla penicillina può produrre uno shock anafilattico in persone che sono estremamente allergiche a queste sostanze. Analogamente,soggetti altamente allergici a certi alimenti,quali le noccioline americane o il pesce,sono morti per aver ingerito minuscole quantità di questi allergeni. Certi individui con tali gravi ipersensibilità portano con sé siringhe contenenti una soluzione di adrenalina,un ormone capace di opporsi ai sintomi di una risposta allergica.
Malattie autoimmuni
Talvolta,il sistema immunitario cessa di funzionare correttamente e si rivolta contro il self causando una delle molte malattie dette autoimmuni . Nel lupus eritematoso sistemico,per esempio,i soggetti colpiti sviluppano una reazione immunitaria contro componenti delle proprie cellule,in particolare istoni e DNA,liberati dalla normale rottura delle cellule dell'organismo. Il lupus è caratterizzato da rash cutanei,febbre,artrite e disfunzioni renali. Un'altra malattia autoimmune mediata da anticorpi,l'artrite reumatoide,causa danni e infiammazione dolorosa del tessuto cartilagineo e osseo delle articolazioni. Nel diabete mellito insulino- dipendente le cellule beta pancreatiche produttrici dell'insulina sono il bersaglio di risposte autoimmuni cellulo- mediate. Un ultimo esempio è quello della sclerosi multipla (MS),la più comune malattia neurologica cronica nei paesi sviluppati. Nella MS,cellule T reattive contro la mielina si infiltrano nel sistema nervoso centrale distruggendo il rivestimento mielinico dei neuroni. I pazienti affetti da MS lamentano numerose gravi anomalie neurologiche. I meccanismi che conducono alle reazioni autoimmuni non sono ben compresi. Per lungo tempo si è creduto che le persone affette da malattie autoimmuni differissero da quelle sane per il fatto di possedere linfociti reattivi contro il self casualmente sfuggiti ai meccanismi di eliminazione attivi durante lo sviluppo fetale. Oggi sappiamo che anche le persone sane possiedono linfociti capaci di reagire contro il self ; tuttavia,a queste cellule è impedito di indurre reazioni autoimmuni da numerosi meccanismi di regolazione. Un dato interessante è che l'ereditarietà di particolari alleli MHC è associata alla suscettibilità a certe malattie autoimmuni come il diabete mellito insulino- dipendente.
Malattie da immunodeficienza
Esistono almeno altrettante malattie da immunodeficienza quanti sono i componenti del sistema immunitario. Molti deficit innati colpiscono il funzionamento delle difese immunitarie sia umorali sia cellulo- mediate. Nella immunodeficienza combinata grave (SCID dall'inglese Severe Combined Immuno Deficiency) si riscontra un mancato funzionamento di entrambi i rami del sistema immunitario. La sopravvivenza a lungo termine con questa malattia di solito richiede un trapianto di midollo osseo che assicuri un continuo rifornimento di linfociti funzionanti. Per un tipo di SCID,causato dal deficit dell'enzima adenosina deaminasi (ADA),i ricercatori stanno lavorando per sviluppare un protocollo di terapia genica in cui le cellule proprie del paziente vengono rimosse,fornite di un gene per l'ADA funzionante e reimpiantate nell'organismo. Questo trattamento dovrebbe eliminare il pericolo della reazione trapianto contro ospite. Tuttavia,i risultati ottenuti fino ad oggi sono equivoci perché ai pazienti sono state somministrate anche dosi supplementari dell'enzima. Anche la terapia genica effettuata su alcuni pazienti affetti da un altro tipo di SCID ha fornito risultati non chiari. Non sempre l'immunodeficienza è una condizione innata,un individuo può sviluppare una disfunzione immunitaria in un tempo successivo. Per esempio,certi cancri, in particolare il morbo di Hodgkin,in cui si ha un danno al sistema linfatico, deprimono il sistema immunitario. Un'altra ben nota e devastante immunodeficienza del sistema immunitario,l'AIDS,la tratteremo successivamente. La funzione immunitaria di un individuo sano sembra dipendere dal funzionamento sia dell'apparto endocrino sia del sistema nervoso. Circa 2.000 anni fa,il medico greco Galeno annotò che le persone che soffrivano di depressione erano più inclini ad ammalarsi di cancro delle persone normali. In effetti un numero crescente di prove indicano che stress emotivi e fisici possono compromettere le risposte immunitarie. Gli ormoni secreti dalle ghiandole surrenali durante gli stati di stress influenzano il numero di linfociti e possono deprimere il sistema immunitario anche in altri modi. L'associazione tra stress emotivi e funzionalità del sistema immunitario coinvolge anche il sistema nervoso. Certi neurotrasmettitori secreti quando siamo rilassati e felici possono favorire il funzionamento del sistema immunitario. In uno studio,fu preso in esame un gruppo di studenti al termine delle vacanze e prima degli esami finali ; durante la settimana di esami,i sistemi di difesa di questi studenti risultarono indeboliti sotto molti aspetti,per esempio i livelli di interferone si presentavano abbassati. Queste e altre osservazioni indicano che lo stato generale di salute e quello mentale influenzano le risposte immunitarie. Anche evidenze fisiologiche suggeriscono l'esistenza di una correlazione diretta tra sistema nervoso e sistema immunitario : sulla superficie dei linfociti sono stati scoperti recettori per neurotrasmettitori,inoltre una rete di fibre nervose penetra in profondità all'interno del timo.
L'AIDS è una malattia da immunodeficienza causata da un virus
Nel 1981,il personale sanitario degli Stati Uniti notò l'aumento della frequenza con cui si presentavano il sarcoma di Kaposi,un cancro della cute e dei vasi sanguigni e la polmonite da Pneumocystis carinii,un protozoo. L'aumento dell'incidenza di queste malattie era significativo a causa della loro rarità nella popolazione ; tuttavia era noto che queste malattie si verificano con una certa frequenza nei soggetti gravemente immunosoppressi. Queste osservazioni portarono al riconoscimento di un disordine del sistema immunitario che fu denominato sindrome da immunodeficienza acquisita,o AIDS,dall'inglese Acquired ImmunoDeficiency Syndrome. Le persone affette dall'AIDS sono estremamente suscettibili alle malattie opportunistiche,infezioni e tipi di cancro che traggono vantaggio dall'esistenza di un sistema immunitario al collasso. Il protozoo Pneumocystis è un organismo ubiquitario,eppure esso non causa polmonite nelle persone con un sistema immunitario sano. Le persone affette dall'AIDS muoiono a causa delle malattie opportunistiche unite ai danni neurologici e al grave decadimento fisiologico. Nel 1983 è stato identificato come agente causale dell'AIDS un retrovirus,noto come virus dell'immunodeficienza umana (HIV,dall'inglese Human Immunodeficiency Virus ) . Con un tasso di mortalità prossimo al 100%,l'HIV è il patogeno più letale tra tutti quelli noti. Gli studi molecolari effettuati su questo virus hanno rivelato che esso probabilmente si è evoluto a partire da un altro virus simile che infetta gli scimpanzè dell'Africa centrale ed è comparso nell'uomo tra il 1915 e il 1940 causando rari casi di infezione e di AIDS non riconosciuti. Esistono 2 ceppi principali del virus,HIV- 1 e HIV- 2. HIV- 1 è il ceppo maggiormente diffuso e più virulento (cioè ha più capacità di attraversare i sistemi di difesa di un organismo ospite,per poi moltiplicarsi). Entrambi i ceppi infettano cellule che portano molecole CD4 di superficie. Come sappiamo,le molecole CD4 si trovano sulla superficie delle cellule T helper e favoriscono il legame tra tali cellule e le cellule presenti l'antigene portanti l'MHC di classe II. Poiché CD4 agisce anche da recettore principale del virus,le cellule T helper sono altamente suscettibili all'infezione. Anche altri tipi cellulari che portano un numero inferiore di molecole di CD4 ,come macrofagi,certi linfociti B e cellule del cervello,sono tra le cellule infettate dall'HIV. L'ingresso del virus nelle cellule richiede la presenza sulla superficie delle cellule suscettibili non solo del CD4 ma anche di una seconda molecola proteica,un corecettore . I corecettori identificati fino ad oggi comprendono la fusina (detta anche CXCR4),presente sulle cellule T helper,e la proteina CCR5 normalmente funzionano come recettori per le chemiochine. Infatti queste molecole furono inizialmente riconosciute come corecettori dell'HIV dopo che fu scoperto che esse possono sopprimere l'infezione da HIV- 1. Apparentemente,le chemiochine si legano a questi recettori bloccando l'ingresso dell'HIV- 1. Certe persone che presentano una resistenza innata all'HIV- 1 devono questa resistenza alla presenza di recettori per le chemiochine difettivi. Essi non vengono infettati perché i loro corecettori per l'HIV sono anomali. Una volta dentro la cellula,l'RNA dell'HIV viene retrotrascritto e il DNA così prodotto viene integrato nel genoma della cellula ospite. In questa forma di provirus,il genoma virale dirige la produzione di nuove particelle virali. Poiché un retrovirus persiste in forma di provirus per tutta la vita della cellula infettata,le risposte immunitarie non possono eliminarlo dall'organismo. Tuttavia,ancora più arduo per le risposte umorali e cellulo- mediate è fare fronte ai frequenti cambiamenti causati da mutazioni che si verificano ad ogni ciclo di replicazione virale. In effetti,molte particelle di HIV prodotte in una persona infetta differiscono almeno in piccola parte dalla particella virale che aveva causato in origine l'infezione. Nonostante questi cambiamenti,il sistema immunitario ingaggia una lotta prolungata contro l'HIV. Dopo un iniziale picco,il numero di particelle virali presenti nel sangue si riduce drasticamente,mentre aumenta il tasso di anticorpi anti- HIV. La diminuizione del numero di particelle virali nel sangue è l'effetto dell'iniziale risposta immunitaria all'HIV. La presenza di anticorpi anti- HIV,che compaiono nel sangue da 1 a 12 mesi dopo l'infezione,è il mezzo più comune per identificare gli individui infetti. Una persona che sia HIV- positiva è infettata,essendo positivo al test per la presenza di anticorpi contro il virus. Il Test anticorpale per l'HIV è stato utilizzato fin dal 1985 anche per sottoporre ad esame tutti i campioni di sangue utilizzati in Italia e negli altri paesi occidentali. A causa della cronica presenza del virus,una persona continua a presentare anticorpi anti- HIV forse fino agli stadi avanzati dell'AIDS,quando i due rami del sistema immunitario collassano con la scomparsa delle cellule T helper. La precoce caduta dei livelli di HIV nel sangue può trarre in inganno. Mentre il numero di particelle virali circolanti può essere basso,i virus continuano a essere prodotti nelle cellule dei linfonodi,causandovi danni strutturali e funzionali. Nel tempo,la concentrazione dell'HIV nel sangue ( il carico virale) aumenta. Le cause di tale aumento comprendono il blocco della funzione del tessuto linfatico,la liberazione di particelle virali da questo tessuto e la diminuizione delle risposte all'infezione a causa della deplezione delle cellule T helper. Studi recenti hanno dimostrato che,nell'infezione da HIV,le cellule T helper muoiono perché vengono a essere infettate dal virus. Questo può sembrare ovvio : spesso le cellule muoiono per effetto dell'infezione da parte di un virus ; tuttavia,per spiegare il dato della caduta del numero di cellule T helper non infettate da virus sono stati proposti altri modelli di deplezione delle cellule T. Per esempio,un modello suggerisce che interazioni HIV- mediate inducono una cellula T a entrare in apoptosi prima del tempo,un processo normalmente regolato con grande precisione. Tuttavia,anche se questo meccanismo può contribuire alla diminuizione del numero delle cellule T helper,oggi si ritiene che la causa principale di ciò sia direttamente imputabile all'infezione delle cellule. Infatti,l'emivita di una cellula T helper attivamente infettata ( che produce nuove copie di HIV) è inferiore a 1 giorno ½ . Il tempo necessario perché un'infezione da HIV progredisca fino alla condizione di grave diminuizione delle cellule T e di AIDS conclamato varia ampiamente,ma in genere è pari a circa 10 anni. Durante la maggior parte di questo tempo,il paziente mostra solo blandi sintomi della malattia,quali un aumento di volume dei linfonodi (indicante il persistere dell'attività del virus) e febbre occasionale. Le persone affette da AIDS e i loro medici curanti seguono i cambiamenti nei livelli di cellule T come un indice della progressione della malattia. Tuttavia,è stato dimostrato che le misure del carico virale sono il miglior indicatore della prognosi della malattia e dell'efficacia di un trattamento anti- HIV. Giunti a questo punto,l'infezione da HIV non può più essere curata e la progressione dell'AIDS non può più essere impedita. Nuove combinazioni di farmaci promettono di rallentare tale progressione ma queste terapie sono molto costose e non disponibili per tutti i malati. Farmaci che sembrano rallentare la replicazione virale quando sono utilizzati in varie combinazioni comprendono gli inibitori della sintesi del DNA,gli inibitori della trascrittasi inversa (come l'AZT e la ddI) e gli inibitori della proteasi. Questi ultimi impediscono una tappa chiave nella sintesi delle proteine dell'HIV. Usati insieme,questi diversi tipi di farmaci riducono il carico virale determinando di conseguenza un aumento del numero delle cellule T helper. Per i malati di AIDS sono anche importanti le numerose medicine utilizzate per trattate la miriade di malattie opportunistiche che insorgono in essi. Questi farmaci possono prolungare la vita,ma non curano l'AIDS. Il contagio da HIV avviene attraverso il trasferimento da persona a persona di liquidi corporei,quali sangue e liquido seminale,contenenti cellule infette. La maggior parte dei casi di AIDS negli Stati Uniti e in Europa può essere fatta risalire a rapporti sessuali non protetti ( effettuati cioè senza l'uso di un profilattico) tra omosessuali maschi e alla trasmissione attraverso scambi di aghi di siringa non sterili (tipicamente tra consumatori di droghe iniettate per via endovenosa). Tuttavia appare anche in rapido aumento anche la trasmissione dell'AIDS tra eterosessuali in conseguenza del diffondersi dei rapporti sessuali non protetti con partner infetti. In Africa e in Asia la trasmissione è stata determinata soprattutto da rapporti eterosessuali,particolarmente in quelle aree in cui sono diffuse anche altre malattie veneree che causano lesioni genitali che facilitano la trasmissione dell'HIV ; infatti in questi casi la barriera alla penetrazione del virus rappresentata dalla cute (la prima linea di difesa) presenta soluzioni di continuità in cui,per la reazione infiammatoria che si sviluppa,sono attratte le cellule (macrofagi e cellule T) più suscettibili all'attacco del virus. L'HIV non viene trasmesso con i normali contatti della vita quotidiana ; fino a oggi è stato riportato un solo caso di trasmissione dell'HIV attraverso il bacio,ma in questo caso,la persona che aveva trasmesso il virus sia la persona infettata con il bacio avevano gengive sanguinanti. Sebbene questo caso sia isolato,è importante ricordare che il virus può essere trasmesso ogniqualvolta vengono passate da una persona all'altra sangue o secrezioni dell'organismo. La trasmissione dell'HIV da madre a figlio può verificarsi in 2 modi : durante lo sviluppo fetale (come si verifica in circa il 25% delle madri infettate da HIV) e durante l'allattamento al seno. Nei paesi più sviluppati,le trasfusioni di sangue sono state pressoché eliminate quali causa della malattia grazie all'uso routinario del Test per gli anticorpi anti- HIV. Questo tipo di Test,tuttavia,non è in grado di assicurare al 100% che un campione di sangue sia indenne,poiché possono passare settimane o addirittura mesi prima che una persona infettata dal virus inizi a produrre anticorpi evidenziabili. Il Joint United Nations on AIDS ha stimato che alla fine del 2000 in tutto il mondo ci fossero 30-40 milioni di persone con l'HIV o con l'HIV/AIDS. Di queste,circa il 70% vivevano nell'Africa sub-sahariana. Ci si aspetta che il numero di persone con l'AIDS sia destinato a crescere di circa il 20% l'anno. Il modo migliore per rallentare la diffusione dell'HIV è l'informazione delle persone affinché conoscano le pratiche che favoriscono la trasmissione del virus,come l'uso di aghi non sterili e la pratica del sesso senza profilattico. Sebbene l'uso del profilattico non elimini completamente il rischio di trasmissione dell'HIV (o di altri virus trasmessi in modo simile,come il virus dell'epatite B) esso tuttavia lo riduce considerevolmente. Rischia l'esposizione all'HIV chiunque abbia rapporti sessuali- vaginali,orali o anali- con un partner che abbia avuto rapporti non protetti con un altro partner nei 2 decenni precedenti. La risposta immunitaria è uno dei molti processi adattivi che permettono agli animali di adattarsi alle avversità dell'ambiente.
C'è da aggiungere che : “Non c'è speranza e nessun trattamento possibile per coloro che sono già stati vaccinati . Dobbiamo essere pronti a cremare i corpi. Tutte le persone vaccinate moriranno entro 2 anni. Moriranno tutti per il potenziamento degli anticorpi. Questo è tutto ciò che si può dire”. Il Premio Nobel per la Medicina & la Biologia,Luc Antoine Montagnier,nato a Chabris (in Francia) il 18 agosto 1932,è,appunto,un medico,biologo e virologo francese, Presidente della Fondazione Mondiale per la Ricerca & Prevenzione dell'AIDS e Professore presso l'Istituto Pasteur (è una Fondazione francese non- profit dedicata allo studio della Biologia,dei microrganismi,delle malattie e dei Vaccini ; questa breve aggiunta è riferita al Falso Vaccino per il Covid) di Parigi che ha diretto e,dove nel 1983 insieme a Francoise Berré- Sinoussi (che è un'Immunologa francese che fece parte del gruppo quando fu scoperto il virus dell'AIDS) scoprì il virus dell'HIV,vincendo il Premio Nobel per la Medicina nel 2008. Cosa contiene il vaccino?
E' stato scoperto che contiene epinefrina & epipen .
Cos'è l'epinefrina ?
L'adrenalina (dal latino “ad rene” ossia “dal rene”) o chiamata anche epinefrina (DCL : è il nome unico attribuito ad ogni principio attivo ; con formula bruta o molecolare : C9 H13 NO3 ) ; è un mediatore tipico della classe dei vertebrati,un ormone (è un messaggero chimico che trasmette segnali da una cellula all'altra. Tale sostanza è prodotta da un organismo con il compito di modulare/cambiare/variare il metabolismo e/o l'attività dei tessuti e organi dell'organismo stesso) e un neurotrasmettitore (è una sostanza che veicola le informazioni fra i neuroni attraverso la trasmissione sinaptica. All'interno del neurone,i neurotrasmettitori sono contenuti in vescicole dette vescicole sinaptiche che sono addensate alle estremità distali dell'assone nei punti in cui esso contrae rapporto sinaptico con altri neuroni) che appartiene a una classe di sostanze definite catecolammine (sono composti chimici derivanti dall'amminoacido tirosina. Alcune di esse sono ammine biogeniche. Le catecolammine sono idrosolubili e sono legate per il 50% alle proteine del plasma,cosicché circolano nel sangue),contenendo nella propria struttura sia un gruppo amminico (le ammine sono composti organici contenenti azoto ; si possono considerare composti derivati dall'ammoniaca NH3 per sostituzione formale di uno,due o tre atomi di idrogeno con altrettanti gruppi alchilici o arilici) sia un orto- diidrossi- benzene,il cui nome chimico è catecolo. L'adrenalina è stata ritenuta per anni il neurotrasmettitore principale del sistema nervoso simpatico ( ha varie funzioni legate alla generica reazione di attacco e fuga mediata da 2 neurotrasmettitori : l'acetilcolina e la noradrenalina ),nonostante fosse noto che gli effetti della sua somministrazione erano differenti da quelli ottenuti tramite stimolazione diretta del simpatico. Venne isolata per la prima volta nel 1901 dal chimico Jokichi Takamine. In ambito clinico l'adrenalina è correttamente usata nella terapia dello shock anafilattico,dell'arresto cardiaco (in situazioni in cui si verifica l'assenza dell'attività cardiaca che porta alla perdita della circolazione sanguigna) e aggiunta agli anestetici locali per ritardarne l'assorbimento. Iniettata localmente tramite endoscopio può essere usata per arrestare l'emorragia dovuta a un'ulcera gastroduodenale.
I suoi effetti collaterali :
. battito pesante,accelerato o irregolare
. capogiri
. condizioni di debolezza
. senso di nausea
. nervosismo,ansia o irrequietezza
. pallore
. sudorazioni
. tremori incontrollabili
. conati di vomito ( è un fenomeno involontario stimolato dalla contrazione della muscolatura diaframmatica e addominale)
. difficoltà a respirare
. dolori al petto
. mal di testa
Controindicazioni & avvertenze : è controindicata per quanto riguarda :
. circa la presenza di eventuali allergie al principio attivo,ai suoi eccipienti,ai solfiti o ad altri farmaci ;
. con altri medicinali,dei fitoterapici o degli integratori già assunti in passato, ricordando anche antidepressivi (nel caso di MAO inibitori anche se è stata interrotta l'assunzione nelle 2 settimane precedenti),diuretici,derivati dell'ergot,levotiroxina,antistaminici,betabloccanti e antiaritmici ;
. nei casi in cui si soffra ( o si sia sofferto nel pregresso) di dolori al petto, depressione o altri problemi psichiatrici,malattia di Parkinson,aritmie, pressione arteriosa alta o altri problemi cardiovascolari,diabete,ipertiroidismo o artrite ;
. donne in gravidanza o durante l'allattamento ;
Cos'è l'Epipen ?
E' una soluzione fisiologica ; è un medicinale ad uso endovenoso o topico costituito da acqua per preparazioni iniettabili,ovvero acqua sterile,e da cloruro di sodio (NaCl) . Il suo pH varia tra i 4.5 e i 7.0.
Effetti indesiderati possibili :
. risposte febbrili
. infezioni dal punto di inserzione
. trombosi venose
. flebiti
Somministrare con cautela in caso di :
. ipertensione
. insufficienza cardiaca
. edema periferico
. edema polmonare
. funzionalità renale ridotta
. ritenzione di sodio
Cos'è una trombosi venosa ?
E' caratterizzata dalla formazione di un coagulo di sangue ( o trombo ) in una o più vene localizzate in profondità.
Che cos'è la trombosi venosa profonda ?
La trombosi venosa profonda è una condizione molto seria : i coaguli di sangue presenti nelle vene profonde possono infatti staccarsi ed essere trasportati fino ai polmoni,dove bloccano il flusso sanguigno causando l'embolia polmonare . Molti fattori possono aumentare il rischio di sviluppare una trombosi venosa profonda :
. rimanere seduti o sdraiati a lungo (ad esempio durante un viaggio aereo o un ricovero in ospedale) ;
. malattie ereditarie che compromettono la corretta coagulazione del sangue ;
. traumi o interventi chirurgici ;
. il sovrappeso e l'obesità ;
. il fumo ;
. la gravidanza ;
. l'assunzione della pillola anticoncezionale ;
. terapie ormonali sostitutive ;
. alcune forme di cancro ;
. un arresto cardiaco ;
. essere portatori di pacemaker ;
. cateteri inseriti in una vena e casi di trombosi in famiglia ;
La trombosi venosa profonda è causata dalla formazione di un coagulo di sangue in una o più vene localizzate in profondità,vicino ai muscoli. La formazione di questo coagulo può essere associata ad alterazioni della parete vascolare o del flusso del sangue,o ad un aumento della coagulazione del sangue. E' spesso asintomatica ; ma in altri può manifestarsi con gonfiore e dolore alla gamba,alla caviglia e al piede,crampi ai polpacci,riscaldamento dell'area interessata con cambiamenti del colore della pelle (pallida,arrossata o cianotica ).
Cos'è la flebite ?
Una flebite,termine più comune per tromboflebite o per trombosi venosa superficiale,indica un'infiammazione di una vena che si può manifestare a causa di un trombo che ostruisce una o più vene,più spesso a carico degli arti inferiori, anche se ogni vena può essere colpita. Se la vena colpita è in superficie si parla di tromboflebite superficiale,mentre se è profonda e all'interno di un muscolo, è trombosi venosa profonda,situazione ancora molto più grave che pone il paziente a rischio di complicazioni potenzialmente letali,come l'embolia polmonare ( EP ; è l'ostruzione acuta di uno o più rami dell'arteria polmonare, da parte di materiale embolico proveniente dalla circolazione venosa sistemica ).
Cos'è un edema polmonare ?
E' una condizione causata da un eccesso di liquidi nei polmoni. Accumulandosi all'interno degli alveoli,le strutture in cui avvengono gli scambi di ossigeno tra l'aria e il sangue,i fluidi causano problemi respiratori . Nella maggior parte dei casi l'edema polmonare è causato da problemi cardiaci ( comprese malattie coronariche),cardiopatie,problemi alle valvole cardiache e ipertensione. I liquidi,però,possono accumularsi anche a causa di :
. infezioni ai polmoni
. malattie renali
. inalazioni di fumi tossici
. farmaci
. uno scampato annegamento o sindrome da stress respiratorio acuto
Cos'è l'edema periferico ?
E' il gonfiore causato dall'accumulo di abnormi quantità di liquido linfatico nei tessuti. Riguarda gli arti inferiori- caviglie,piedi e gambe- ma può interessare anche il viso e le mani. L'edema è un sintomo,non una malattia .
Dopo una panoramica sui possibili effetti oltre che indesiderati anche letali...NON vaccinatevi,questo falso vaccino NON è sicuro,NON è stato testato,anzi...lo stanno TESTANDO sulle persone per provare i suoi effetti letali,lo è stato dimostrato anche in passato che per la creazione e lo studio di un Vaccino...occorrono anni di ricerche,di modifiche,perciò...NON credete a ciò che dicono! Inoltre,come abbiamo già visto….l'organismo si sa benissimo difendere da solo !
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